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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Star bene

Distrutta la Città della Scienza di Napoli. La solidarietà dei colleghi della Sissa di Trieste

Distrutta la città della Scienza di Napoli. La solidarietà dei colleghi della Sissa di Trieste

Trieste - "Svegliarsi con la rabbia, e il cuore un po’ a pezzi. Città della Scienza, il science centre napoletano (il più grande nel nostro Paese) non esiste più (non vi posto nemmeno il link al loro sito, il server è giù, probabilmente bruciato anch’esso). Raso al suolo, bruciato in una notte".

Così scrive oggi 5 marzo Federica Sgorbissa, direttrice di OggiScienza, magazine dedicato alla ricerca scientifica italiana e internazionale pubblicato dalla Sissa Medialab di Trieste.

"La città di Napoli - prosegue l'editoriale - ha perso un organo vitale delle sua vita culturale, per non parlare dei posti di lavoro andati in fumo. Noi di OggiScienza siamo sgomenti. CdS la conosciamo bene, conosciamo le persone che ci lavorano, con loro abbiamo collaborato, abbiamo ammirato la tenacia nel portare avanti un progetto comune importante, anche nei momenti di difficoltà, sono amici, colleghi".

Tre squadre di vigili del fuoco sono ancora al lavoro per ultimare le operazioni di spegnimento dell'incendio, che ha distrutto quattro dei sei padiglioni di Città della Scienza a Napoli, danneggiando in parte anche un quinto.

L'allarme era stato dato da un custode alle 21,40. La struttura, che ospita incubatori di imprese e un Museo della Scienza sul modello di quello di Parigi, era chiusa, come tutti i lunedì.

A bruciare sono stati gli ex capannoni industriali della Perfosfati-Fertilgest, risalenti ai primi del '900, e della vetreria LeFevre, del primo '800, monumenti di archeologia industriale recuperati e restaurati lasciando le alte capriate di legno e i vetri. A salvarsi solo il teatro delle nuvole e il complesso per i convegni sorto dall'altro lato della strada. Ad alimentare le fiamme, molto violente, soprattutto il legno, materiale impiegato per un restauro di ex capannoni industriali del primo Novecento.

La Procura ha aperto un fascicolo e la polizia scientifica sta eseguendo i primi rilievi. Al momento non si esclude nulla, né la pista dolosa né l'incendio accidentale. I 160 dipendenti della "Citta' della Scienza" erano in attesa di stipendio da 11 mesi.

"Noi qui a SISSA Medialab - scrive ancora Sgorbissa - il progetto CdS l’abbiamo seguito fin dalla nascita. Mentre il quartiere di Bagnoli moriva a causa della crisi degli stabilimenti siderurgici dell’Ilva (ex-italsider) la fondazione IDIS  promuoveva il progetto fino a riuscire nell’impresa, restaurando i vecchi edifici (gioielli di archelolgia industriale) e dando loro nuova vita".

"Il contributo di CdS alla vitalità di una città afflitta da infiniti problemi era prezioso. Delle esposizioni storiche ricordiamo Futuro Remoto, la mostra intorno a cui CdS era nata. E poi l’Officina dei piccoli, grande spazio dedicato ai bambini, il Planetario e i tanti progetti dedicati per esempio al teatro. CdS era un luogo attivo, che si dava da fare con molti progetti a livello europeo e nonostante le difficoltà riusciva a sopravvivere, dando lavoro e svolgendo la propria opera culturale".

(l'editoriale di Federica Sgorbissa si può leggere in versione integrale su OggiScienza)

Le parole pensano: oggi più che mai. Lasciamole libere di pensare e di pesare

Le parole pensano: oggi più che mai. Lasciamole libere di pensare e di pesare

Udine - Scorri on line i titoli dei giornali, dai un occhio ai blog più frequentati o a quelli che ritieni più credibili... con grande sforzo non prepari il passaporto e un progetto di vita all’estero.

14 milioni di persone vedono il festival di San Remo. Un comico – che potrebbe sostituire molti opinion leader ospiti qua e là - viene fischiato da quella che sembra essere stata una claque lì apposta per farlo.  

L’amministratore delegato di Finmeccanica è stato arrestato: si osserva ora la borsa come reagirà, mentre l’India minaccia di cancellare l’ordine. Le banche in barba alla privacy renderanno noto al Fisco il valore dei nostri risparmi. Nel 2012 hanno chiuso 104.000 aziende. Un commercialista si nasconde 160.000 euro nella biancheria e cercare di varcare il confine.
Il Papa si è dimesso, dilagano quesiti politici, di salute, forse che il pensiero illuminista relativista sta intaccando la fede? Gli Uffizi chiudono perché il poco personale è tutto influenzato.

Il siparietto continua, tra ammonizioni che hanno il sapore dell’avvertimento violento "a San Remo non mi si tocchi il Papa" mentre solo qualche giorno prima, forse preparato copione da avanspettacolo, forse spontaneo geriatrico sussulto, ad una dipendente si fanno domande sul numero dei suoi orgasmi e le si guarda il deretano di fronte ad un pubblico divertito e ammiccante. La donna ride e forse cerca di sottrarsi. Alla ex ministra in una nota trasmissione arriva la battuta sessista di un attore nei panni di un politico e alla richiesta di scuse da parte della signora anche il conduttore nicchia per un po’ prima di fargliele.

Certo non è facile sottrarsi al desiderio di “prova un po’ anche tu a vedere come si sta da quella parte” tutto considerato ciò che riguarda la signora, ma la cosa è francamente triste, degradante, mortificante. E vergognosa.

Vergogna è parola, come tutte, che apre corridoi nella mente. In questo caso collegati alla struttura morale, all’etica dell’ambiente in cui viviamo, persino nel nostro pensarci genitori, figli, fratelli e sorelle, nei ruoli familiari e affettivi prima ancora che in quelli sociali.

La vergogna è un sentimento importante, presuppone la coscienza di avere infranto regole e codici appartenenti a tutta la comunità, di avere rotto un patto condiviso.

Non sappiamo ancora se è troppo tardi e se ci stiamo solo illudendo, ma ugalmente varrebbe la pena di ricominciare a riflettere sul valore delle parole e sull’uso che ne facciamo.
Può darsi che i corridoi si sgomberino, riportino chiari i passaggi impliciti che l’apprendimento del linguaggio ha concesso ad ognuno di noi.
Le parole pensano: lasciamole parlare.

Maria Zaffira Secchi - Udine

Un errore che vale 2500 euro: frugate nelle tasche in cerca delle monetine da 1 cent

Un errore che vale 2500 euro: frugate nelle tasche in cerca delle monetine da 1 cent

Roma - Uno scambio d'immagine è cosa che può capitare, anche alla Zecca di Stato: quando la monetina da 1 centesimo di euro fu coniata per la prima volta, nel 2002, sul retro vi fu raffigurata la Mole Antonelliana - immagine destinata alla moneta da 2 centesimi - invece che il Castel del Monte pugliese.

Il lotto sbagliato fu ritirato dalla circolazione immediatamente, ma alcune monetine riuscirono a sfuggire, infilate, tra l'altro, nelle confezioni "primo conio" distribuite dalla Zecca.

Il valore della monetina sbagliata era schizzato subito alle stelle: 2.500 euro era la valutazione dell'epoca della Bolaffi, l'azienda torinese che si occupa di collezionismo ed aste fin dal 1890.

La Bolaffi aveva dichiarato di essere venuta in possesso di alcune monetine, innescando un caso giudiziario che è durato undici anni.

Quando infatti la Bolaffi aveva annunciato di avere sei esemplari delle monetine errate, infatti, la Guardia di Finanza le aveva sequestrate. Tra l’azienda e il Museo della Zecca di Stato, che aveva rivendicato la legittima proprietà degli esemplari, era sorta una disputa giudiziaria. La questione è stata risolta il 24 gennaio con una sentenza emessa a Roma, in base alla quale la Bolaffi è legittimata al possesso delle monetine e può quindi commercializzarle.

"Dopo 11 anni si può riannunciare la scoperta di una importantissima rarità numismatica, che potrebbe con il tempo diventare quello che per i collezionisti è oggi rappresentato dalle mitiche 500 Lire con le Caravelle a bandiere rovesciate, che vale più di 20 mila euro", ha detto con soddisfazione l'amministratore delegato, Giulio Filippo Bolaffi.

"Il Centesimo Mole - ha aggiunto - è la prima "moneta naturale" coniata in euro e proprio per la sua natura continentale, sarà di sicuro interesse non solo per i collezionisti italiani, ma per tutto il mercato europeo".

Gli esperti stimano che siano un centinaio le monete del genere in circolazione, ma è probabile che dopo la sentenza ne spuntino altre.

2500 euro sono ora la base di partenza d'asta per il cent "Mole": il prezzo pagato dai collezionisti potrebbe arrivare a cifre vertiginose.

Vale la pena allora di vuotare i salvadanai e frugare negli angoli: le tanto vituperate micromonetine - di cui anni fa si auspicava addirittura l'uscita dalla circolazione - possono valere una fortuna. E sono molto brave a nascondersi.

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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