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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Star bene

Nudi alla meta, una filosofia di vita. Dalla Costa dei Barbari ai Filtri l'eden dei naturisti

Nudi alla meta, una filosofia di vita. Dalla Costa dei Barbari ai Filtri l'eden dei naturisti

Trieste - È difficile trovare qualcosa che accomuni di più i triestini. Le “due orete al bagno” costituiscono da sempre un rito irrinunciabile per gli abitanti del capoluogo giuliano: in spiaggia libera o in uno stabilimento. In compagnia di tutti o nell’isolamento sessista del celeberrimo “Pedocin” in cui il sole si prende lontano dagli sguardi indiscreti dei bagnanti dell’altro sesso. O ancora sui marciapiedi del lungomare di Barcola incuranti dello sconcerto che ancora oggi la loro libertà di …costume suscita in tantissimi turisti.

L'amore dei triestini per la vita all’aria aperta va a braccetto con la loro nota insofferenza alle costrizioni e alla facilità con cui si sottraggono alle convenzioni anche più consolidate. Così non bisogna meravigliarsi che fin dagli inizi del Novecento, complice la condivisione della cultura mitteleuropea, gli abitanti del capoluogo abbiano sposato anche la causa del Naturismo, una filosofia di vita nata in Germania ma diffusa anche in Francia e in Inghilterra come reazione delle limitazioni alle libertà individuale imposte dalla società industriale.

Allora come oggi l’imperativo era quello di sottrarsi alla routine quotidiana con un salutare ritorno alla natura: vivendo il più possibile all’aperto, prendendo il sole, facendo il bagno in mare o nei fiumi per fondersi con la natura e tornare in equilibrio con essa nel rispetto della dignità umana.

Coerente alla filosofia della difesa della salute fisica e mentale che sta alla base dell’idea naturista è la pratica del nudismo, che si è affermata nel litorale di Trieste soprattutto a partire dalla fine degli anni ’60, non a caso in coincidenza con il grande moto di liberazione giovanile e non solo.

E sono sempre di più i triestini che scelgono di andare al mare nei posti in cui si può – anzi si deve! – stare senza costume. Stare nudi è la via ritorno all'eden, in cui ci si sveste degli abiti che segnano le differenze sociali, economiche e culturali per tenersi solo la civiltà che unisce: libri, musica, un mazzo di carte al massimo e molte parole da scambiare per condividere il piacere di stare assieme senza recar disturbo agli altri.

Niente canali ufficiali, ci si arriva con il passaparola: a Trieste le spiagge naturiste sono spiagge libere occupate da una quarantina d’anni da pacifici bagnanti senza costume ma anche senza la tutela di una legge regionale o nazionale che garantisca loro il diritto a tutti gli effetti di bagnarsi e prendere il sole nell'abito di Adamo.

“Una legge nazionale che regoli la pratica del Naturismo si fa ancora attendere” dice il presidente dell’Associazione Naturista Umanista Liburnia (affiliata alla Fe. Na. It. Federazione Naturista Italiana) Andrea Turco: “dal 2004 al 2009 sono stati depositati in Parlamento tre disegni di legge bipartisan, dal leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, da Piergiorgio Massida di Forza Italia e da ultimo dal presidente onorario dell’Arcigay Franco Grillini come esponente del PD. Ma tutto si è fermato appena uscito dalle commissioni, per cedere il passo ad altre priorità”.

Il fatto è che il naturismo, nella pratica, è tollerato a Trieste come in molte altre zone d’Italia, alcune delle quali sono aree tutelate da legge regionale (come in  Piemonte) altre concesse per la pratica del naturismo (come a Capocotta presso il Lido di Ostia).

Altrove, l'attuale stato di cose in realtà consente di frequentare le spiagge naturiste triestine in grande libertà, senza l’obbligo di essere tesserati ad un’associazione – cosa che è invece obbligatoria nel resto d’Europa dove esiste una legislazione sul Naturismo. Con l’assenso, di fatto, da parte dello Stato: “In assenza di un quadro normativo ci sono due sentenze della Cassazione emesse nel 2000 che riconoscono il diritto alla pratica del naturismo in tutte le località in cui esiste una consolidata tradizione" continua Turco.

“Noi a Trieste tuteliamo le spiagge naturiste con la presenza dell’associazione Liburnia nel tratto dalla “Costa dei Barbari” fino alla spiaggia dei “Filtri” non lontano dal porticciolo di Santa Croce. Per un periodo abbiamo avuto in concessione dal demanio delle Ferrovie dello Stato il tratto di spiaggia sotto la cosiddetta “galleria naturale”: ma nel passaggio all’immobiliare Metropolis (che gestisce il demanio delle ex Ferrovie dello Stato, n.d.r.) l’affitto, che ancorché simbolico era per noi già abbastanza oneroso, è praticamente sestuplicato e noi che ci sostentiamo solo con il tesseramento abbiamo dovuto rinunciare alla concessione.

Poi ci sono stati dei segnali molto positivi nella direzione di una concessione da parte del comune di Duino-Aurisina con i sindaci Vocci e Ret, oggi siamo in contatto con la stessa amministrazione per la concessione della spiaggia con accesso da Portopiccolo, una volta che saranno finiti i lavori per la messa in sicurezza.

Ed ora? “Ci occupiamo da volontari della manutenzione della spiaggia, dalla pulizia all’agibilità, e naturalmente facciamo proselitismo invogliando la gente a frequentare le spiagge naturiste, i cui frequentatori hanno un grande rispetto per l'ambiente, amano la tranquillità e i passatempi che non recano disturbo agli altri, come la conversazione pacata o la lettura. A nessuno viene in mente di fare chiasso o di imporre agli altri la musica del proprio registratore”.

I risultati di tanta dedizione si apprezzano anche solo stando un paio d'ore su una delle tre spiagge triestine dedicate al naturismo: ogni fine settimana arrivano bagnanti non solo dalla città, ma anche da tutto il Friuli e anche da più lontano, da Trento o Venezia, per tacere dei turisti stranieri in transito verso la Croazia, la vera mecca del nudismo. Nel week end si arrivano a contare fino a 500 presenze al giorno.

Età media 40 anni, pochi i giovanissimi che preferiscono ancora le spiagge per i "tessili", più frequenti le famiglie con bambini piccoli. Tra i naturisti troviamo persone dei livelli economici e di studio fra i più diversi, tra i single c'è una leggera dominanza dei maschi "ma l'alto tasso di tranquillità e di buona educazione convince sempre di più le donne sole a venire a prendere il sole qui da noi" aggiunge Turco.

Nessun problema? "No, anzi. È lontana la leggendaria estate del '75, quando noi naturisti venivamo caricati dalle forze dell'ordine per terra, da mare e tra poco anche dal cielo. Oggi sono le prime a darci una mano quando serve, ad esempio in caso di malore di qualche bagnante - come è purtroppo successo ad alcuni nostri tesserati negli ultimi anni."  

Fra tanta carne al sole si aggirerà anche qualche malintenzionato, no? "Capita molto raramente" risponde Turco " proprio il fatto di trovarsi in una condizione naturale ma non usuale induce tutti ad avere più rispetto per gli altri. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, i naturisti sono molto pudichi e molto casti quando condividono la nudità. E se arriva qualche curioso un po' troppo invadente, ci pensa la comunità di spiaggia a dissuaderlo o ad allontanarsi; al mare ci si conosce tutti, è facile individuare chi non è venuto a spogliarsi per il semplice bisogno di pace e tranquillità". 

Maniaghese, non basta il vento a pulire l’aria

Maniaghese, non basta il vento a pulire l’aria

Pordenone - Provincia di Pordenone, distretto nord. Per arrivarci si percorre una strada statale dritta e veloce, dove sfrecciano le auto fra campi e coltivazioni. Un nastro di asfalto:  ventisette chilometri dal capoluogo fino alla pedemontana. Una piccola distanza anche per il vento, o meglio, per ciò che porta il vento. Il territorio maniaghese è conosciuto ovunque per le sue eccellenze: dalla storica industria delle lame e dei coltelli alla bellezza della natura. E’meno noto, invece, per le emergenze ambientali, le preoccupazioni dei cittadini contro l’inquinamento delle industrie o per la lotta quotidiana della gente contro i fumi, gli odori nauseabondi, i fanghi sui campi.

Infatti, a ridosso dei monti, tra la vegetazione rigogliosa e i filari ordinati, si apre un vasto insediamento industriale che sembra dormire pacifico sotto quella corona di monti protetta dai venti. Maniago, Fanna, Arba, Vajont, Cavasso Nuovo sono solo alcuni dei comuni coinvolti da anni in un dibattito  ambientale sostenuto dagli stessi abitanti che denunciano insieme ad alcuni comitati, una ferita profonda del territorio. 

Sotto processo, alcuni insediamenti industriali del luogo potenzialmente rischiosi che, pur portando la tanto attesa occupazione, aprono interrogativi sulla qualità dei benefici. Un dibattito che spesso ha assunto i connotati di una vera e propria battaglia ambientalista alle porte di Pordenone.  In prima linea, i Comitati per l’ambiente, portavoci della teoria secondo la quale il maniaghese è ormai “territorio di conquista” per le attività industriali insalubri.

A preoccupare, alcune aziende per il trattamento dei rifiuti,  a causa  delle emissioni di fumi spesso maleodoranti. Alcune di esse, sono addirittura a un passo dal sito protetto SIC magredi del Cellina e all’interno dell’IBA (International Bird Area). Poco lontano, nella frazione di Campagna, un’altra zona da tempo nell’occhio del ciclone per la protesta ambientale, i residenti segnalano tracce ben avvertibili di altre anomalie: odori maleodoranti, strane polveri depositate sulle foglie, fumi densi e puzzolenti, liquami industriali sparsi nei campi. Si parla molto dei rischi, veri o presunti, correlati a certe aziende come fonderie e cementifici.

Ad esempio, nel comune di Fanna, la vicenda parte da lontano, da quando l’amministrazione rilasciò la licenza per la costruzione di una cementeria che allora - si dice secondo le notizie che vennero fatte circolare - fu passata per la nascita  di una azienda agricola, per l’esattezza,  di una fabbrica di confetture. E non senza ragione. Fanna infatti, è nota da sempre per il suo territorio adatto alla coltivazione delle mele. 

L’azienda si costituì il 9 settembre 1969 individuando la sua cava nella zona del monte San Lorenzo. Allora come oggi, un impianto di produzione di cemento faceva paura a tutti.  Le emissioni di inquinanti danno pensiero anche a chi non è avvezzo alle battaglie ambientaliste.  Le portate di un cementificio sono molto più elevate di quelle di un inceneritore che, non a caso, è classificato come industria insalubre di prima classe. Nel tempo, le preoccupazioni degli abitanti sono aumentate quando il cementificio è intervenuto con un progetto rivolto al recupero di energia proveniente dai rifiuti al posto del carbon coke.

E’ancora vivo tra la popolazione il ricordo della polemica legata alla diossina, ritrovata in concentrazioni elevate rispetto al consentito in un pollo del quale si disse - dopo alcuni controlli - che fosse stato vittima non dei veleni, ma di un’indigestione di leccornie avanzate da un barbecue. I livelli di diossina in provincia di Pordenone, da studio INEMAR Arpa del 2007, per il 70 % circa arrivano dalla zona industriale di Maniago.  Il dibattito  poi, si accende quando si parla del famoso asilo all’interno del Nip ( Nucleo Industrializzato Provincia di Pordenone) di Maniago che ospita  una sessantina di stabilimenti, alcuni dei quali operanti nel settore chimico e sei fonderie.

A pochi metri di distanza, sorge la più grande discarica per rifiuti attiva in Friuli Venezia Giulia. In mezzo, tra altalene e scivoli, decine di bambini, ma anche famiglie con le loro abitazioni.  Il tempo passa ma il vento, oggi, non è sufficiente a fare pulizia. Gli abitanti chiedono uno studio epidemiologico che verifichi i timori rispetto all’aumento di gravi patologie, oltre a un biomonitoraggio sulle matrici viventi e il latte materno. Per garantire la salute dei cittadini e perché il vento torni a portare l’odore di montagna.   

Paola Dalle Molle

 

Alessandro Borghese, celebre chef tv "la cucina come atto d'amore"

Alessandro Borghese, celebre chef tv

Pordenone - Tra applausi da stadio e fans in delirio culinario, è arrivato Alessandro Borghese, lo chef italiano più celebre della tv, ospite di PordenonePensa.

E’lui il Vasco dei fornelli, capace di inchiodare al teleschermo milioni di potenziali chef. Borghese nella sala consiliare della Provincia di Pordenone, sold out fino all’inverosimile, si guarda intorno quasi stupito mentre il pubblico lo accoglie come un divo, o meglio di un divo, infatti non c’è niente di più attraente di un uomo che sa cucinare bene soprattutto tra le telespettatrici.

Tanto più se è affascinante, famoso ed è simpatico, brillante, colto, alla mano, spigliato. In poche parole, piace così tanto che una signora gli urla “Vieni a cucinare nella mia cucina ..” mentre decine di ragazzine lo rincorrono per un autografo. In altre parole, anche dal vivo Alessandro travolge con il suo amore sincero per il cibo e per l’arte della cucina. Sospirano le signore mentre Borghese confessa: “Cucinare è un atto di amore che si fa, di solito, per qualcuno “. Ma poche illusioni, Borghese è innamorato, sposato felicemente “con una bionda che ha lo stomaco di un camionista: mangia di tutto”.

Mai una parola critica o cattiva contro i suoi numerosi colleghi televisivi: “Siamo tutte prime donne è vero, sorridiamo e fra noi c’è della sana competizione”, alludendo a tutti : Cracco &C. A questo proposito,la moderatrice dell’incontro, Tina Ruggeri, gli domanda se non c’è troppa “cucina” oggi nelle trasmissioni televisive e lui risponde “Per me è un bene. Fino a poco tempo non se ne parlava affatto e invece, tutte queste trasmissioni hanno dato un apertura al comparto che è una nostra eccellenza prima poco considerata. Grazie ai programmi televisivi, tanti giovani si sono avvicinati al fornelli, mi fermano per strada per chiedermi una ricetta”.

Ma il vero lusso è la semplicità , soprattutto nell’usare materie prime eccellenti. Alessandro parla di tutto dalle sue origini, alla madre Barbara Bouchet (non avrei mai fatto l’attore, aspettare sempre il lavoro da una telefonata? Troppa ansia) , alle diverse cucine ( “Va bene tutto, ma prima di innovare bisogna conoscere bene la tradizione. La migliore? La nonna”), all’educazione alimentare dei ragazzi sempre con intelligenza, autoironia e sincerità (“mi piace sentire la musica rock mentre cucino”) . La ricetta per eccellenza? Una bella pastasciutta con il pomodoro che sembra facile o banale o il pollo arrosto con la pelle bella croccante. Insomma, meglio togliere che aggiungere. Il detto di Coco Chanel vale anche per i migliori chef: la classe si vede soprattutto nella semplicità, “il lusso della semplicità”.

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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