Educazione del futuro, ritorno al passato: Mary Poppins è di nuovo di moda
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- Pubblicato Venerdì, 21 Dicembre 2012 14:54
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste - La scuola è come la pasta. La si può fare in casa. Ed è anche un diritto sancito dalla costituzione italiana - nella fattispecie gli articoli 30, 33 e 34 - e corroborato dall’articolo 147 del codice civile. Per di più una sentenza del Consiglio di Stato del 2011 estende questo diritto ai primi due anni della scuola superiore di secondo grado. È per questo che in Italia si sta diffondendo l’uso di allestire in casa propria un corso di studi del ciclo obbligatorio. Qualora i genitori dimostrino di possedere i requisiti, salgono in cattedra tra le mura domestiche, sicure e accoglienti di un salotto o di una cucina. In caso contrario si affidano a un professionista.
L’assunto fondamentale è che l’istruzione è sì obbligatoria, ma il luogo dove essa debba realizzarsi, ossia la scuola pubblica, non lo è perché non sta scritto da nessuna parte. Insomma: in Italia non è obbligatorio frequentare la scuola dell’obbligo. E sembra che lo sappiano in pochi.
La scuola così com’è strutturata, a detta dei genitori che la temono e la evitano, obbliga i fanciulli al grigiore freddo e militaresco degli edifici stile ministeriale. Li espone ai fenomeni di bullismo, prevaricazione e persecuzione del vivere in comunità. Li lascia in balia delle bizzarrie insensate di taluni insegnanti che hanno troppo potere.
Al contrario, l’”istruzione parentale” preserva da tutti i rischi elencati e favorisce il pieno sviluppo di tutte le potenzialità presenti nel giovane. Oppure incontra esigenze e bisogni particolari, siano religiosi o psico-fisici. Il tutto nell’ambiente familiare.
La rete ormai pullula di forum, blog, siti e pagine in facebook che spiegano il perché, il come e il quando dell’ “homeschooling”, con la variante dell’”unschooling” (cioè lasciare al bambino la scelta degli argomenti da approfondire) e i loro titoli sono molto eloquenti: controscuola, bimbifeliciacasa, casadeibambini, educazioneparentale eccetera. C’è anche qualche manuale cartaceo. E tutti contengono istruzioni sugli adempimenti legali da osservare.
In regione vi sono già alcune offerte di lavoro per “istruzione parentale”. La ricetta è semplice. Il dubbio è se funzioni. Ovvero: al momento non vi sono studi psicopedagogici che misurino l’efficienza della scuola parentale - in termini di socializzazione e di preparazione - né statistiche ministeriali che ne attestino la diffusione. Vi è solo la parola di chi l’ha sperimentata.
Per ora si nota non solo un’effervescenza crescente nella rete e la condivisione di esperienze naturalmente tutte positive, ma si proclamano anche manifestazioni e cortei per le strade. Viceversa le critiche alla scuola, pubblica o privata, si sprecano, a cominciare da quella, tristemente vera nella maggior parte dei casi, che gli edifici scolastici assomigliano agli ospedali, alle carceri e alle caserme. E poi che i bambini si annoiano, appassiscono, regrediscono, sono deprivati della libertà. Sono umiliati dal chiedere di poter fare la pipì. Negli USA e in Gran Bretagna l’istruzione parentale è una pratica diffusa. In Italia, sebbene sia una prassi nota fin dagli anni ’70, sta iniziando ora a propagarsi, soprattutto al centronord.
Tra gli internauti il simbolo dell’”homeschooling” è Giacomo Leopardi, educato fino a 7 anni da precettore religioso, poi istruito personalmente dal padre, il conte Monaldo, fino all’età di 15 anni. “Il risultato fu il più grande poeta lirico della letteratura italiana” dice un blogger di parte. E, si potrebbe aggiungere, anche il più colto e intelligente. Peccato che fu anche il più infelice, com’è noto.
Un ritorno al passato, quindi, in nome del principio di autodeterminazione. Ancora una volta la scuola è sotto il fuoco incrociato. Toccherà a pedagoghi e didatti districare la matassa di critiche.
Roberto Calogiuri