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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Politica

Leopolda, ministro Boschi contro gli Statuti Speciali. Pronte le repliche delle regioni

Leopolda, ministro Boschi contro gli Statuti Speciali. Pronte le repliche delle regioni

Trieste - Scintille sulle Regioni a statuto speciale nell'ultima giornata dell'assemblea nazionale del Partito Democratico, conclusasi domenica 26 ottobre nell'antica stazione Leopolda di Firenze.

Maria Elena Boschi, Ministro per le Riforme costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento con delega all'attuazione del programma, nel corso di un suo intervento sul futuro delle Autonomie, ha affermato che le Regioni a Statuto Speciale sono istituzioni anacronistiche, che vanno soppresse. Le ha fatto eco il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, che ha aggiunto: "La guerra è finita da 70 anni".

Non si è fatta attendere la replica piccata del Nord Est: "sull'attuazione, difesa e valorizzazione della Specialità regionale sono i fatti a parlare per me, e parlano chiaro" ha detto la presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani.

"Nel Titolo V della Costituzione sono rimaste intatte le prerogative delle Regioni speciali - prosegue la nota di Debora Serracchiani - grazie ad un lavoro lungo e difficile al quale come presidente del Friuli Venezia Giulia ho dato il mio contributo convinto, coordinando l'azione delle altre Autonomie. Lo stesso vale per tutti i rapporti Stato-Regione FVG, in cui abbiamo trattato da pari a pari senza soggezione e facendo valere fino in fondo la Specialità alla quale nessuno intende rinunciare. Questi sono i fatti, come è un fatto che interventi sulle Regioni speciali non sono nell'agenda del Governo: il resto sono chiacchiere".

Per Serracchiani "chi avesse bisogno di chiarimenti dovrebbe chiederli altrove, ad esempio al presidente della Campania Stefano Caldoro, il quale è noto per aver chiesto non solo l'abolizione delle Regioni speciali ma addirittura - conclude la presidente Serracchiani - lo scioglimento di tutte le Regioni".

Da parte sua il Trentino Alto Adige, per voce del presidente del Consiglio Regionale Diego Moltrer, esprime forte perplessità per l'uscita del Ministro: "Le dichiarazioni del ministro Maria Elena Boschi fanno pensare e riflettere. Quale futuro ci si può aspettare quando il responsabile governativo alle Riforme si esprime in maniera così forte contro le Autonomie Speciali? - Si chiede Moltrer -. In netta contraddizione con quanto affermato e garantito, nelle settimane scorse a Trento, dalla collega agli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta in Presidenza del Consiglio regionale. Avanti tutta in ordine sparso?"

"Credo che si dovrebbe avere una certa condivisione almeno d'intenti. Quella che non è sfuggita, pochi giorni fa, al governo nell'Accordo con le province autonome di Trento e Bolzano, su soldi veri e non presunti. Perché gli accordi del governo degli ultimi anni chiedono ed ottengono sacrifici da parte delle Autonomie del nord" ha proseguito il presidente.

"La riforma dello Stato richiede processi di approfondimento seri ed articolati, quelli che hanno costruito la nostra nazione. - Aggiunge Diego Moltrer. - È tempo che la politica mediatica lasci il campo alla politica meditata, impegnativa, dura ma al tempo stesso responsabile e proficua per i beneficiari, ovvero quel popolo che merita rispetto".

Inevitabile il dietrofront del Ministro Boschi, che in un comunicato fa sapere che "Non è intenzione del governo abolire le Regioni a statuto speciale".

"Fortunatamente il ministro Boschi ha capito che proporre oggi l'abolizione delle Regioni a statuto speciale troverebbe una tale opposizione da far saltare tutto il progetto di riforma costituzionale. E troverebbe la stessa opposizione anche riproponendola domani". Così ha commentato il presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru.

Risultati delle elezioni per la Provincia di Pordenone. 8 seggi al Pd. Pesano le civiche

Risultati delle elezioni per la Provincia di Pordenone. 8 seggi al Pd. Pesano le civiche

Pordenone - Emergono in modo considerevole le liste civiche, che complessivamente conquistano 10 seggi; si afferma il Partito democratico come lista di maggioranza relativa, con 8 seggi; tengono in qualche modo Lega e Forza Italia, che si aggiudicano entrambe 3 seggi; i centristi si aggiudicano 2 seggi.

Così i risultati definitivi delle elezioni di secondo grado per i 26 componenti del Consiglio Provinciale di Pordenone. Numeri che potrebbero rendere complessa la questione della governabilità dell'ente.

Le elezioni di secondo grado per la Provincia di Pordenone non danno una maggioranza solida al centrosinistra che guadagna 13 consiglieri (8 del Pd e 5 del Coordinamento Liste civiche) su 26.

Ago della bilancia saranno i rappresentanti delle liste civiche, leggi Sonia D’Aniello (sinistra), Giuseppe Pedicini (ex Forza Italia) e Riki Gobbo (Ncd). 
 
Il Pd doveva sulla carta eleggere 10 consiglieri ma si è fermato a 8. Ha pesato il flop del sindaco di Pordenone, Claudio Pedrotti, che non ha ottenuto nemmeno tutti i voti del Pd che, in teoria, gli erano stati garantiti. 
 
Insomma, il frutto della riforma Serracchiani-Panontin è un pasticcio bello e buono che non cancella la Provincia ma la trasforma in un ente guidato da una maggioranza politica traballante, almeno nei numeri.

Al voto, svoltosi domenica 26 ottobre, erano chiamati i sindaci ed i consiglieri dei 51 Comuni del Pordenonese. L'affluenza è stata del'89,02% del totale degli 829 aventi diritto.

L’elezione del Presidente della provincia e della Giunta da parte del consiglio provinciale avverrà nel suo ambito, nel corso della prima seduta.

Ecco i risultati nel dettaglio:

Lista 1, Partito Democratico, 8 seggi;

Lista 2 "La Provincia il nostro territorio", 2 seggi;

Lista 3, Lega Nord, 3 seggi;

Lista 4 il Coordinamento Liste Civiche – Provincia di Pordenone, 5 seggi;

Lista 5 “Per i beni comuni pubblici: acqua, cultura, scuola, lavoro, rifiuti zero, trasporti e ambiente”, 1 seggio;

Lista 6 "Civica costituente popolare", 1 seggio;

Lista 7 "Uniti al Centro", 2 seggi;

Lista 8 "Provincia Civica dalla parte del cittadino", 1 seggio;

Lista 9, Forza Italia, 3 seggi.

Durante le operazioni di voto non era mancata la polemica: "Non ho "nominato", con il mio voto, alcun sindaco o consigliere comunale per l'elezione del Consiglio provinciale di Pordenone".
 
Così aveva detto il sindaco di Claut, Gionata Sturam, che aveva inscenato una protesta recandosi alle urne per le elezioni provinciali di secondo grado indossando la fascia tricolore e il lutto al braccio.
 
"Non voglio essere complice di questa nuova elezione o meglio 'nomina' dei rappresentanti provinciali - ha aggiunto Sturam - e per questo motivo ho deciso di dare un segnale chiaro ed inequivocabile di protesta contro questo scandalo". Sturam ha detto di aver annullato la preferenza scrivendo: 'Non voglio essere complice di questo esproprio della democrazia'.
 
"Dopo tre Governi nazionali consecutivi non eletti dal popolo - ha concluso -, ora anche la Provincia di Pordenone non verrà eletta direttamente dai cittadini".
 
 

 

Stato-regione: rivisto al ribasso il contributo del FVG. Opposizione: solo lifting

Stato-regione: rivisto al ribasso il contributo del FVG. Opposizione: solo lifting

Roma - Nell'incontro Stato-regione tenutosi il 23 ottobre nella capitale, la Giunta ed il governo hanno negoziato e firmato un nuovo accordo sul contributo del Friuli Venezia Giulia allo Stato. Ne dà notizia la Regione stessa in una nota.

Il documento sottoscritto a Palazzo Chigi - si legge nel comunicato della Giunta FVG - ridefinisce in otto articoli e aggiorna, in senso più favorevole alla nostra Regione, i rapporti finanziari tra il Friuli Venezia Giulia e il Governo, riguardando complessivamente l'arco temporale tra il 2011 e il 2017.

È l'articolo 2 a stabilire il superamento del cosiddetto "patto Tremonti-Tondo", firmato nel 2010 dall'allora ministro alle Finanze e dall'ex governatore, riducendo in maniera sensibile il contributo dovuto dalla Regione allo Stato, che nel triennio dal 2015 al 2017 non è più di 370 milioni all'anno ma scende a 260 nel 2015, per ridursi ancora a 250 sia nel 2016 che nel 2017, con un saldo netto, a vantaggio della nostra Regione, di 350 milioni di euro.

"Un contributo non più finalizzato all'attuazione del federalismo fiscale, perché non portato a compimento, ma al risanamento della finanza pubblica - puntualizza l'assessore regionale alle Finanze Francesco Peroni - cui si aggiunge un significativo aumento degli spazi finanziari, ovvero della capacità di spesa, già a partire da quest'anno".

Ottanta milioni all'anno per quattro anni, "che permetteranno già in questi ultimi mesi del 2014 di anticipare il raggiungimento degli obiettivi di governo che ci eravamo dati, senza ricorrere a rinvii tecnici", ricorda l'assessore. A queste risorse, che tra saldo netto e maggiori spazi finanziari, assommano a 670 milioni di euro, vanno aggiunti altri 155 milioni di euro, frutto del riconoscimento di spettanze pregresse, relative a varie voci: gettito IRPEF, accisa energia elettrica, rimborso canoni demaniali, accisa carburante.

L'intesa sottoscritta a Roma conferma, inoltre, i precedenti impegni in relazione al pagamento, da parte dello Stato, degli arretrati della compartecipazione all'imposta sul reddito da pensione. Una partita che vale complessivamente 650 milioni di euro.

A fronte di questo accordo, la Regione Friuli Venezia Giulia rinuncia ai ricorsi promossi davanti alla Corte Costituzionale relativamente alle manovre di finanza pubblica introdotte dallo Stato.

Contestualmente le parti si impegnano a rinegoziare entro il 30 giugno 2017 il Protocollo, nella parte relativa al contributo a carico della Regione per le annualità dal 2018 in poi.

Da parte sua l'opposizione, per voce del capogruppo del Nuovo Centrodestra in Consiglio Regionale FVG, Alessandro Colautti, ridimensiona il risultato raggiunto: "Da una prima lettura delle notizie stampa ed in attesa di poter approfondire il documento, e senza voler sminuire l’azione svolta, mi sembra che più che ad un’operazione di superamento di quello che è stato più volte definito come “scellerato patto Tondo-Tremonti” siamo in presenza di un’operazione di lifting”.
 
Prosegue Colautti: “In considerazione che le risorse accantonate (370 milioni l’anno) erano per contribuire ad un federalismo fiscale mai decollato e che quindi chiunque non avrebbe versato allo Stato, la domanda è come mai, invece, continuano a restare risorse allo Stato dell’ordine di circa 250 milioni per anno fino al 2017?"

"Questi soldi che rimangono allo Stato si vanno quindi a sommare al prelievo disposto nei confronti della nostra regioni, pari ad un miliardo e trecento milioni che già abbiamo dato allo Stato per il risanamento del debito pubblico? Se così è, il Friuli Venezia Giulia non credo ne esca rafforzato, anche perché tale impegno finanziario non mi sembra richiesto ad altre regioni né speciali né ordinarie”.
 
“Relativamente alla questione dei nuovi spazi finanziari recuperati – continua Colautti – plaudo al lavoro svolto, ma si tratta di una conquista nuova che non può essere riferita al Patto Tondo – Tremonti perché allora non c’era il patto di stabilità. Il fatto che ci sia il riconoscimento dei crediti pregressi mi sembra una cosa ovvia, dato che non sono conquiste ma riconoscimenti già presenti”.
 
“Riservandomi di approfondire meglio i termini dell’accordo – conclude Colautti - bisogna anche capire questo nuovo patto che impatto avrà sulla finanziaria di quest’anno, dato che oltre ai tagli diretti che si dovranno effettuare (sull’ordine dei 70-80 milioni di euro), bisognerà calcolare quanto peseranno, in termini di minori entrate da compartecipazioni sull’Irpef, gli 80 euro decisi da Renzi e il taglio dell’Irap previsto nella finanziaria. Questo, credo, comporterà per la Regione un impatto finanziario negativo sul bilancio di circa 250 milioni di euro”.
 

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