Con “Joselito” la diversità può vincere
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- Pubblicato Sabato, 24 Ottobre 2015 16:16
- Scritto da Sara Galiza
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Trieste – Ieri alle ore 22.15 presso l'Auditorium del Civico Museo Revoltella èstato proiettatato il film “Joselito”, in concorso nella sezione Ufficiale del 30o Festival del Cinema Latino Americano. Si tratta di una produzione cilena del 2014.
Largo ai giovani viene subito da pensare. Pochi minuti prima della proiezione, a presentare il lavoro, c'erano il direttore del Festival, Rodrigo Diaz, e le due anime di questo film, la regista, Bàrbara Pestan Floràs, e la direttrice della fotografia e produttrice Javiera Vèliz, entrambe poco piùche trentenni.
Il film prende spunto da una storia realmente accaduta, un vicenda a tinte fosche, per la precisione un parricidio.
Siamo nell'isola di Aituy, un piccolo villaggio sull'isola di Chiloè. Si festeggia. Si celebra la festa di Gesùil Nazzareno.Joselito e suo padre, uomo senza nome, hanno deciso di non prendervi parte. Entrambe hanno subito una perdita, che li ha isolati, tanto nell'animo quanto nella realtà, per l'uno una madre, per l'altro una moglie; l'amore di una vita, si legge tra i silenzi che caratterizzano la figure del padre.
Il padre e il figlio sono inesistenti l'uno per l'altro, fardelli di una vita entro la quale nessuno dei due si riconosce più. Solo il fuoco della cucina e la legna, li vedono ancora uniti, in un muto dolore, troppo grande per trovare voce.
“Ito”e suo padre si allontanano sempre piùl'uno dall'altro, senza voltarsi indietro. Il dolore che li attanaglia nutre il rancore.
Mentre i giorni della celebrazione si avvicendano, come una giostra, verso la festante processione finale; anche per queste due vite lacerate c'èbisogno di scrivere la parola fine. A vincere saràcomunque la vita.
Opera prima, vince detto dal pubblico presente in sala, e se cosìè, tanto di cappello: perchéla pellicola mostra nelle immagini una volontàtesa alla ricerca cinematografica, tout court.
Quando sei giovane hai bisogno di immaginare che il diverso possa esistere, che tu lo possa prendere e mostrare a tutti.
Ricorda Paris Texas, di Wenders, la fotografia di questo film, alla ricerca solo di un'efficacia comunicativa. Emozionare attraverso l'immagine non èseplice, molti sono coloro i quali vi sono riusciti. Ma di fronte all'ennesimo tentativo, in un momento storico dove sembrerebbe che ci stiamo tutti arrendendo all'ovvio e al pensiero debole, vedere che la creativitàtrova proprio nella narrazione, una via d'accesso per la comprensione collettiva, al di làdi tutti i confini, èrivificante.
Tutto in questa pellicola, che non ha pretese, se non quella di raccontare una vicenda, èstudiato fin nel minimo dettaglio; èil risultato ènotevole. Non ottimo, ma mirabile, e quale miglior aggettivo per descrivere un film, se non questo?
La fotografia di Javiera Vèliz si concentra sul descrivere atmosfere: gli interni delle case, contrastano indelebilmente con le riprese degli esterni, ricche di luce fintanto da bruciare l'immagine.
La musica, invece, descrive i sentimenti dei personaggi: Diego Ridolfi, musicista e Ivan Gonzalez, tecnico del suono hanno lavorato di concerto, la musica compare sempre in relazione alla descrizione dell'umanitàche ancora abita i personaggi, mentre per il resto, i suoni sono solo quelli ambientali, crudi, che non lasciano scampo; e in questo ensamble il lavoro degli attori puòbasarsi sulla ricerca dell'infinitesimale, che cattura lo spettatore trasportandolo all'interno, della vicenda, dei personaggi, o di séstesso.
Settima giornata per il Festival cinematografico sudamericano
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- Pubblicato Giovedì, 22 Ottobre 2015 16:18
- Scritto da Sara Galiza
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Trieste – Domani venerdì 23 ottobre, si apre l'ultima delle giornate del Festival di Cinema Latino Americano durante la quale verranno proiettati i film in concorso per la sezione Ufficiale e per quella Contemporanea.
Le proiezioni si terranno unicamente all’Auditorium del Civico Museo Revoltella di Trieste.
Cinque sono i film in programma in questa giornata, per la maggior parte dei quali saranno presenti in sala registi o produttori. Uno di questi è l’evento speciale “Buscando a Simón Bolívar”, dedicato alla vita del rivoluzionario Simón Bolívar.
La giornata inizieràalle ore 11.00 con “Tu Y Yo”, di Natalia Cabral e Oriol Estrada. Il film ci porta in una casa nel centro di Santo Domingo e nella relazione fra La Doña, una vedova di 70 anni, e Aridia, la sua giovane domestica. Un rapporto pieno di tensioni e ambiguitàe tuttavia indispensabile per entrambe.
Alle 16.00, a presentare il film costaricano “Presos”, di Esteban Ramírez ci saràil suo produttore Gabriel González-Vega.
“Presos” ha per protagonista Victoria, una giovane, appassionata di ballo. Per Victoria avrebbe dovuto profilarsi una vita canonica, quella desiderata per lei dalla sua famiglia, ma anche dalla stessa società.
Ma la ragazza entreràin contatto con il mondo del carcere, questa esperienza la porteràa mettere in discussione i suoi limiti e la sua stessa libertà.
Poi alle 18.00 “La Once”, di MaitéAlberdi, un documentario incentrato su cinque signore ormai in làcon l'età, che ritualmente, da sessant’anni si ritrovano a bere il tèuna volta al mese, là interpretano e commentano l’attualitàe evocando il passato comune, si sforzano di dimostrare che sono ancora vive, dimenticando in quei momenti i mali che le affliggono.
Alle 19.30 è la volta di “O Prologo”, di Gabriel F. Marinho, documentario che affronta il tema dell’uso della propaganda politica attraverso il cinema e la televisione degli anni ‘60 in Brasile e svela la cultura dei vecchi cortometraggi proiettati prima delle programmazioni ufficiali nei cinema. Partendo dalle dichiarazioni dei professionisti coinvolti e dalle immagini d’archivio, il documentario racconta la storia del cinema documentale fatto nella prima metàdegli anni ’60. “El Prólogo”mostra come sia possibile manipolare la verità, senza necessariamente decidere di mentire, e di come lo spettatore sia responsabile dello sviluppo di una posizione critica su ciòche sente e guarda.
Conclude la serata, alle ore 21.30, l’evento speciale “Buscando a Simón Bolívar”, di JoséSánchez-H, che saràpresente in sala accompagnato dalla sceneggiatrice e produttrice Tina Datsko de Sánchez.
Tina Datsko de Sánchez, anche poetessa, vincitrice di quattordici premi Hopwood, medita sulla vita del rivoluzionario del XIX secolo, Simón Bolívar, la cui leadership visionaria ha liberato sei nazioni latinoamericane dalla Spagna. Mescolando metafora verbale e visuale, il film unisce opere d’arte originali, coreografie e musiche per rimandare lo spirito radicale di questo guerriero visionario.
Il film “O outro lado do paraìso” simbolo di una rivoluzione
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- Pubblicato Giovedì, 22 Ottobre 2015 16:13
- Scritto da Sara Galiza
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Trieste - Ieri sera, 21 ottobre alle ore 22.00 al Civico Museo Revoltella è stato proiettato “O outro lado do paraìso”. Si tratta di una produzione brasiliana del 2014, in concorso nella sezione Ufficiale.
Film leggero, senza pretese, ma che nella semplicità trova un'essenza fondativa. La regia di Andrè Ristum è graziosa, nel senso che possiede grazia.
Gli effetti provocati dall'ascesa al potere della dittatura militare del 64', in Brasile, vengono delegati narrativamente allo sguardo di un ragazzo dodicenne.
Fernando, detto Nando cresce affiancato da una figura paterna innamorata della giustizia sociale, dell'eguaglianza tra gli individui. Antonio, il padre, dedica tutte le sue forze alla creazione di un futuro migliore in un Brasile alle soglie dell'industrializzazione. Nando scopre la politica, caratterizzata all'epoca dalle agitazioni sociali e dalle riforme promosse dal presidente Joao Goulart, rivelatesi poi tutte fallimentari. Nando diventa adulto quando scopre sulla propria pelle che le vite delle persone sono dominate dai paradossi.
Il film si apre quando la famiglia di Nando decide di trasferirsi dallo stato del Minas Gerais, zona agricola, alla neo fondata capitale Brasilia, vedendovi la possibilità di realizzare i sogni di una vita. Brasilia, smisurata cattedrale nel deserto, finirà presto col rivelare l'altra faccia del paradiso: i poveri restano poveri, e i ricchi sono ricchi. Non una sola, ma molte vite furono derise e calpestate durante il boom economico: le vite di tutti coloro i quali credettero che il progresso avrebbe rappresentato condizioni di vita più giuste per tutta l'umanità.
Sudo America da tutti i pori, perchè vi fu un momento storico dove si era immaginata un' unica America, figlia dei confini, ma che di confini non avrebbe avuto bisogno.Ma la terra promessa tanto agognata non si rivelò essere tale. Le dittature in Sud America furono il simbolo del fallimento delle politiche estere nordamericane in fatto di statalizzazione transfrontaliera.
100' minuti per raccontare poeticamente quei fatti che cambiarono le vite di tutti, in tutto il mondo. Ciò che avvenne a partire dagli anni 60' fu il primo vero fenomeno globale.
La fotografia, affidata a Hélcio “Alemao” Naganime, è basata molto sulla recitazione degli attori; è elementare, finalizzata alla descrizione esatta degli stati d'animo dei protagonisti.
La colonna sonora, curata da Patrick de Jongh, è animata dalle struggenti note della tradizione popolare, infinitamente sfaccettata in Brasile.
Il film è prodotto da Nilson Rodrigues e Luiz Fernando.
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