Per la prima giornata del Festival Cinema Latino Americano: la rivoluzione abita i corpi
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Lunedì, 19 Ottobre 2015 22:25
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Trieste - Sono stati proiettati ieri, domenica 18 ottobre, i primi lungometraggi in concorso al 30o Festival del Cinema Latino Americano.
“Manos Unidas” è stato proiettato alle ore 16 nell'Auditorium del Museo Revoltella, il documentario dal taglio graffiante stile videoclip èstato girato da Roly Santos.
Si tratta di una triplice produzione argentina, boliviana e cilena, il filmato, infatti, cerca di tessere le trame esistenti tra tre vicende differenti della storia latinoamericana, in comune hanno la presenza delle mani, viste nel video anche come elemento fortemente simbolico. Il documentario è stato distribuito nel 2014.
La sceneggiatura è dello stesso Roly Santos, la fotografia èdi Gabriel Perosino curatore anche di un blog di direzione fotografica su internet, il montaggio èaffidato a Nahuel Santos. La musica di questo documentario è interpretata da Mauricio Castillo Moya, in arte Chinoy, cantautore cileno, classe 1982. La pellicola, della durata di 106' minuti, è prodotta da Coopertiva Romana Audiovisual.
Manos Unidas è un documentario sul mistero delle mani di Che Guevara, Vìctor Jara e Juan Peròn; su quello che è successo, quello che si occulta, quello che si sa e quello che non si conosce. Cercando risposta a che cosa rappresentino ancora oggi, simbolicamente, tanto gli uomini quanto le loro mani. Le poche righe descrittive presenti nel catalogo introducono magistralmente alla visione di un documento davvero molto strano. Strano perché nelle forme e nei tempi questo documentario ricorda molto un videoclip musicale.
Che più che raccontare vicende, magari perse nel tempo, preferisce indagarle oggi, regalando spunti di riflessione sul senso della memoria. Come ad esempio i giovani writer per le strade di Santiago del Cile che, ancora sui muri scrivono “Victor Vive”, sono l'incarnazione di quegli ideali che hanno oltrepassato la storia e in un certo senso l'hanno anche riscritta, sorvolando dittature a colpi di vernice.
Documentari come questi, a metàtra un video dei Beastie Boys e un film di Rodriguez, servona a farci guardare oltre a ciò che sensibilmente sentiamo e vediamo. E come se l'autore, che non a caso è anche colui che ha redatto la sceneggiatura, avesse espresso, con questa sua opera, il desiderio di disegnare una nuova immagine del mito dei tre personaggi Ernesto Che Guevara, Vìctor Jara e Juan Domingo Peròn.
Il documentario diventa cosìuna lunga opera di video arte: il suono elettrico è in costante dialogo con la fotografia, che non è mai leziosa, ma anzi riprende tutto sempre da troppo vicino oppure troppo lontano. Come a dire che la memoria, colei alla quale affidiamo la prermanenza dei ricordi, può diventare cassa di risonanza unica pur assumendo dimensione collettiva, pur esprimendo i punti di vista di molti. E quindi mani, che anche se amputate, anche se corrotte, ricordano come la forza di agire trovi proprio lìla sua sede, e da sempre, nei pugni chiusi come nelle mani levate al cielo, l'uomo riconosce sè stesso e i propri simili. Questo lavoro ci ricorda che le mani di uno possono essere quelle di tutti. E viceversa.
“Democracia em preto e branco”di Pedro Asbeg, èstato proiettato, invece, alle ore 18, presso la medesima sede del Museo Revoltella. Si tratta di una produzione brasiliana del 2014.
La direzione della fotografia, divertente e veloce, è stata affidata all'occhio di Rodrigo Graciosa, è giovane e forse le sue scelte risentono un po' dell'assenza di esperienza, ma nel complesso i tagli delle immagini collaborano con la narrazione.
Il sonoro di questo film vede la collaborazione di molte competenze differenti, proprio, perché la musica si potrebbe dire essere uno dei personaggi: la voce narrante è affidata a Rita Lee Jones Carvalho; cantante, musicista, scrittrice, attrice e presentatrice televisiva brasiliana; affermatasi nel trio Os Mutantes.
Rita Lee è stata una tra le voci piùautorevoli della protesta del popolo contro alla dittatura militare che dal '64 attanagliòil Brasile. Le altre voci che, a quella di Rita Lee si intrecciano, sono quelle dei testimoni diretti, i giocatori della Democracia Corinthiana, squadra di calcio di matrice popolare della cittàdi San Paolo.
Chi giocava di tacco, chi si definiva sindacalista: Socrates, Wladimir, e Casagrande, assieme a tutti gli altri giocatori proletari, usando al meglio le loro caratteristiche peculiari, hanno saputo immaginare, e quindi mettere in moto qualcosa di completamente nuovo e inaspettato tanto per il calcio, quanto per il movimento sociale, politico e culturale del Brasile degli anni 70' - '80. Il montaggio e l'editing sono stati curati da Renato Martins, mentre la produzione èaffidata a TvZERO.
Democracia em preto e branco: 90' minuti per indagare un periodo affascinante della storia brasiliana: il momento in cui il calcio popolare e gli artisti rock diventarono l'eco del popolo.
Non c'èmolto da aggiungere, il resto è tutto da guardare. Democrazia in bianco e nero, per l'appunto, perché non è sempre così scontato riconoscere e riconoscersi nelle sfumature, e di conseguenza ritrovarsi.
Un film che tutti gli appasionati di calcio assieme agli appasionati di rock e punk, senza distinzioni di nazionalità, ma soprattutto di età, non possono né devono lasciarsi sfuggire. Davvero bella e inedita, almeno per orecchie occidentali, la colonna sonora.
Composita di rock suonato nei garage, da band di adolescenti che a cavallo tra gli anni 70' e gli anni 80', passo dopo passo, gabbando una censura spietata, invasero le strade, riempiendole di vita e voglia di cambiamento, quel cambiamento che nel 1983 portòben un milione di persone in piazza a San Paolo a reclamare per sé il diritto di esercitare la propria cittadinanza. Credendo ancora nella democrazia, e volendo vedersi riconosciuto il diritto di eleggere il proprio presidente, poter gridare che la dittatura militare non spaventava piùnessuno. Il corpo sociale trovò nella collettivitàil motore per sollevare la testa da anni di sopprusi.
A fare da sfondo a tutto questo c'era stata una squadra di calcio, la “Democracia Corinthiana”, e la forza rinnovatrice che i suoi giocatori di quegli anni posero in essere, a partire dalla realtàche più li toccava da vicino, cioè quella dei campi da calcio.
Il calcio in Brasile èil piùseguito degli sport. E i giocatori della Democracia si eranno resi conto del potere comunicativo e mediatico delle loro gesta. Il campo di gioco era diventato anche luogo di confronto politico.
E a guardar bene si potrebbe dire che i primi scossoni dati dal popolo alla dittatura militare brasiliana siano state originate proprio da queste esperienze. Scegliendo di rompere con il sistema, ci si era resi disponibili, in qualche modo, a ricostruire.