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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Per la prima giornata del Festival Cinema Latino Americano: la rivoluzione abita i corpi

Per la prima giornata del Festival Cinema Latino Americano: la rivoluzione abita i corpi

Trieste - Sono stati proiettati ieri, domenica 18 ottobre, i primi lungometraggi in concorso al 30o Festival del Cinema Latino Americano.

“Manos Unidas” è stato proiettato alle ore 16 nell'Auditorium del Museo Revoltella, il documentario dal taglio graffiante stile videoclip èstato girato da Roly Santos.

Si tratta di una triplice produzione argentina, boliviana e cilena, il filmato, infatti, cerca di tessere le trame esistenti tra tre vicende differenti della storia latinoamericana,  in comune hanno la presenza delle mani, viste nel video anche come elemento fortemente simbolico. Il documentario è stato distribuito nel 2014.

La sceneggiatura è dello stesso Roly Santos, la fotografia èdi Gabriel Perosino curatore anche di un blog di direzione fotografica su internet, il montaggio èaffidato a Nahuel Santos. La musica di questo documentario è interpretata da Mauricio Castillo Moya, in arte Chinoy, cantautore cileno, classe 1982. La pellicola, della durata di 106' minuti, è prodotta da Coopertiva Romana Audiovisual.

Manos Unidas è un documentario sul mistero delle mani di Che Guevara, Vìctor Jara e Juan Peròn; su quello che è successo, quello che si occulta, quello che si sa e quello che non si conosce. Cercando  risposta a che cosa rappresentino ancora oggi, simbolicamente, tanto gli uomini quanto le loro mani.  Le poche righe descrittive presenti nel catalogo introducono magistralmente alla visione di un documento davvero molto strano. Strano perché nelle forme e nei tempi questo documentario ricorda molto un videoclip musicale.

Che più che raccontare vicende, magari perse nel tempo, preferisce indagarle oggi, regalando spunti di riflessione sul senso della memoria. Come ad esempio i giovani writer per le strade di Santiago del Cile che, ancora sui muri scrivono “Victor Vive”, sono l'incarnazione di quegli ideali che hanno oltrepassato la storia e in un certo senso l'hanno anche riscritta, sorvolando dittature a colpi di vernice.

Documentari come questi, a metàtra un video dei Beastie Boys e un film di Rodriguez, servona a farci guardare oltre a ciò che sensibilmente sentiamo e vediamo. E come se l'autore, che non a caso è anche colui che ha redatto la sceneggiatura, avesse espresso, con questa sua opera, il desiderio di disegnare una nuova immagine del mito dei tre personaggi Ernesto Che Guevara, Vìctor Jara e Juan Domingo Peròn.

Il documentario diventa cosìuna lunga opera di video arte: il suono elettrico è in costante dialogo con la fotografia, che non è mai leziosa, ma anzi riprende tutto sempre da troppo vicino oppure troppo lontano. Come a dire che la memoria, colei alla quale affidiamo la prermanenza dei ricordi, può diventare cassa di risonanza unica pur assumendo dimensione collettiva, pur esprimendo i punti di vista di molti. E quindi mani, che anche se amputate, anche se corrotte, ricordano come la forza di agire trovi proprio lìla sua sede, e da sempre, nei pugni chiusi come nelle mani levate al cielo, l'uomo riconosce sè stesso e i propri simili. Questo lavoro ci ricorda che le mani di uno possono essere quelle di tutti. E viceversa.

“Democracia em preto e branco”di Pedro Asbeg, èstato proiettato, invece, alle ore 18, presso la medesima sede del Museo Revoltella.  Si tratta di una produzione brasiliana del 2014.

La direzione della fotografia, divertente e veloce, è stata affidata all'occhio di Rodrigo Graciosa, è giovane e forse le sue scelte risentono un po' dell'assenza di esperienza, ma nel complesso i tagli delle immagini collaborano con la narrazione.

Il sonoro di questo film vede la collaborazione di molte competenze differenti, proprio, perché la musica si potrebbe dire essere uno dei personaggi: la voce narrante è affidata a Rita Lee Jones Carvalho; cantante, musicista, scrittrice, attrice e presentatrice televisiva brasiliana; affermatasi nel trio Os Mutantes.

Rita Lee è stata una tra le voci piùautorevoli della protesta del popolo contro alla dittatura militare che dal '64 attanagliòil Brasile. Le altre voci che, a quella di Rita Lee si intrecciano, sono quelle dei testimoni diretti, i giocatori della Democracia Corinthiana, squadra di calcio di matrice popolare della cittàdi San Paolo.

Chi giocava di tacco, chi si definiva sindacalista: Socrates, Wladimir, e Casagrande, assieme a tutti gli altri giocatori proletari, usando al meglio le loro caratteristiche peculiari, hanno saputo immaginare, e quindi mettere in moto qualcosa di completamente nuovo e inaspettato tanto per il calcio, quanto per il movimento sociale, politico e culturale del Brasile degli anni 70' - '80. Il montaggio e l'editing sono stati curati da Renato Martins, mentre la produzione èaffidata a TvZERO.

Democracia em preto e branco: 90' minuti per indagare un periodo affascinante della storia brasiliana: il momento in cui il calcio popolare e gli artisti rock diventarono l'eco del popolo.

Non c'èmolto da aggiungere, il resto è tutto da guardare. Democrazia in bianco e nero, per l'appunto, perché non è sempre così scontato riconoscere e riconoscersi nelle sfumature, e di conseguenza ritrovarsi.

Un film che tutti gli appasionati di calcio assieme agli appasionati di rock e punk, senza distinzioni di nazionalità, ma soprattutto di età, non possono né devono lasciarsi sfuggire. Davvero bella e inedita, almeno per orecchie occidentali, la colonna sonora.

Composita di rock suonato nei garage, da band di adolescenti che a cavallo tra gli anni 70' e gli anni 80', passo dopo passo, gabbando una censura spietata, invasero le strade, riempiendole di vita e voglia di cambiamento, quel cambiamento che nel 1983 portòben un milione di persone in piazza a San Paolo a reclamare per sé il diritto di esercitare la propria cittadinanza. Credendo ancora nella democrazia, e volendo vedersi riconosciuto il diritto di eleggere il proprio presidente, poter gridare che la dittatura militare non spaventava piùnessuno. Il corpo sociale  trovò nella collettivitàil motore per sollevare la testa da anni di sopprusi.

A fare da sfondo a tutto questo c'era stata una squadra di calcio, la “Democracia Corinthiana”, e la forza rinnovatrice che i  suoi giocatori di quegli anni posero in essere, a partire dalla realtàche più li toccava da vicino, cioè quella dei campi da calcio.

Il calcio in Brasile èil piùseguito degli sport. E i giocatori della Democracia si eranno resi conto del potere comunicativo e mediatico delle loro gesta. Il campo di gioco era diventato anche luogo di confronto politico.

E a guardar bene si potrebbe dire che i primi scossoni dati dal popolo alla dittatura militare brasiliana siano state originate proprio da queste esperienze. Scegliendo di rompere con il sistema, ci si era resi disponibili, in qualche modo, a ricostruire.

"Suburra", atrocità e onnipotenza mafiosa in una finzione troppo reale

Suburra

Udine - Che questo sia un periodo d'oro per il noir e crime italiano sul piccolo e grande schermo, lo si era capito già da qualche tempo. Ma alla notizia dell'uscita di un titolo destinato a tracciare un solco, ecco arrivare la conferma dell'apice di questo exploit. Che ha un nome: Suburra.

Nell'antica Roma, si chiamava così il quartiere dietro il Foro di Traiano, dove già all'epoca politica e criminalità si incontravano. Oggi, a oltre mille anni di distanza, i luoghi sono cambiati ma la sostanza no, e le cronache degli ultimi anni lo confermano: il Male invade tutto e tutti. Politici e clero inclusi.

Per cui "Suburra" diventa il titolo perfetto per l'ultimo film di Stefano Solima, regista già di Romanzo Criminale e Gomorra-La serie, tratto dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini. E uscito il 14 ottobre nelle sale italiane, tra cui quelle del Visionario di via Asquini, non può che sembrare un filone legato alle inchieste agghiaccianti su Mafia Capitale. Ma il tutto risale ancora a prima.

Novembre 2011, Filippo Malgradi (interpretato da Pierfrancesco Favino) è un deputato della maggioranza di governo, mai dichiaratamente esplicitato di che fazione, ma basta un po' di memoria e occhio acuto per i particolari. Una sera, durante un'orgia a tre a base di coca e minorenni, una delle escort muore di overdose e il politico e l'altra prostituta (Giulia Elettra Gorietti) cadono nel panico.

La "soluzione" arriva da un amico di lei, uno zingaro imparentato con un boss della Capitale, che si sbarazza facilmente e brutalmente del corpo. Ma sarà solo l'inizio di una concatenazione di eventi tragici, che orbitano attorno all'affare milionario del fronte mare di Ostia, destinato a diventare una Las Vegas "de noi altri". Basta far approvare una legge in Parlamento.

"Pianeti" che riempiono quest'orbita, spesso scontrandosi tra di loro, sono la creme di una Roma oscura e maledetta: Samurai (Claudio Amendola), l'ultimo testimone della Banda della Magliana e padrone della città; il pr Sebastiano (Elio Germano); il mafioso Numero 8 (Alessandro Borghi), figlio di un altro celebre delinquente da cui non ha ereditato il carisma; e Manfredi (Adamo Dionisi), boss zingaro con mire di espansione.

Come saette impazzite, questi schizzano da un rapimento a una sparatoria, macchiandosi le mani di sangue per una faida che rischia di far saltare tutti i progetti su Ostia. E quando sembrerà che tutto sia a posto, si fa per dire, ecco che arriverà... L'Apocalisse.

Solima ha dato forma a un film inquietante ed estremamente macabro, ricco di sesso e violenza che tuonano nell'aria invasa dalla droga. Ma riconoscere in lui il presente attuale appare difficile, nonostante tutti gli scandali: sarebbe come ammettere di essere tutti sotto una colte di malvagità che se ne frega dello Stato di diritto. E quindi la rivoluzione sarebbe il minore dei mali da scegliere.

Ma l'intento non è tanto di denunciare il presente, nonostante i chiari riferimenti a un oggi ben preciso (durante l'ultimo governo Berlusconi), quanto anticipare un futuro a cui rischiamo di andare incontro. Anche se, nel complesso, un particolare sfugge: l'inserimento delle dimissioni del Papa, che non centrano sostanzialmente nulla.

L'interpretazione di Favino lascia qualcosa in sospeso, alla fine appare un personaggio incompleto, che forse in una serie TV avrebbe dato di più. A risaltare sono invece le pedine minori, vere chiavi di svolta nella narrazione e che lasciano intuire un sequel: astenersi da idee simili, per favore.

Il XXX Festival di Cinema Latino Americano apre con l'intervista a Salvador Allende

Il XXX Festival di Cinema Latino Americano apre con l'intervista a Salvador Allende

Trieste - Ieri sera venerdì17 ottobre, a Trieste si ètenuta la serata inaugurale del Festival del Cinema Latino Americano, che quest'anno compie 30 anni. Alle ore 19.30 presso l'Aula Magna del prestigioso polo scientifico internazionale ICTP c'erano molte persone assiepate sulle gradina.

Era presente gente di ogni età, e un simile dato restituisce l'interesse, fortunatamente non sopito, dei giovani verso la cultura, il cinema e perchéno, anche la politica.

Durante i saluti ufficiali che hanno aperto la serata, Rodrigo Diaz, direttore del festival, ci racconta che: “non si sono mai accontentati di gettare immagini a casaccio sullo schermo”perchèciòche a lui interessa è “poter arricchire l'immaginario delle generazioni più giovani”.

Il festival del cinema Latino Americano di Trieste ha la peculiaritàdi avere ben due premi conferiti da giurie di studenti. I ragazzi del Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico voteranno film che si aggiudicheràil Premio Mundo Latino; mentre rappresentanze di studenti provenienti da quattro licei triestini assegneranno il Premio Malvinas.

Premi che rispettivamente andrannoall'opera che meglio abbia illustrato una problematica storica dell'America Latina e al film che meglio abbia saputo interpretare i valori del rispetto e dell'osservanza del diritto internazionale, della sana convivenza e della tolleranza.

La serata inaugurale, ormai da tradizione vede l'assegnazione del Premio Salvador Allende, premio dedicato, a quei funzionari italiani che con il loro lavoro abbiano saputo tessere relazioni forti con il Sud America. Questi alcuni esempi: Piero De Masi, Roberto Toscani e Tomaso De Vergottini.

Quest'anno il riconoscimento èandato Gilberto Bonalumi, funzionario resosi noto per il proprio intervento prima e dopo il golpe cileno avvenuto nel 1973.

Ma la serata inaugurale vestiva tutta colori cileni: la prima proiezione di questa edizione èstata l'intervista girata da Renzo Rossellini, che il padre Roberto Rossellini, fece a Salvador Allende nel 70', intitolata “La forza e la ragione”.

Da oggi domenica 18, entriamo nel vivo della manifestazione. Le proiezioni, da oggi a giovedì22 coprono l'arco dell'intera giornata.

Èpossibile reperire il programma visitando il sito: www.cinelatinotrieste.org oppure visitando la pagina facebook: www.facebook.com/cinelatinoamericanotrieste

Due sono le sedi che ospiteranno le opere  della rassegna; sorgono in centro cittàe sono poco distanti l'una dall'altra: l'Auditorium del Museo Revoltella, a due passi dalle rive e da piazza Unitàd'Italia, ospiteràla maggior parte delle proiezioni, a partire dalle ore di 11 oggi vedràil susseguirsi di trentaquattro differenti pellicole. L'altra sede deputata alla proiezione dei film in concorso èil piccolo e accogliente Tetro dei Fabbri, giàmolto noto a Trieste per la programmazione d'essai, che ospiteràben dieci proiezioni.

 

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