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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

La Forza è tornata con il nuovo Star Wars. Ma occhio alla retorica politica...

La Forza è tornata con il nuovo Star Wars. Ma occhio alla retorica politica...

Spade laser, alieni mostruosi, esplosioni mirabolanti nello spazio: l'universo di Star Wars mancava ormai da diversi anni ai tantissimi suoi fan, “saziati” non completamente dai sequel sottoforma di film di animazione targati Disney, da quando questa ha acquistato i diritti da George Lucas. E quest'anno, finalmente, ecco il tanto atteso ritorno della saga.

“Star Wars VII: Il risveglio della Forza” era il titolo più atteso di quest'anno, diretto da un fan stesso delle due trilogie con un lungo passato da sceneggiatore di serie tv (Lost) com'è J.J. Abramas. E che l'opera in sè sia un tributo alle pellicole precedenti lo si capisce fin da subito, con un riavvolgimento del nastro che fa partire tutto come se fosse l'episodio numero uno: dal pianeta Jakku, lo stesso di Luke Skaywalker.

I vecchi personaggi, però, rimangono nell'ombra all'inizio. Il sipario si alza, infatti, sui tre nuovi protagonisti dell' “era Abramas”: Rey, ragazza che aspetta il ritorno della sua famiglia e che lotta per sopravvivere nel deserto (interpretata da Daisy Ridley); Finn, clone con la crisi di coscienza che fuggirà dall'Impero per poi ritrovarvisi contro (John Boyega) ; e Kylo Ren, il nuovo malvagio che ricalca le orme del più terrificante Darth Vater, invischiato ancora una volta nei rapporti di parentela crudeli già visti nei film antecedenti (Adam Driver).

Obiettivo per i primi due personaggi sarà, ancora una volta, scampare alla terribile furia distruttiva del Primo Ordine. Che, a sua volta, ha dato vita a un progetto di dominio assoluto sull'universo: a contrastarlo c'è solo la Resistenza, campeggiata dall'ex Principessa Leila (Carrie Fisher). E chi guiderà Rey e Finn da lei? Il sempreverde Han Solo (al secolo Harrison Ford) e l'immancabile Chewbecca.

Il mix di vecchio e nuovo ha il merito di lasciar aperta una porta anche a chi i titoli prima non li ha visti, o non si è mai interessato di approfondire. Certo, alcuni passaggi risultano un po' complicati se non si ha un almeno limitato background delle “puntate precedenti”, ma in fin dei conti lo schema che Abrams segue fa riemergere il passato e delinea già un futuro, destinato a proseguire nei prossimi due capitoli: una nuova trilogia è iniziata. Con una certa influenza di altri film che piacciono tanto al pubblico giovane: su tutti, gli Hunger Games.

Più sottile è invece il costrutto politico che si nasconde dietro il film: la sua uscita in questo periodo potrebbe anche non essere così casuale e, se si guarda bene tra le righe, si scorgono tanti riferimenti che hanno già caraterizzato le opere della Disney: la scelta dei due protagonisti, un ragazzo di colore e una donna, danno un chiaro messaggio di “tutela delle minoranze”, mentre gli ufficiali dell'Impero assomigliano tanto a quelli dell'Armata Rossa.

Potrebbe apparire tutto ciò come delle forzature, ma in quanto a messaggi subliminali la Disney non è seconda a nessuno. Ma con questo si va oltre Star Wars, ciò che rappresenta, i suoi bei messaggi di coraggio e amore che l'hanno reso famoso in tutto il mondo: bisognerà vedere se adesso non sarà il Lato Oscuro della Forza a vincere. Non sulla pellicola ma sull'animo degli spettatori.

Chiude S/paesati con un doppio matinée allo Sloveno

Chiude S/paesati con un doppio matinée allo Sloveno

Trieste - Associazione S/paesati – eventi sul tema delle migrazioni è giunto alla fine della sua  alla sua XVI edizione  con un  doppio matinée, mercoledì 2 dicembre alle ore 9.00 e alle ore 11.00  al Teatro Sloveno, uno spettacolo ZINDABAD – VIVA adatto agli  studenti, ma aperto a tutti,  per affrontare il tema dell’asilo assieme ai profughi  e offrire degli spunti di discussione e approfondimento.

ZINDABAD – VIVAcon la partecipazione dei rifugiati accolti da ICS,a cura di Barbara Sinicco. Può una storia d’amore smuovere l’arido cuore di un dittatore che vigila alla frontiera Iran-Turchia? Sì, se la storia è quella di “Leila e Majnun”, i Romeo e Giulietta d’Oriente, e se a raccontarla, tra realtà e finzione scenica, con ironia e generosità, sono i giovani che da quella frontiera ci sono realmente passati.

 

Info:www.spaesati.org

“45 anni” : dramma intimista di grande qualità interpretativa

“45 anni”: dramma intimista di grande qualità interpretativa

Cosa potrebbe mettere in crisi il rapporto di una coppia serena e felicemente sposata da 45 anni? Soltanto un segreto molto ingombrante. Kate (una sublime Charlotte Rampling) e Geoff (il bravissimo Tom Courtenay) si preparano a festeggiare il loro 45° anniversario di matrimonio.

Ma un evento inatteso si presenta da subito come un terribile fantasma che sconvolge la tranquilla routine domestica e dà l’avvio ad un intreccio pieno di “punti di svolta”. Meglio non svelare quale sia questo elemento, per non rovinare il gusto ed il piacere allo spettatore. 

Ciò che affiora palesemente da questo dramma familiare è la potenza oscura e redentrice di quell’entità –indefinibile e personale– che chiamiamo “amore”. È l’amore il “tema” principale di questo film che è, a mio avviso e a tutti gli effetti, un “film d’autore”. È l’amore vissuto, messo in dubbio, sofferto dai due non più giovani protagonisti lo specchio che si riflette su tutti noi e ci pone naturalmente delle domande, ci insinua il grande dubbio sull’amore e sulle sue possibili conseguenze. Fino a dove si è capaci di arrivare per amore?

L’amore eterno ed inattaccabile e la felicità non sono come il sole o la bruma della desolata campagna inglese, che spuntano tutte le mattine di tutti i giorni (bellissime le aperture di scena sulla campagna per ogni giorno della settimana), sono qualcosa che bisogna coltivare e non dare per scontate. Perché non basta arrivare ad una certa età per smettere di sognare, o scegliere.

Memorabili il discorso di Geoff e la scena finale del ballo col primo piano sul viso sofferto e pieno di dubbi di Kate.

Film presentato in anteprima ed in concorso al festival di Berlino 2015 dove sono stati premiati come migliori attori i due protagonisti. Dramma sentimentale di grande intensità e pathos di bergmaniana memoria. Ma vale certamente un plauso particolare il talentuoso e giovanissimo regista e sceneggiatore inglese Andrew Haigh (classe 1973) per questo suo primo lungometraggio. Sceneggiatura affilata come una spada, coerente, leggera che riesce a trattare temi tanto complessi e delicati come l’amore, la senilità, la felicità, regalando una grande lezione di vita a giovani e anziani. 

 

 

 

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