Un Frankestein rivisitato a firma Bernard Rose al Science Film Festival
- Dettagli
- Categoria: Cinema
- Pubblicato Mercoledì, 04 Novembre 2015 20:06
- Visite: 622
Trieste - È iniziata ieri la 15a edizione del Science Film Festival, forte dei successi dal 2000, anno molto particolare e fortunato per questo genere cinematografico. Festival che, anche quest’anno, si avvale della disponibilità di tre sale: la Tripcovich, il teatro Miela ed il cinema Ariston.
La visione più attesa era un grande classico della letteratura fantascientifica, Frankestein di Mary Shelley, rivisitato in chiava attuale dal regista B. Rose, che i più ricorderanno per Candy Man del lontano 1992 o per l’inquietante e violento Snuff movie del 2004.
Un’impresa non da poco quella di Rose, che ha voluto cimentarsi su uno dei classici più letti e complessi della letteratura fantastica, romanzo spesso riadattato da vari registi. Racconto lungo che, a distanza di quasi duecento anni, ha mantenuto intatto ed attuale il suo spirito, il suo dilemma, il suo fascino.
Il bravo Rose –che si è confezionato ad hoc la sceneggiatura e ha curato anche la fotografia– è riuscito ad adattare in maniera brillante e personale il racconto in chiave contemporanea. La voce personale e sussurrata in prima persona è quella della sua coscienza e mi ha ricordato più volte i passi di alcuni celebri racconti di Dostoevskij come “Memorie dal sottosuolo” o “Delitto e castigo”, sia per la laidezza di certe ambientazioni che per il modo di raccontarlo, con soliloqui intimi, critici e spietati.
Il suo obiettivo rispecchia perfettamente l’assunto del romanzo originale, ovvero raccontare quella coscienza di cui sono dotati gli uomini, facendola nascere poco a poco come succede con i bambini, non a caso la prima scena vede Adam, che esternamente dimostra gli anni di un ragazzo maturo in realtà è appena nato, succhiando latte da un biberon in posizione fetale.
Adam, nato dall’ingegneria genetica, è un eroe romantico contemporaneo che cerca conforto in un abbraccio fraterno, splendido il personaggio del negro cieco: i due diventano grandi amici, o nell’amore di colei che dovrebbe essere sua “madre”. E invece trova solo ostilità, violenza, degrado umano.
Ben presto, però, si capisce che qualcosa, nella programmazione, è andato male. Il neonato non è perfetto e sembra ammalarsi seriamente. Gli altri due protagonisti del film, i due dottori/padri “biologici” di Adam, decidono che bisogna sbarazzarsene. La scienza, il mondo, hanno bisogno di esseri perfetti. Da qui, ovviamente, si scatena l’inferno. Un inferno che Adam inizia a conoscere da subito, da quando è costretto a fuggire. Acquista sempre maggior coscienza e realizza il fatto atroce di essere un diverso, un “Mostro”, pertanto rifuggito, maltrattato, deriso. Una coscienza troppo pesante da portare in giro per il mondo, da solo, ma che rivendica dal più profondo del suo spirito, fino alla fine: “I am Adam, I.. am!”