Cultura
Carlo Mastelloni presenterà alla Minerva "Il grande fuoco” giunto alla sua seconda edizone
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- Pubblicato Lunedì, 30 Novembre 2015 22:02
- Scritto da redazione ilfriuliveneziagiulia
Trieste - Mercoledì 2 dicembre alle 18, nella sala di lettura della Libreria Minerva a Trieste, il giudice Carlo Mastelloni, procuratore capo della Repubblica di Trieste, presenterà la seconda edizione de "Il grande fuoco. 4 agosto 1972: l’attentato all’oleodotto di Trieste" di Giuliano Sadar, pubblicato da Mgs Press. Sarà presente l'autore.
Il libro racconta le vicende del misterioso attentato rivendicato dai palestinesi di Settembre Nero alla tank farm petrolifera di Trieste il 4 agosto 1972. Questa seconda edizione è arricchita da una postfazione di Carlo Mastelloni, procuratore capo a Trieste e probabilmente il maggiore esperto in Italia di terrorismo mediorientale. Mastelloni approfondisce alcuni snodi critici della vicenda, come gli equilibri politici internazionali che si formarono a Parigi, città di provenienza degli attentatori, e che impedirono lo smantellamento della cellula palestinese che già vi operava. O i rapporti inconfessabili dei capi palestinesi con realtà che andavano dalla destra estrema filonazista all’estrema sinistra, per non parlare delle grandi potenze che in un modo o nell’altro, attraverso l’infiltrazione nei servizi di informazione, riuscivano a eterodirigere gli eventi riconducendoli al proprio vantaggio.
Nulla era insomma come sembrava, a quei tempi. Riflessione che può essere estesa alla situazione di oggi, dopo che gli attentati di Parigi hanno svelato un tragico intrico di interessi trasversali e contrastanti. Con lo sfondo, cangiante ma immutabile, degli irrisolti nodi geopolitici dello scacchiere mediorientale. Una riflessione che verrà approfondita durante la presentazione.
La discussione sarà arricchita dalla proiezione di inedite immagini dell’evento dall’archivio dei Vigili del Fuoco.
Inseguire ciò per cui siamo nati: Daria Bignardi racconta a LibrINsieme la sua ultima, piccola storia
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Lunedì, 30 Novembre 2015 11:43
- Scritto da Timothy Dissegna
Udine – La sua carriera di successo è iniziata in televisione e lì continua ancora oggi, ma la passione per la scrittura l'ha presa fin da piccola: Daria Bignardi ha esordito con la narrativa nel 2009, dopo tanti anni da giornalista e diversi programmi tv, e qualche settimana fa è uscita di nuovo in libreria con la sua ultima fatica.
Per presentare “Santa degli impossibili”, questo il titolo del romanzo edito da Mondadori, Bignardi è stata quindi ospite ieri pomeriggio alle 16 a LibrINsieme, la prima edizione del salotto del libro di Idea Natale realizzata in collaborazione con Pordenonelegge: è il quarto libro per la ferrarese, che è stata accolta da un pubblico gremito.
“Da bambina volevo fare la scrittrice – ha raccontato l'autrice, intervistata da Valentina Gasparet – perché mi piaceva raccontare il mondo visto dai miei occhi”. E il primo mondo che ha descritto è stato proprio quello familiare, protagonista nel suo esordio; ma era abbastanza reticente dopo il successo televisivo, poiché “avevo un'idea alta dello scrittore”: quando, però, è morta sua madre il libro è arrivato da solo.
La storia di “Santa degli impossibili” inizia in modo molto più semplice: Mila è una donna come tante, che vive la sua vita senza troppi pensieri. Poi, man mano che la storia evolve, le cose si complicano e questa abbandonerà tutto e tutti. Per stessa ammissione della Bignardi, questo libro è speculare al suo “Acustica perfetta”, solo che la scelta dell'uomo questa volta ricade sul genere femminile.
È un romanzo in cui “c'è spazio di manovra per il lettore” ha spiegato Gasparet, nel quale ci si può schierare a favore o contro i protagonisti. E questi, in particolare Mila, cercano quella cosa loro per cui sono nati: come Santa Rita, che ispira il titolo, e che si racconta abbia compiuto un vero miracolo pur di seguire la propria vocazione per la preghiera.
L'incontro si è concluso con la domanda delle domande: come nasce una storia? Il primo passo è l'ispirazione, ha risposto l'ospite, ma poi lo sviluppo della storia diventa un'ossessione. Che si concluderà con una nuova storia che racconta di noi, in pieno stile di Daria Bignardi.
(Foto L'oppure)
Un'Italia che non ha mai dimenticato il fascismo raccontata da Tommaso Cerno a LibrINsieme
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- Pubblicato Lunedì, 30 Novembre 2015 11:26
- Scritto da Timothy Dissegna
Udine – Ieri come oggi, l'Italia non riesce a staccarsi dal suo fantasma fascista: è questo il succo iperconcentrato del discorso del nuovo libro di Tommaso Cerno, direttore del Messaggero Veneto, “A noi!” (Rizzoli). Uscito in questi giorni, è stato presentato ieri pomeriggio alle 17 a LibrINsieme, all'interno di Idea Natale alla Fiera di Udine, davanti a un attentissimo pubblico.
Intervistato da Marco Pacini del Piccolo, quest'ultimo fin da subito ha individuato la doppia tesi del saggio (il popolo italiano è “geneticamente” fascista e il fascismo fu un fenomeno per i nostri vizi) e l'autore l'ha spiegata attraverso numerosi salti avanti e indietro nel tempo. Perché quello che siamo oggi è strettamente legato al ventennio di Mussolini, a partire dal suo stesso sistemaa politico.
Vedere il nostro Paese, infatti, come smacchiato dall'ideologia del fascio è “un errore prospettico”, ha spiegato Cerno: la creazione della repubblica fu allora un meccanismo per scacciare il passato rimanendovi ancora legati. Tant'è che quel modello permise a un singolo partito di governare due volte e mezzo il tempo del Duce e questo fu possibile perché “gli uomini della Prima Repubblica erano più forti di Mussolini: hanno creato un sistema più forte del fascismo”, ha continuato il giornalista.
C'è un altro filo rosso che lega i capi politici che si sono susseguiti, da Mussolini a Renzi: nessuno è stato uno statista, ha precisato l'ospite, se non riconosciuto come tale post-mortem in un'aurea di sacralità (De Gasperi) o per la sua fine violenta (Berlinguer). La differenza tra capo e statista è facile: il primo porta il popolo nella mani di un altro politico, l'altro nel futuro. E quest'ultima cosa fu possibile solo grazie alla guerra.
Un'altra inquietante assonanza con il presente è la caduta del Duce: tradito dai suoi ex fedelissimi e ingannato perfino dal Re, così come è caduto Prodi per mano della sua stessa coalizione politica. Mentre quella di Berlusconi è diversa: non per gli scandali sessuali, bensì perché quell'Italia della crescita che lui aveva portato non c'era più e gli elettori non potevano più ricevere nulla in cambio da lui.
I discorsi del giornalista, ferventi e chiari nei propri rimandi storici, hanno poi guardato all'incapacità degli italiani di andare oltre il Ventennio. Aprendo quel lucchetto che chiude da decenni il balcone del palazzo di piazza Venezia, quello da cui il Duce si affacciava: i politici non fanno altro che consegnarsi l'un l'altro quelle chiavi, perché altrimenti capiremmo subito che non abbiamo mai fatto veramente i conti con quel periodo. E su ciò, ha continuato Cerno, “pesa l'assenza di una Norimberga italiana”.
Nelle ultime battute di quella che non è stata solo una presentazione ma una vera e propria lezione di Storia, trova spazio anche gli estremisti delle destre attuali. Ma per il direttore “Salvini non è un estremista”, venendo infatti dalle correnti più miti della Lega Nord: si capisce dove sta per ciò che indossa, come le felpe con il nome della città, anziché da un preciso linguaggio com'era per Bossi.
“A noi!” potrebbe essere veramente un bel regalo da far trovare sotto l'albero, ma ancora di più dovrebbe essere l'inizio di una nuova fase per tutto il Paese: capire finalmente cosa si nasconde dietro i comportamenti nostri e della politica è l'unica via per poter affrontare il presente. Senza il controllo indiscriminato di “anti-fascisti fascistodi”, Cerno docet.
(Foto Messaggero Veneto)
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