Cultura
Salvare l'acqua e noi stessi grazie ai misteriosi Vodnìk, piccoli protagonisti letterari
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Mercoledì, 09 Dicembre 2015 16:28
- Scritto da Timothy Dissegna
Cividale del Friuli (Ud) - Dall'oceano sterminato primordiale, in cui tutto è nato miliardi di anni fa, allo tsunami che travolge case e persone: l'acqua è un elemento che rappresenta vita e morte, da sempre. E da altrettanto tempo l'uomo si è legato a lei, in ogni sua sfumatura.
Cesare Tomasetig, fondatore del Mittelfest, ha voluto allora dedicare proprio a lei un racconto lungo molto particolare: "La straordinaria avventura del fantastico popolo dei vodník", edito dallo stesso Mittelfest in occasione della sua ultima edizione. Che all'acqua era appunto dedicato, primo capitolo di un ciclo che unirà terra e aria nei prossimi anni.
Ambientata nei nostri giorni, questa piccola, complessa fiaba racconta la storia di un gruppo di creature uniche al mondo: i Vodník, esserini minuscoli che vivono da milleni sotto i ponti di tutta Europa. Ma non sono così "timidi" come altre figure leggendarie: essi infatti entrano in contatto spesso con gli adulti, soprattutto con i ragazzi.
Tra i tanti, Peciaci è uno che è partito tanti secoli fa da Praga, lasciando la sua casa sotto il Ponte Carlo, per viaggiare fino a Venezia. La città lagunare lo lasciò senza fiato, ma l'acqua salata non faceva per lui e si mise così alla ricerca di un'altra sistemazione, tra i diversi fiumi che scorrono lungo la Pianura Padana e affluiscono nel Po.
Arrivò quindi in un paesino sulle rive del Naviglio, dove l'incontro con un giovane musicista gli farà avere un'idea per cambiare le sorti del pianeta: l'acqua, l'elemento suo e dell'essere umano, è sempre più a rischio per colpa di quest'ultimo, che dalla Seconda rivoluzione industriale in poi non ha avuto più il solito rispetto verso la natura. E gli unici che possono cambiare le cose sono i ragazzi.
Con una favola semplice e complessa allo stesso tempo, fitta di simboli come un analogo racconto di Oscar Wilde, Tomasetig parla al cuore e alla coscienza del lettore, piccolo o adulto che sia. È un messaggio diverso dalla retorica politica che ascoltiamo oggi dalla Conferenza sul clima di Parigi, perché arriva direttamente da chi la natura la ama realmente e non la vede solo come un seccante parametro da aggiustare.
Questo libro, che è stato distribuito durante l'ultimo Mittelfest ma dovrebbe essere ancora reperibile, è anche un divertente viaggio all'interno della Mitteleuropa: si passa da Praga a Venezia, passando per la stessa Cividale e tante altre località, tutti posti che nell'acqua si specchiano quotidianamente. E anche l'uomo dovrebbe farlo, per capire che dalla natura dipendiamo tutti e come nostra madre va salvaguardata.
Fede ed etica nel nuovo libro di Vito Mancuso presentato a Cormònslibri
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- Pubblicato Mercoledì, 09 Dicembre 2015 00:30
- Scritto da Timothy Dissegna
Cormòns (Go) – Il curriculum di Vito Mancuso (foto Vanity Fair) parla da sé: libri, conferenze, docente universitario e un seguito che possono vantare ben pochi altri teologi contemporanei. Anche perché la religione, attualmente, non è tra gli argomenti più facili da trattare ma persone come lui riescono a ottenere un grande successo in ogni dove.
Ieri sera egli è stato infatti ospite dell'ultima giornata di Cormònslibri, intervistato dal giornalista del Piccolo Roberto Covaz, davanti a una Sala Italia gremita e attenta alle parole di questo teologo controcorrente rispetto al Vaticano. Era lì per presentare il suo ultimo saggio, “Questa vita” edito da Garzanti, nell'incontro dal titolo “Aprirsi all'altro, all'etica, al bene”.
Dalle grandi questioni che riguardano l'uomo e Dio ai fatti più recenti, tra tutti l'inizio del Giubileo proprio quel giorno: i temi da trattare erano tantissimi e Mancuso, quasi come un maestro di linguistica, è andato fin da subito a ricercare l'origine etimologica di parole importantissime come impressione, espressione, logos. Perché, se in fondo il Signore è verbo, tutto inizia proprio da ciò che diciamo.
Addentrarsi nelle grandi questioni confessionali è un qualcosa che i grandi pensatori dei secoli scorsi hanno fatto con grande impegno, mentre oggi l'idea comune si arresta a una lettura molto più superficiale delle cose. Spesso basandosi anche su traduzioni errate, tanto da tramandare a noi parole chiave che suonano in un modo ma che, nella loro versione originale, assumono una connotazione totalmente diversa.
I riferimenti di Mancuso sono i grandi pensatori illuministi, ma anche personalità più recenti che hanno lasciato il segno: come don Gallo, il prete di strada genovese che si batteva in prima linea per gli ultimi, e il cardinale Carlo Maria Martini, da cui imparò moltissimo e che diverse volte ha ricordato con affetto durante la serata. Soprattutto quando ha citato il periodo in cui lui stesso stava per diventare sacerdote: un passo che avrebbe anche compiuto prima dell'età prevista, ma a cui alla fine ha rinunciato perché indisposto ad accettare il celibato.
Le posizioni in aperto contrasto con il Vaticano si notano quando il teologo ha detto che l'ora di Religione a scuola, per com'è fatta oggi, è inutile: dovrebbe essere tolta alla Chiesa e resa obbligatoria, perché anche altre materie potrebbero non interessare ad un alunno ma restano comunque essenziali nella sua formazione. E conoscere l'altro, anche in termini confessionali, aiuterebbe senz'altro nel combattere la paura che oggigiorno ci circonda.
Tra gli innumerevoli spunti di riflessione che l'ospite ha donato al pubblico presente, degno di nota è stato il suo discorso sulla violenza nei testi sacri: scene simili ce ne sono nel Corano, ha spiegato, ma sono presenti anche nel Vecchio e Nuovo Testamento. Soprattutto contro bambini ed innocenti: ciò si spiega con il fatto che la Bibbia non è la voce di Dio, ma la contiene. Una differenza per nulla sottile.
Con grande conoscenza della filosofia, dei testi sacri e una buona dose di ironia, Mancuso ha oliato i cardini sempre più arruginiti della porta che ognuno di noi tiene dentro di sé, rivolta verso il mondo esterno. Non basterà invocare il Giubileo per cambiare il (nostro) mondo, ma il primo passo si fa con la cultura: che ci rende liberi, proprio come il Signore,o chi per lui, ci ha creati.
L'Italia legata al fascismo che non cambia protagonista a Cormònslibri
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- Pubblicato Mercoledì, 09 Dicembre 2015 00:28
- Scritto da Timothy Dissegna
Cormòns (Go) – Non possiamo comprendere l'Italia di oggi se non guardiamo a quella di Mussolini e del fascismo: potrebbe sembrare una provocazione, ma il collegamento tra questi due periodi storici è evidente. Parola di Tommaso Cerno (foto Adnkronos), direttore del Messaggero Veneto e ospite ieri pomeriggio a Cormònslibri, per presentare il suo ultimo libro “A noi!” (Rizzoli).
Dialogando con il collega Paolo Medeossii, il giornalista udinese ha subito spiegato che il popolo italiano non si è mai completamente dissociato, quantomeno nei modi di fare, dal Ventennio. O meglio, dal “mussolismo”: fino a quando il Duce era al potere, piazza Venezia era gremita. Il giorno dopo la sua caduta, non c'era più nessuno sotto quel balcone.
Il filo rosso che unisce l'Italia nelle sue diverse fase storiche parte quindi dall'esperienza imprescendibile della dittatura: “Mussolini è caduto esattamente come Prodi” ha spiegato Cerno, poiché furono i suoi stessi fedelissimi a fargli firmare un ordine del giorno che, in definitiva, lo destituiva dal potere. E, quando la mattina seguente egli andò dal Re pensando di ricevere l'incarico di formare un nuovo governo, ecco che le forze armate gli tesero un agguato di nascosto.
Quello che può sembrare un capitolo tutto sommato buffo della nostra storia diventa oscuro, quando tentiamo di scoprire chi materialmente uccise Mussolini e perché assassinò anche l'amante che era con lui: di quel momentonon sappiamo ancora niente, se non che erano presenti gli americani (che lo volevano vivo), gli inglesi (morto) e i partigiani (che volevano giustiziarlo pubblicamente). Partì un colpo per sbaglio? La Petacci aveva visto qualcosa? Domande irrisolte.
Caduto il regime, ecco che un'altra, “dolce dittatura”, come l'ha definita lo stesso ospite, ha preso il potere: quella della Democrazia Cristiana, che per quasi 50 anni governò. Portando al vertice sempre uomini che seguivano linee prestabilite, mentre la repubblica presentava una struttura tale da essere un labirinto in cui il “minotauro” non doveva più uscire, tanto da proibire la rinascita del Partito Fascista.
I rimandi ieri-oggi sono numerosissimi e il direttore del Messaggero Veneto li usa con un'immediateza che lascia senza parole. E, parlando di presente, non si può non parlare di Berlusconi che, secondo Cerno, non ha battuto la sinistra quando si candidò la prima volta perché possedeva tv e giornali, ma perché usava un linguaggio nuovo che la gente aveva imparato da anni grazie alle sue reti. E la sinistra non ha saputo come contrastarlo, pensando invece di avere la vittoria facile dopo la caduta della Dc.
In circa un'ora di intervista e dibattito con il pubblico, la Storia italiana è riemersa prepotente e in dorme anche insolite. Come un possibil legame tra la morte di Matteotti, anziché per i motivi che conosciamo perché si era mosso contro un giro d'affari di petrolio che ruotava attorno al Duce, e quella di Pasolini, il cui ultimo libro si chiama proprio “Petrolio”: solo due degli enigmi all'italiana, che hanno bisogno di risposte per risolvere, almeno in parte, il presente.
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