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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Vittorio Sgarbi e Boris Pahor alla LEG per raccontare la profezia dell'arte

Sgarbi e Pahor alla LEG per raccontare la profezia dell'arte

Gorizia – Dalla sua lectio magistralis a èStoria a un libro, edito dalla Libreria Editrice Goriziana: l'intervento del celebre critico Vittorio Sgarbi nel 2012 sulla valenza profetica dell'arte è stato trasportato sulla cartcon il titolo “Arte e profezia”,  dopo il successo che aveva ottenuto in quell'edizione del festival.

A presentare l'opera, curata da Adriano Ossola, direttore artistico di èStoria, è giunto nel capoluogo isontino il discusso intellettuale natio di Ferrara nella mattina di domenica 29 novembre. Con lui, di fronte a una LEG in Corso Verdi gremita dal pubblico, c'era lo scrittore italo-sloveno Boris Pahor e l'amica Tatiana Rojc, intervistatrice per l'occasione.

Il libro, ha chiarito subito Sgarbi (arrivato peraltro con mezz'ora di ritardo), non nasce da una sua idea bensì da Ossola, il quale dopo un lungo “corteggiamento” ha convinto l'autore a firmare la pubblicazione. Da qui una condita e in fondo inutile parentesi sulla controversia per l'editore con la sorella, ex direttrice editoriale alla Bompiani, con cui Sgarbi ha pubblicato diversi volumi, e risolta dopo la sua uscita da questa.

Molto più profondo e interessante il suo discorso sul valore profetico che ha l'arte, da Giotto fino all'inizio di questo terzo millenio, al centro del libro appena pubblicato. Ad ogni inizio secolo, ha spiegato l'ospite, corrispondono dei nomi che segneranno e prevederanno gli scenari futuri: Michelangelo, Caravaggio, Boccioni e altri grandi nomi via dicendo. Tutti nei primi quindici anni, ha continuato.

La visione di Pahor, controparte del critico in questo discorso, è diversa: per lui profetico fu solo Caravaggio, che rappresentò l'uomo come spezzettato e distrutto, ossia il risultato dei campi di concentramento che lui visse in prima persona. L'ammirazione per il pittore catalano non è condivisa dal ferrarese, tutt'altro, ma ha spiegato la diversità di opinioni con lo scrittore con il fatto che lui non ha visto in faccia nessuna guerra: può quindi solo pensare al bello, mentre Pahor è rimasto al male.

Tra i diversi temi toccati dall'incontro, anche quello legato all'arte contemporanea. Che non riguarda l'uomo o non più di tanto, ha spiegato Sgarbi, e per questo non lascia un segno in chi la guarda. E spazio anche alle donne, vere artefici del nuovo “diritto alla creatività” e sostenute strenuamente dal centenario scrittore; il critico d'arte, più giovane ma più vecchio mentalmente (per sua stessa ammissione), auspica ironicamente invece un ministero per la Pari Opportunità per i maschi.

La profonda e stimolante conversazione tra questi due intellettuali ha gettato una nuova luce sull'arte dei grandi maestri, che si è riscoperta voce imprescendibile nonostante i secoli per comprendere l'animo umano. Due punti di vista che si sono completati a vicenda, sperando di riascoltarli insieme nelle prossime edizioni di èStoria.

(Foto di Sconfinare)

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