Un'Italia che non ha mai dimenticato il fascismo raccontata da Tommaso Cerno a LibrINsieme
- Dettagli
- Categoria: Libri
- Pubblicato Lunedì, 30 Novembre 2015 11:26
- Scritto da Timothy Dissegna
- Visite: 738
Udine – Ieri come oggi, l'Italia non riesce a staccarsi dal suo fantasma fascista: è questo il succo iperconcentrato del discorso del nuovo libro di Tommaso Cerno, direttore del Messaggero Veneto, “A noi!” (Rizzoli). Uscito in questi giorni, è stato presentato ieri pomeriggio alle 17 a LibrINsieme, all'interno di Idea Natale alla Fiera di Udine, davanti a un attentissimo pubblico.
Intervistato da Marco Pacini del Piccolo, quest'ultimo fin da subito ha individuato la doppia tesi del saggio (il popolo italiano è “geneticamente” fascista e il fascismo fu un fenomeno per i nostri vizi) e l'autore l'ha spiegata attraverso numerosi salti avanti e indietro nel tempo. Perché quello che siamo oggi è strettamente legato al ventennio di Mussolini, a partire dal suo stesso sistemaa politico.
Vedere il nostro Paese, infatti, come smacchiato dall'ideologia del fascio è “un errore prospettico”, ha spiegato Cerno: la creazione della repubblica fu allora un meccanismo per scacciare il passato rimanendovi ancora legati. Tant'è che quel modello permise a un singolo partito di governare due volte e mezzo il tempo del Duce e questo fu possibile perché “gli uomini della Prima Repubblica erano più forti di Mussolini: hanno creato un sistema più forte del fascismo”, ha continuato il giornalista.
C'è un altro filo rosso che lega i capi politici che si sono susseguiti, da Mussolini a Renzi: nessuno è stato uno statista, ha precisato l'ospite, se non riconosciuto come tale post-mortem in un'aurea di sacralità (De Gasperi) o per la sua fine violenta (Berlinguer). La differenza tra capo e statista è facile: il primo porta il popolo nella mani di un altro politico, l'altro nel futuro. E quest'ultima cosa fu possibile solo grazie alla guerra.
Un'altra inquietante assonanza con il presente è la caduta del Duce: tradito dai suoi ex fedelissimi e ingannato perfino dal Re, così come è caduto Prodi per mano della sua stessa coalizione politica. Mentre quella di Berlusconi è diversa: non per gli scandali sessuali, bensì perché quell'Italia della crescita che lui aveva portato non c'era più e gli elettori non potevano più ricevere nulla in cambio da lui.
I discorsi del giornalista, ferventi e chiari nei propri rimandi storici, hanno poi guardato all'incapacità degli italiani di andare oltre il Ventennio. Aprendo quel lucchetto che chiude da decenni il balcone del palazzo di piazza Venezia, quello da cui il Duce si affacciava: i politici non fanno altro che consegnarsi l'un l'altro quelle chiavi, perché altrimenti capiremmo subito che non abbiamo mai fatto veramente i conti con quel periodo. E su ciò, ha continuato Cerno, “pesa l'assenza di una Norimberga italiana”.
Nelle ultime battute di quella che non è stata solo una presentazione ma una vera e propria lezione di Storia, trova spazio anche gli estremisti delle destre attuali. Ma per il direttore “Salvini non è un estremista”, venendo infatti dalle correnti più miti della Lega Nord: si capisce dove sta per ciò che indossa, come le felpe con il nome della città, anziché da un preciso linguaggio com'era per Bossi.
“A noi!” potrebbe essere veramente un bel regalo da far trovare sotto l'albero, ma ancora di più dovrebbe essere l'inizio di una nuova fase per tutto il Paese: capire finalmente cosa si nasconde dietro i comportamenti nostri e della politica è l'unica via per poter affrontare il presente. Senza il controllo indiscriminato di “anti-fascisti fascistodi”, Cerno docet.
(Foto Messaggero Veneto)