In Friuli Venezia Giulia una rete di Associazioni per il carcere
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- Categoria: Uomini e diritti
- Pubblicato Mercoledì, 30 Ottobre 2013 22:38
- Scritto da Chiara Obit
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Trieste - Già da diversi anni è attiva la “Conferenza Regionale Volontariato Giustizia”, una rete nata fra le principali associazioni della Regione che sono impegnate quotidianamente in esperienze di volontariato all’interno e all’esterno degli istituti penitenziari.
Nella Conferenza è rappresentata tutta la Regione: Trieste con la Comunità di San Martino al Campo; Gorizia con la Comunità Arcobaleno; Udine con l’Associazione Icaro, la Società San Vincenzo e l’Associazione Speranza; Pordenone con l’Associazione Carcere e Comunità e con la Società San Vincenzo.
Lo scopo della Conferenza regionale – che è una articolazione a livello locale della Conferenza nazionale volontariato giustizia – è quello di affrontare le tematiche che hanno a che vedere con la realtà della reclusione e dell’esclusione sociale.
A livello regionale la Conferenza vuole porsi l’ambizioso e difficile obiettivo di portare il carcere “fuori” dalla sua realtà istituzionale per far conoscere all’esterno le problematiche relative a questo mondo e anche le risorse - forse ancora non molto visibili - presenti nel nostro territorio.
In questo periodo l’attenzione è focalizzata sul tema della salute delle persone ristrette nelle strutture penitenziarie dove - in sinergia con i Garanti dei detenuti di Trieste, Udine e Gorizia - sta mettendo in atto un’opera di sensibilizzazione nei confronti dell’Amministrazione regionale per il passaggio della gestione sanitaria dal Ministero della Giustizia alle Aziende Sanitarie regionali.
A livello nazionale, infatti, la nostra regione è una delle poche in cui non trova ancora applicazione la riforma della sanità penitenziaria, così come disposto dal D.P.C.M. 1° aprile 2008. Sempre in tale ambito, la Conferenza vuole sollecitare la presa in carico da parte delle Aziende sanitarie della regione delle persone ristrette negli Ospedali psichiatrico giudiziari, in previsione della loro chiusura.
Un altro obiettivo della Conferenza è quello di favorire l’applicazione delle misure alternative facendo in modo che anche a livello regionale vengano emanati provvedimenti che prevedano attività mirate di pubblica utilità per le persone detenute, attività indispensabili per il loro reinserimento sociale in un’ottica di giustizia riparativa.
Molte risorse e tanta energia vengono messe in campo dalle Associazioni aderenti per cercare di accorciare la distanza tra quei luoghi dimenticati e rimossi che sono gli istituti carcerari e la Società che continua a considerarli dei “non luoghi”, spazi senza diritti e senza speranze.
Chiara Obit
Conferenza Regionale Volontariato Giustizia - FVG
Detenzione e genitorialità: un progetto promosso in regione da associazionismo ed istituzioni
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- Pubblicato Sabato, 12 Ottobre 2013 12:27
- Scritto da Corinna Opara
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Trieste - La vita carceraria, costretta in un istituto che per alcuni aspetti è totalizzante, fa emergere elementi della quotidianità vissuti da chi sta fuori forse senza piena consapevolezza. La paternità e la maternità è una di queste.
Chi finisce in carcere rischia di diventare un genitore “dimezzato" e "continuamente a rischio di vedersi negato il suo ruolo", ha raccontato alla rivista “Vita.it” Ornella Favero, volontaria e direttrice del giornale “Ristretti Orizzonti” della Casa di Reclusione di Padova, citando a sua volta l'esperienza di una persona detenuta della casa di reclusione di Fossano.
A Cagliari — e crediamo non sia un caso isolato — la revoca della patria potestà da parte del Tribunale dei minori a una persona detenuta (decisa benché non vi fossero gli elementi per una grave violazione dei doveri genitoriali) hanno gettato il padre in uno stato di grave prostrazione.
Ma non serve andare così lontano: anche a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia ci sono molti padri e madri in stato di detenzione costretti a confrontarsi giornalmente col dover portare avanti il rapporto con i propri figli.
In questo contesto si inserisce “Detenuti e genitorialità”, progetto promosso dall'associazione @uxilia Onlus, con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con la Casa Circondariale di Trieste.
Un progetto che dà la possibilità a tre genitori detenuti di parlare virtualmente — tramite il programma Voip Skype — con i docenti dei figli minori in occasione dei colloqui semestrali. Un'esperienza positiva, un piccolo approccio a quella normalità a cui chi deve scontare una pena in carcere deve mirare e a cui lo stesso sistema carcerario, attraverso i suoi programmi rieducativi e di reinserimento sociale, dovrebbe aspirare. Un'esperienza rinnovata per la seconda volta dopo i risultati dell'anno scorso e che ha proprio l'obiettivo di creare un'azione a sostegno della relazione genitore-figlio.
"Non potendo avere la gioia di stare loro vicino — racconta una mamma detenuta attraverso una testimonianza scritta —, mi ha fatto sentire importante e partecipe sapere che i miei figli sono bravi, educati e disciplinati. Mi sono sentita presente. (…) Io R., io mamma, mi auguro di riscattarmi per avere la possibilità finora negata per dimostrare di essere capace e responsabile".
E se dal di fuori può stupire l'esiguo numero di partecipanti per il nuovo anno, va detto che la possibilità di colloquiare con i docenti è frutto di un grosso lavoro che coinvolge non solo le realtà promotrici e l'area educativa della Casa Circondariale, ma anche l'Ufficio scolastico regionale e le stesse famiglie, in cui entrambi i coniugi devono aderire in comune accordo e il genitore in carcere deve essere ancora titolare della patria potestà.
Corinna Opara
Conferenza Regionale Volontariato Giustizia FVG
Prevenire è meglio che curare: la “Voce nel silenzio” affronta il tema delle dipendenze
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- Pubblicato Domenica, 06 Ottobre 2013 14:44
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Udine - La “Voce nel silenzio” è un giornale che viene realizzato con la collaborazione delle persone detenute della Casa Circondariale di Udine e l’Associazione Icaro, che si propone il sostegno alle persone detenute in collaborazione con i servizi sociali, la promozione di convegni sul reinserimento sociale delle persone detenute e l'attenzione alle vittime del reato e ai temi della legalità. Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota che ci giunge dalla “Voce nel silenzio”.
Nella nostra “redazione ristretta”, composta tutta da dilettanti del giornalismo, molti sono gli argomenti che affrontiamo, molti anche gli “sfoghi” che non sempre rispettano le due regole fondamentali della nostra redazione: evitare i vittimismi ed i paternalismi possibilmente consapevoli delle proprie responsabilità; evitare di affrontare situazioni personali per tutelare le vicende giudiziarie di ciascuno.
Non sempre riusciamo a rispettare queste due regole ed inevitabilmente si parla del carcere, del proprio vissuto, delle misure alternative, delle aspettative di libertà alla luce della pena da espiare, delle speranze per i possibili provvedimenti clemenziali… Le storie personali che affiorano molto spesso ci aiutano a scrivere la riflessione che poi intendiamo spedire al giornale.
Solitamente ci si confronta su un determinato argomento, su una storia, in modo libero, a volte anche “conflittuale”, e quindi un componente della redazione si incarica di scrivere una bozza che viene analizzata e corretta collegialmente.
A questo proposito non sono poche le perplessità di come rivolgersi ai lettori del giornale, all’opinione pubblica, per temi non poco delicati e che a fatica tengono assieme “ragione ed emozione” in quanto investono storie personali, condannati e vittime.
Uno dei temi su cui recentemente ci siamo confrontati nel nostro venerdì redazionale, è stato quello della differenza tra l’alcol e le cosiddette “droghe”, alla luce di un reato commesso da un componente della nostra redazione in stato di ebbrezza alcolica.
La differenza, peraltro scontata, tra la bevanda alcolica e la sostanza stupefacente è l’uso legale della prima e quello illegale della seconda, ritenendo che quest’ultima sia fortemente nociva alla salute.
Siamo invece ormai consapevoli che il fumo, l’alcol sono alquanto lesivi per la nostra salute, magari nel lungo periodo, eppure questi “dolori” li possiamo acquistare sotto casa.
Molte patologie, è inutile ricordarlo, sono correlate all’uso e all’abuso di queste sostanze anche se quest’ultime rimangono spesso in secondo piano come causa della patologia.
Tra l’altro, entrambe, possono essere causa di comportamenti illegali che avvengono nella condizione di “incapacità di intendere e di volere”, o semplicemente per scarsa lucidità. Si pensi ai molti incidenti stradali, agli infortuni sul lavoro, ai litigi che sfociano poi in risse, in atti, a volte, non consapevoli.
Si tratta di riprendere una riflessione profonda sulla prevenzione, soprattutto primaria, e rivolta alle nuove generazioni, per evitare l’abuso delle sostanze, senza dimenticare quella secondaria e terziaria, ovvero la cura e la riabilitazione in caso di dipendenza.
Anche in questo istituto, ad esempio, è presente un Club di alcolisti in trattamento che, oltre alla sua attività settimanale, promuove ogni anno un interclub all’interno dell’istituto, quest’anno vedrà anche la partecipazione dei familiari. Si pensi poi ai percorsi avviati, nella logica della giustizia riparativa, dei lavori di pubblica utilità in sostituzione delle sanzioni pecuniarie comminate per guida in stato di ebbrezza.
Certamente è auspicabile che la cura e la riabilitazione possano essere limitati con strategie preventive diffuse, riprendendo quel moto sintetico ma alquanto efficace: “Meglio prevenire che curare!”. Forse anche gli istituti penitenziari sarebbero meno sovraffollati… ed il ricorso al carcere sarebbe limitato a situazioni estreme. La società tutta ne guadagnerebbe!
La Redazione della Voce nel silenzio
(Conferenza Regionale Volontariato Giustizia - FVG)
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