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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Centro identificazione ed espulsione di Gradisca, l'onorevole Manconi: "non può rimanere aperto"

Centro identificazione ed espulsione di Gradisca, l'onorevole Manconi:

Gradisca d'Isonzo (Go) - Si incontrano martedì 17 settembre negli uffici della Provincia di Gorizia don Alberto De Nadai, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, assieme a rappresentanti dell'Associazione studi giuridici per l'immigrazione e dell'Associazione Tenda per la Pace e i Diritti di Staranzano.

Obiettivo: profilare un progetto da portare avanti all'interno del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) per immigrati irregolari di Gradisca d'Isonzo.

Il tutto in attesa del permesso, da parte della Prefettura di Gorizia, di accedere alla struttura ubicata assieme al Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) nell'ex caserma Polonio e proprio a qualche giorno dalla visita al Cie da parte del senatore Pd Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.

Una visita, quella di martedì 10 settembre, dal responso piuttosto lapidario: "in queste condizioni il Cie non può rimanere aperto", ha affermato il parlamentare, sottolineando la natura personale del commento e preannunciando il suo ritorno tra tre mesi, periodo entro il quale la Prefettura dovrà risolvere tutte le criticità evidenziate nel sopralluogo.

"I Cie sono in tutta Italia un sistema gravemente deficitario, inutilmente dispendioso e soprattutto gravemente critico sotto il profilo della tutela dei diritti umani. Quello di Gradisca, con la visita di oggi, abbiamo constatato essere in condizioni più critiche di altri che abbiamo visitato".

Così ha esordito il senatore appena uscito dall'alto muro grigio che cela il Centro agli sguardi esterni. Sul cemento ancora le scritte rosse plurilingui che inneggiano alla libertà degli attuali 44 "ospiti": un retaggio della manifestazioni di agosto, in cui cittadini e associazioni hanno protestato assieme ai trattenuti saliti sui tetti.

Tra i principali motivi di reclamo, l'impossibilità di utilizzare telefoni cellulari nonostante la legge lo permetta (ora è consentito, come già prima negli altri Cie italiani), l'assenza di spazi comuni (tra i quali la mensa) e un periodo di trattenimento (ricordiamo che le persone chiuse in queste strutture non sono detenuti, ma scontano una pena amministrativa) eccessivamente lungo (fino a 18 mesi) prima di ottenere l'espulsione.

"Personalmente - ha continuato Manconi - proporrò alla commissione di elaborare una mozione che chieda la chiusura di questo Cie perché nelle condizioni attuali non è in grado di funzionare rispetto ai suoi scopi e perché abbiamo visto violati i diritti umani delle persone che qui sono trattenute".

Per la Prefettura goriziana si prospettano settimane di riunioni per individuare gli interventi utili a risolvere le principali criticità, anche se - è il commento della viceprefetto vicario Gloria Sandra Allegretto, presente martedì assieme alla prefetto Maria Augusta Marrosu - nodo cruciale è reperire i fondi da Roma.

Nel frattempo si continua a lavorare sul territorio: tra i principali ordini del giorno previsti per l'incontro di martedì in Provincia di Gorizia c'è la programmazione delle attività da svolgere all'interno del Cie per rendere più umano e vivibile il periodo di permanenza all'interno della struttura.

Corinna Opara
Conferenza regionale volontariato giustizia - Fvg

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