Gorizia, Udine, Pordenone, Trieste e Tolmezzo: le carceri della regione in sovraffollamento cronico
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- Pubblicato Mercoledì, 25 Settembre 2013 22:06
- Scritto da Chiara Obit
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Trieste - Il tema del sovraffollamento delle carceri, nella sua persistenza, rischia di scivolare nella normalità. Non sono, certamente, i freddi numeri a dare l’idea di cosa significhi vivere in dieci in uno spazio strutturato per quattro persone. Dover stare sdraiati nella branda perché è impossibile muoversi tutti contemporaneamente nella cella. Condividere uno spazio che nega ogni possibilità di ritagliarsi un adeguato spazio personale.
I numeri possono solo attestare che, nonostante il fenomeno sia evidente da molti anni, sinora non si è fatto nulla per risolverlo. Anche gli effetti del recente decreto convertito in legge, enfaticamente chiamato svuota-carceri, dovranno essere verificati nel concreto. Ma non sembra essere destinato ad avere nessun impatto significativo sulla realtà delle presenze nelle carceri italiane.
Gli Istituti penitenziari della nostra regione non si trovano una situazione diversa rispetto alla realtà del Paese. Ogni mese il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria pubblica sul sito del Ministero della Giustizia i dati delle presenze nelle carceri italiane. Nel nostro territorio sono presenti cinque Istituti penitenziari (Gorizia, Udine, Pordenone, Trieste e Tolmezzo).
A Tolmezzo si trova l’unico carcere del Friuli dove si applica il 41 bis, il cosiddetto, carcere duro, e vi sono anche detenuti in regime di alta sorveglianza. La capienza massima delle carceri regionali dichiarata dal Ministero della Giustizia è di 548 detenuti. A fine agosto ne erano presenti 827.
Significa che 279 persone vivono in spazi dichiarati insufficienti. Del totale dei detenuti, 25 sono donne (nel carcere di Trieste: l’unico, dove è attiva una sezione femminile) e 450 sono stranieri (più della metà). Qual è la situazione nelle singole carceri?
I dati mettono in luce una situazione molto critica soprattutto nella Casa Circondariale di Trieste, dove la capienza regolamentare è di 155 unità mentre le presenze (i dati sono del 30 giugno) erano 238, nel Carcere di Tolmezzo con una capienza di 148 unità e 278 detenuti (il 90% in più).
Nella Casa Circondariale di Udine il numero di detenuti ospitati, sempre al 30 giugno, era di 206 rispetto ai 112 posti regolamentari. Un po’ diversi i dati per il carcere di Pordenone dove, rispetto ad una capienza di 53 posti, c’erano 86 detenuti e, soprattutto, a Gorizia dove erano presenti 24 persone in una struttura che ne potrebbe contenere 80. In questo caso, però, la circostanza è chiarita dai lavori di ristrutturazione interna iniziati quest’estate.
Questi i dati. Ai quali deve essere aggiunta la altrettanto cronica carenza del personale della polizia penitenziaria. In un contesto simile come si può pensare di dare attuazione all’articolo 27 della nostra Costituzione: "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato"?
Chiara Obit
(Conferenza Regionale Volontariato Giustizia - FVG)
Diritti delle persone private della libertà personale: i garanti chiedono maggiori tutele
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- Pubblicato Mercoledì, 18 Settembre 2013 16:11
- Scritto da Giorgio Pilastro
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Gorizia - Con la nomina nello scorso giugno di don Alberto Denadai per la Provincia di Gorizia, sono attualmente tre nella Regione i “Garanti per i diritti delle persone private della libertà personale”. Assieme a don Denadai, questo incarico è ricoperto dalla dott.ssa Rosanna Palci per il Comune di Trieste e dal dott. Maurizio Battistutta per il Comune di Udine.
La figura del Garante, come si legge nel primo articolo del regolamento relativo alla Provincia di Gorizia, “[…] definisce e propone interventi ed azioni finalizzate a promuovere il reale rispetto dei diritti fondamentali delle persone sottoposte a detenzione ovvero a misure limitative nella libertà personale”.
I tre Garanti si sono recentemente incontrati per fare il punto sulla situazione carceraria regionale. Preso atto della drammaticità del sovraffollamento di tutte le sedi e della cronica carenza di personale, hanno voluto evidenziare la problematica che attualmente - a loro avviso - esprime la maggiore criticità: l’area sanitaria, nella quale mancano “risorse, beni strumentali, personale e coordinamento col territorio”.
Secondo i Garanti, chi opera nelle carceri quotidianamente sta offrendo “il massimo di sé in condizioni precarie e molto spesso in mancanza di condizioni minime per poter offrire un servizio professionalmente adeguato”. Carenze che ricadono sulle persone detenute.
In questo senso hanno ribadito che non è più dilazionabile il passaggio della medicina penitenziaria al Sistema Sanitario Regionale (attualmente è di competenza del Ministero di Giustizia). Un passaggio, tra l’altro, previsto da una Legge del 2008: la nostra Regione è la sola che sinora non ha dato seguito a questo obbligo legislativo.
Hanno, pertanto, chiesto ed ottenuto un incontro urgente con il Presidente della Commissione Regionale Tutela Salute, dott. Franco Rotelli. Alla riunione ha presenziato anche l’Assessore regionale della Salute, dr.ssa Maria Sandra Telesca la quale ha comunicato che il lavoro propedeutico al passaggio delle competenze sanitarie carcerarie alla Regione è stato ultimato e la conclusione dell’iter organizzativo dovrebbe essere completata nei primi mesi del prossimo anno.
L’incontro – come riferito dai Garanti - è stato, inoltre, l’occasione per indicare all’assessore alcuni possibili interventi da parte delle strutture regionali in tema di esigenze carcerarie. In particolare, è stato chiesto un incremento delle borse di formazione-lavoro per impostare dei programmi di misure alternative alla pena (non sempre praticabili per mancanza di lavoro e di opportunità risocializzanti). E’ stata segnalata la possibilità di riaprire una casa di accoglienza nell’Isontino per detenuti in attesa di giudizio o per pene molto miti (struttura attualmente chiusa perché richiede dei lavori di adeguamento).
In tema di tutele e coordinamento delle attività di sostegno ai detenuti sono state rilanciate due proposte: l’istituzione di un Garante dei detenuti regionale che conosca il contesto penitenziario e faccia da trait d’union per tutte le strutture penitenziarie e l’insediamento della Commissione Regionale Devianza e Disadattamento per monitorare le esigenze del territorio.
Infine, è stato toccato un tema particolarmente sensibile, segnalando l’esigenza di evitare, ove possibile, la detenzione a madri con figli di età inferiore ai tre anni (attualmente vengono trasferite a Venezia, unica struttura abilitata nel Triveneto) attraverso convenzioni con enti o associazioni idonei ad accogliere le detenute in strutture alternative al carcere.
Giorgio Pilastro
(Conferenza Regionale Volontariato Giustizia)
Centro identificazione ed espulsione di Gradisca, l'onorevole Manconi: "non può rimanere aperto"
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- Pubblicato Lunedì, 16 Settembre 2013 23:14
- Scritto da Corinna Opara
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Gradisca d'Isonzo (Go) - Si incontrano martedì 17 settembre negli uffici della Provincia di Gorizia don Alberto De Nadai, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, assieme a rappresentanti dell'Associazione studi giuridici per l'immigrazione e dell'Associazione Tenda per la Pace e i Diritti di Staranzano.
Obiettivo: profilare un progetto da portare avanti all'interno del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) per immigrati irregolari di Gradisca d'Isonzo.
Il tutto in attesa del permesso, da parte della Prefettura di Gorizia, di accedere alla struttura ubicata assieme al Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) nell'ex caserma Polonio e proprio a qualche giorno dalla visita al Cie da parte del senatore Pd Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.
Una visita, quella di martedì 10 settembre, dal responso piuttosto lapidario: "in queste condizioni il Cie non può rimanere aperto", ha affermato il parlamentare, sottolineando la natura personale del commento e preannunciando il suo ritorno tra tre mesi, periodo entro il quale la Prefettura dovrà risolvere tutte le criticità evidenziate nel sopralluogo.
"I Cie sono in tutta Italia un sistema gravemente deficitario, inutilmente dispendioso e soprattutto gravemente critico sotto il profilo della tutela dei diritti umani. Quello di Gradisca, con la visita di oggi, abbiamo constatato essere in condizioni più critiche di altri che abbiamo visitato".
Così ha esordito il senatore appena uscito dall'alto muro grigio che cela il Centro agli sguardi esterni. Sul cemento ancora le scritte rosse plurilingui che inneggiano alla libertà degli attuali 44 "ospiti": un retaggio della manifestazioni di agosto, in cui cittadini e associazioni hanno protestato assieme ai trattenuti saliti sui tetti.
Tra i principali motivi di reclamo, l'impossibilità di utilizzare telefoni cellulari nonostante la legge lo permetta (ora è consentito, come già prima negli altri Cie italiani), l'assenza di spazi comuni (tra i quali la mensa) e un periodo di trattenimento (ricordiamo che le persone chiuse in queste strutture non sono detenuti, ma scontano una pena amministrativa) eccessivamente lungo (fino a 18 mesi) prima di ottenere l'espulsione.
"Personalmente - ha continuato Manconi - proporrò alla commissione di elaborare una mozione che chieda la chiusura di questo Cie perché nelle condizioni attuali non è in grado di funzionare rispetto ai suoi scopi e perché abbiamo visto violati i diritti umani delle persone che qui sono trattenute".
Per la Prefettura goriziana si prospettano settimane di riunioni per individuare gli interventi utili a risolvere le principali criticità, anche se - è il commento della viceprefetto vicario Gloria Sandra Allegretto, presente martedì assieme alla prefetto Maria Augusta Marrosu - nodo cruciale è reperire i fondi da Roma.
Nel frattempo si continua a lavorare sul territorio: tra i principali ordini del giorno previsti per l'incontro di martedì in Provincia di Gorizia c'è la programmazione delle attività da svolgere all'interno del Cie per rendere più umano e vivibile il periodo di permanenza all'interno della struttura.
Corinna Opara
Conferenza regionale volontariato giustizia - Fvg
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