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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Politica

40° del terremoto: oltre 100 eventi in Regione con il titolo "1976-2016, identità e rinascita"

40° del terremoto: oltre 100 eventi in Regione con il titolo

Udine - Con il titolo "1976-2016, identità e rinascita" la Regione Friuli Venezia Giulia ha promosso più di 100 eventi per commemorare a 40 anni di distanza il terremoto che sconvolse gran parte del Friuli la sera del 6 maggio 1976 per poi riprendere, drammaticamente, nel successivo mese di settembre.

Il programma è stato presentato il 29 marzo a Udine, alla presenza della governatrice Debora Serracchiani, del presidente del Consiglio regionale Franco Iacop (nella foto ARC Montenero) e del presidente dell'Associazione Comuni Terremotati Fabio Di Bernardo.

Momento fondamentale delle commemorazioni sarà il 6 maggio prossimo, quando giungerà in regione il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, secondo un programma che il Quirinale dovrà definire.

Le iniziative animeranno l'intera area terremotata e non solo, in un arco di circa nove mesi, nel corso dei quali si legheranno il ricordo e la memoria, la prevenzione, l'organizzazione dell'emergenza, la preparazione e la prevenzione, l'accoglimento e la solidarietà "per declinare il modello Friuli di ricostruzione e rinascita dalla macerie del sisma nell'attualità e interpretarlo nel futuro, investendo sulla formazione e sulla prevenzione" come sottolineato dalla presidente Debora Serracchiani.

"Un modello Friuli - ha rimarcato la presidente - interpretato come modello di autonomia virtuosa, di buona amministrazione, di esercizio degli strumenti di autonomia al servizio della nostra comunità, offrendolo in particolare a quelle generazioni che del terremoto del 1976 poco conoscono, ricordando loro l'essenza valoriale ed etica propria di quel modello".

Grazie al contributo e al lavoro dei sindaci della Ricostruzione e degli Enti locali che subirono i maggiori danni dalle onde sismiche del 1976, il programma di 103 eventi messo a punto della Regione, con in primo piano il Consiglio regionale, la Protezione civile, le direzioni regionali della Cultura e delle Infrastrutture, ma anche con la collaborazione (tra i tanti) dei Vigili del Fuoco, della Diocesi di Udine, dell'Ateneo friulano, può ritenersi "importante, corposo e serio", come ha evidenziato Di Bernardo.

Il tutto grazie all'intervento finanziario della Regione per complessivi 600.000,00 euro, di cui una parte, ha evidenziato Serracchiani, dovrebbe giungere anche dal Governo nazionale.

Tra i tanti eventi si segnala in particolare (in chiave di prevenzione e formazione) l'avvio a Portis Vecchio di Venzone della Scuola internazionale di formazione in materia di gestione della risposta in emergenza, con il coinvolgimento dell'Università di Udine e del Corpo dei Vigili del Fuoco, nonché (tra il 12 e il 18 settembre) una settimana di esercitazioni testando il sistema integrato di risposta in emergenza sismica, con la partecipazione di Veneto, Trento, Bolzano, Austria, Slovenia e Croazia.

Numerosi poi gli appuntamenti storico-culturali. Tra gli altri, il concerto dell'Orchestra accademica di Berlino a Gemona il 7 maggio e la mostra "Memorie. Arte, immagini e parole del terremoto in Friuli", accanto alla realizzazione di una nuova Sala multimediale al Museo Tiere Motus di Venzone, un percorso di rivisitazione dinamica del terremoto all'ex Cinema Odeon di Udine e il completamento e valorizzazione del Castello di Colloredo di Monte Albano, che sarà ultimato definitivamente nel 2018.

Infine, il 3 maggio prossimo, a Roma, alla Camera dei Deputati, sarà presentato alla presidente Laura Boldrini il videodocumentario "Resuri", realizzato dalle Produzioni televisive dell'Agenzia di stampa della Regione con la collaborazione della Rai.

I genitori di Giulio Regeni in conferenza stampa al Senato: richiesta "risposta forte" da Governo italiano

I genitori di Giulio Regeni in conferenza stampa al Senato: richiesta

Roma - In vista dell'incontro tra inquirenti italiani ed egiziani nella capitale italiana il 5 aprile prossimo, il senatore Luigi Manconi (PD), Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, ha tenuto martedì 29 marzo una conferenza stampa in Senato alla quale erano presenti i genitori di Giulio Regeni, assieme ai legali avv. Alessandra Ballerini e Gianluca Vitale e al portavoce di Amnesty international Italia Riccardo Noury.

La signora Paola Regeni ha detto che "Se il 5 aprile sarà una giornata vuota confidiamo in una risposta forte del nostro Governo. Forte ma molto forte. È dal 25 gennaio che attendiamo una risposta su Giulio".

"In obitorio ho riconosciuto Giulio solo dalla punta del naso, non vi dico quel che gli hanno fatto". Così Paola Regeni ha descritto le condizioni del figlio dopo aver visto la salma all'istituto di medicina legale. "Su quel viso ho visto tutto il male del mondo e mi sono chiesta perché tutto il male del mondo si è riversato su di lui" ha aggiunto.

La madre del ricercatore ha poi affermato che quello di Giulio non è un caso isolato. "Se ci riferiamo a quel che è accaduto, e cioè alle torture subite da un cittadino italiano, allora è probabilmente un caso isolato. Ma altrimenti non lo è affatto poiché gli stessi amici di Giulio, la parte amica dell'Egitto, ci hanno detto che lo hanno torturato e ucciso come un egiziano". La morte di Giulio, ha concluso la signora Paola Regeni "non è dovuta al morbillo o alla varicella. Forse le sue idee non piacevano?".

"Abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni e andremo avanti con loro, ma crediamo che un richiamo forte sia necessario se non arriveranno risposte concrete". Così il padre di Giulio, il signor Claudio Regeni, ha risposto ad una domanda su quale debba essere l'atteggiamento del governo italiano qualora continuassero i depistaggi e la mancanza di risposte da parte delle autorità egiziane che indagano sulla morte del figlio.

"Credo che le proposte avanzate dal senatore Manconi siano la risposta giusta in mancanza di collaborazione" ha aggiunto il padre del ricercatore ricordando che "non abbiamo mai avuto la sensazione che il governo egiziano voglia collaborare seriamente" alla ricerca della verità.

Claudio Regeni ha poi ribadito che Giulio non era una spia - "avevamo contatti frequenti e profondi, ci raccontava tutto dei suoi rapporti al Cairo e niente lasciava minimamente pensare che lavorasse con i servizi" - e che quando è partito dall'Italia per tornare al Cairo era "sereno, contento e tranquillo".

Richiamare l'ambasciatore italiano al Cairo per consultazioni, rivedere le relazioni consolari tra i due paesi, inserire l'Egitto nell'elenco dei paesi non sicuri dell'unità di crisi della Farnesina. Sono le proposte del senatore Luigi Manconi lanciate nel corso della conferenza stampa e che hanno trovato l'appoggio della famiglia del ricercatore torturato e ucciso.

"La famiglia - ha detto Manconi - ha una fiducia forte nei confronti del procuratore Pignatone e dell'operato degli investigatori. Ma bisogna operare con più forza". Per questo il governo dovrebbe "porre la questione dei richiamo, non del ritiro, del nostro ambasciatore per consultazioni. Un gesto non solo simbolico per far comprendere come il nostro paese segue il caso".

Ed inoltre, ha aggiunto, "penso sia necessario considerare la revisione delle relazioni diplomatico-consolari tra i due paesi, mettendo in conto l'urgenza e l'ineludibilità di altri atti concreti da parte dell'Unità di crisi della Farnesina, che potrebbe dichiarare l'Egitto paese non sicuro".

Procura di Roma: carenti spiegazioni e informazioni della polizia egiziana sulla morte di Giulio Regeni

Procura di Roma: carenti spiegazioni e informazioni della polizia egiziana sulla morte di Giulio Reg

Roma - Inquirenti e investigatori italiani non sono convinti della versione egiziana sulla morte di Giulio Regeni e il 5 aprile a Roma nel programmato incontro con la polizia del Cairo chiederanno di ricostruire ed approfondire l'iter che ha portato i documenti di Giulio Regeni nella disponibilità della persona presso la quale sono stati trovati.

Gli inquirenti hanno inoltre accertato come "non riconducibile" a Regeni lo zainetto mostrato alla tv egiziana.

La moglie e la sorella di Tarek Abdel Fatah, il capobanda dei rapinatori di stranieri, arrestate per favoreggiamento, hanno negato, nel corso dell'interrogatorio, che la gang abbia ucciso Giulio Regeni.

La moglie di Tarek - riferisce la stampa del Cairo - ha detto che il borsone rosso, con alcuni effetti personali di Regeni tra cui il passaporto era arrivato in possesso del marito solo da cinque giorni e lui aveva detto che apparteneva a un suo amico.

La sorella dell'uomo, inoltre, avrebbe riferito che la borsa era stata portata a casa dal fratello "un giorno prima della sua morte", avvenuta giovedì scorso.

"Gli elementi finora comunicati dalla Procura egiziana al team di investigatori italiani presenti al Cairo  - ha affermato il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone - non sono idonei per fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni e per identificare i responsabili dell'omicidio".

La Procura di Roma, aggiunge Pignatone, ritiene quindi "necessario che le indagini proseguano, come del resto si evince dal comunicato appena diramato dal ministero dell'Interno egiziano" e "rimane in attesa che la Procura generale del Cairo trasmetta le informazioni e gli atti, da tempo richiesti e sollecitati, e altri che verranno richiesti al più presto in relazione a quanto prospettato ai nostri investigatori".

I genitori di Giulio Regeni, in una dichiarazione alla stampa, scrivono: "Siamo feriti ed amareggiati dall'ennesimo tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane sulla barbara uccisione di nostro figlio Giulio che, esattamente due mesi fa, veniva rapito al Cairo e poi fatto ritrovare cadavere dopo otto giorni di tortura".

"Siamo certi - aggiungono i genitori di Regeni - della fermezza con la quale saprà reagire il nostro Governo a questa oltraggiosa messa in scena che peraltro è costata la vita a cinque persone, così come sappiamo che le istituzioni, la nostra procura ed i singoli cittadini non ci lasceranno soli a chiedere ed esigere verità". "Lo si deve non solo a Giulio - concludono - ma alla dignità di questo Paese".

Da parte sua il premier Matteo Renzi ha scritto sulla sua newsletter che "L'Italia non si accontenterà di nessuna verità di comodo. Consideriamo un passo in avanti importante il fatto che le autorità egiziane abbiano accettato di collaborare e che i magistrati locali siano in coordinamento con i nostri. Ma proprio per questo potremo fermarci solo davanti alla verità. Non ci servirà a restituire Giulio alla sua vita. Ma lo dobbiamo a quella famiglia. E, se mi permettete, lo dobbiamo a tutti noi e alla nostra dignità".

"Il Governo egiziano si decida a collaborare. Verità chiara e completa sull'assassinio di Giulio Regeni, non ricostruzioni inverosimili". Così la vicesegretaria del Pd e presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani.

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