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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Economia

Electrolux: se non si allenta il blocco, da lunedì 10 febbraio tutti a casa

Pordenone - Electrolux, i lavoratori di Porcia saranno messi in libertà a partire da lunedì 10 febbraio. 
 
Vista la prosecuzione del blocco delle merci e avendo saturato i magazzini, l’azienda dichiara di non poter proseguire con la produzione.
 
Se le condizioni non dovessero modificarsi, ovvero se il blocco continuerà, non ci sarà alternativa alla messa in libertà.
 
Lavoratori e Rappresentanze sindacali unitarie non ci stanno e hanno già risposto che faranno in modo che l’azienda non si trovi nelle condizioni da poterle consentire questo genere di azione.
 
Per cui, lunedì 10 i lavoratori si presenteranno regolarmente, pronti a occupare i propri posti alle linee di montaggio, e il blocco di allenterà quel tanto da consentire di svuotare una piccola parte del magazzino, liberando spazi dove stoccare le nuove lavatrici che saranno prodotte.
 

Electrolux, allarme dei sindacati su esuberi e salari

Pordenone - I sindacati rilanciano l’allarme su tagli a personale e salari negli stabilimenti italiani dell’Electrolux.
 
Dopo le rassicurazioni arrivate dall’azienda le organizzazioni dei lavoratori tornano a esprimere i loro timori, facendo parlare i numeri che discenderebbero dall’applicazione del piano originario.
 
La Uilm stima una riduzione media dello stipendio di 357 euro lordi al mese per dipendente, che diventerebbero 817 se si aggiungono la perdite causate da una contrazione dell’orario, da 8 a 6 ore. I metalmeccanici della Uil fanno anche i numeri sui possibili esuberi, con 820 eccedenze oltre all’eventuale chiusura di Porcia, che occupa quasi 1.200 persone.
 
Ma sul sito pordenonese il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, rassicura: «’Non chiuderà». Il fronte sindacale sulla vicenda Electrolux mostra ancora una volta di essere unito, dalla Cgil alla Uil, passando per Cisl e Ugl. I rappresentanti ascoltati in commissione Industria al Senato sostengono in coro la necessità di rifinanziare i contratti di solidarietà, che secondo il leader della Fiom potrebbero portare al colosso svedese degli elettrodomestici risparmi superiori ai tre euro l’ora richiesti.
 
La Cisl per ora parla di «elementi di assoluta inaccettabilità nel piano», ma non chiude al confronto, purchè siano evitati «bagni di sangue». E il pericolo riguarderebbe anche lo stabilimento di Susegana (Treviso), che rischia di vedere dirottati gli investimenti verso l’Ungheria. Gli industriali italiani dicono la loro, con il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ritiene come il problema non si possa «risolvere tagliando i salari».
 
E Unindustria di Pordenone vede positivo: probabilmente si è «aperta una breccia» nella linea della «fermezza» sostenuta inizialmente dall’Electrolux. La prossima tappa è fissata per lunedì 10 febbraio, quando il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, terrà un’informativa sulla vertenza a Montecitorio.

Electrolux, mai detto chiusura Porcia. Ridurre il costo del lavoro

FVG - "Mai detto" di voler chiudere lo stabilimento di Porcia. "Nessuna intenzione" di lasciare l'Italia, nessuna proposta di taglio dei salari del 40% né dell'orario di lavoro a 6 ore, ma la richiesta di continuare con lo schema "6+2", cioè 6 ore pagate dall'azienda e 2 ore con i contratti di solidarietà. E soprattutto la richiesta di ridurre il costo del lavoro, in Italia troppo alto, su cui "abbiamo bisogno di aiuto".

Questa la posizione in difesa e poi in attacco di Electrolux nel corso dell'audizione in commissione Industria del Senato. Sull'ipotesi di chiusura dello stabilimento in provincia di Pordenone dove si producono lavatrici, considerato più a rischio, l'amministratore delegato per l'Italia, Ernesto Ferrario, replica: "Non abbiamo mai detto questo. In nessun documento c'è scritto che noi chiudiamo Porcia".

Ma bisogna aspettare il tavolo del 17, già riconvocato al ministero dello Sviluppo economico con tutti i soggetti interessati. "Noi vogliamo vedere prima la proposta esatta dei sindacati e del governo e poi potremo dare una risposta".

Incalzato ancora, quindi, sulla chiusura di Porcia, ripete: "Non c'è scritto in alcun documento". L'ad stamattina ha anche incontrato il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato. Un incontro che viene definito di routine nel corso del quale si è discusso di come mettere a punto i sostegni agli investimenti sull'innovazione. In generale l'ad assicura la volontà della multinazionale svedese degli elettrodomestici di investire in Italia e di presentare un piano industriale per i prossimi 5 anni (da 150-200 milioni), ma avverte anche che in assenza di risposte dal governo e di proposte "concrete" dai sindacati "lo faremo di un anno" e l'anno prossimo si ricomincerà.

E la risposta che l'azienda innanzitutto chiede è sul del costo del lavoro, che rappresenta "la maggiore criticità": "Non vogliamo arrivare al costo del lavoro di Polonia o Romania" ma c'è bisogno di intervenire contro il "costante aumento" in Italia (indicando come possibile un target del 15%).

Che pesa sulla competitività. "Vogliamo restare in Italia, non abbiamo alcuna intenzione di andare via", afferma Ferrario, "ma vogliamo essere sicuri della base competitiva". Il problema, spiega l'azienda, è che negli ultimi anni il baricentro produttivo europeo si è spostato verso i paesi a basso costo e la produzione italiana di elettrodomestici è "crollata del 50%", dimezzata cioè a 15 milioni di pezzi rispetto al picco di 30 milioni del 2003. E fa fatica a reggere la concorrenza.

Quanto ai salari, l'azienda non hai "mai proposto il taglio del 40%. Non c'è un documento" che lo indichi, afferma ancora l'ad attribuendo ai sindacati la colpa di aver "estrapolato" in maniera non corretta questa percentuale. Così come non "abbiamo chiesto di ridurre l'orario di lavoro a 6 ore: non è legalmente né tecnicamente possibile".

Ha invece chiesto di continuare con il "6+2", cioè di poter ricorrere a 2 ore con i contratti di solidarietà (con una parte dunque compensata dagli ammortizzatori sociali): perché, spiega, "il rinnovo della solidarietà non è automatico, va negoziato ogni anno con il governo; la prima scade a marzo 2014". E di agire, quindi, sul costo del lavoro, ribadendo la proposta di ridurre di 3 euro il costo dell'ora lavorata che avrebbe "un impatto immediato del 9% sulla retribuzione netta, quantificabile in 130-150 euro al mese in media, a seconda della posizione, e del 13-14% nell'eventuale triennio successivo per il congelamento degli effetti inflattivi". Ipotesi che, dice l'azienda stessa, potrebbe essere "integrata o sostituita" con proposte, a partire dal governo, per ridurre il costo del lavoro attraverso leve fiscali e contributive.

Il 17 febbraio si è impegnata a presentare il piano industriale anche per Porcia, già invece indicato per Solaro (Milano), Susegana (Treviso) e Forlì. I sindacati chiedono la difesa degli stabilimenti e dei salari: "Chiediamo una proposta credibile", dice il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. "Se dalla proprietà giunge il segnale che il dialogo su Porcia è possibile e aperto, noi saremo in prima fila", afferma il presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani. Mentre il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, torna a dirsi fiducioso della "volontà di trovare una soluzione".

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