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Gio09192024

Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Una “Suite francese” di tutto rispetto

Una “Suite francese” di tutto rispetto

Trieste – Il ritorno dei film francesi li aspettavamo da tempo e nelle sale ancora in questi giorni “Suite Francese”, che bene li rappresenta.

Dall’intenso e drammatico romanzo di Irène Némirovsky, il regista de La Duchessa ha voluto mettere in evidenza soprattutto l’aspetto psicologico dei personaggi che troverà, nel corso del film, il suo culmine negativo in una battuta della sceneggiatura: “Per capire come sono realmente gli uomini, aspetta una guerra”.

1940: Parigi viene occupata dalle truppe tedesche mentre gli abitanti fuggono verso le campagne. In un paesino abita la bella e dolce Lucille (Michelle Williams, interprete di Marylin), che condivide la casa con la suocera, Madame Angellier (Kristin Scott Thomas), e attende notizie del marito dal fronte. I soldati tedeschi arrivano anche lì ed occupano il municipio e le case dei francesi. A casa delle due donne arriva Bruno, un ufficiale con la passione del pianoforte, la stessa che condivide anche la giovane.

Un giorno Lucille scopre che suo marito è stato fatto prigioniero ma la notizia più triste è un’altra ed è scritta su una lettera che lei, amaramente, scopre. I giorni passano, la tristezza e la rabbia di Lucille si acuiscono e sembrano alleviarsi solamente con le note suonate da quel gentile ufficiale che non pare come tutti gli altri. La solitudine, la nostalgia, la meschinità della guerra e la musica li avvicinano fino a farli conoscere, e innamorare. Ma un grave ed inaspettato incidente peggiora, improvvisamente, la situazione loro e di tutto il villaggio.

Successive e rocambolesche vicissitudini porteranno i due a fare delle scelte molto coraggiose che metteranno a repentaglio le loro stesse vite, in nome dell’amore e dell’umanità.

Ottima la direzione degli attori, la sceneggiatura (di cui è co-autore il regista) e l’adattamento per un film riuscito, intenso, rapido come un proiettile e che ha il grande pregio di non cadere nel tranello del buonismo di parte o dei cliché, dosando sapientemente, dall’inizio alla fine, dramma, passione, psicologia e ambiente.

 

Con “L’ultimo lupo” s’inaugura il CinOforum del Cinema Sociale di Gemona

Con “L’ultimo lupo” s’inaugura il CinOforum del Cinema Sociale di Gemona

Gemona (Ud) - In occasione dell’uscita nelle sale italiane dell’ultimo film di Jean-Jacques Annaud, L’ultimo lupo, la Cineteca del Friuli con il Centro Cinofilo “Lupo Nero” di Fagagna dà il via al primo CinOforum del Cinema Sociale di Gemona: una rassegna di film dedicati ai cani, la cui proiezione sarà introdotta e conclusa da un intervento di Daniela Castellani, titolare del “Lupo Nero”. Oltre ad offrire una visione “guidata” dei film, la Castellani, istruttrice cinofila riconosciuta E.N.C.I., specialista in problemi comportamentali dei cani e addestratrice di cani per pet-therapy, approfondirà alcune tematiche volte ad aprire una finestra sul mondo di questi amati compagni di vita.

L'appuntamento inaugurale del CinOforum è per sabato 4 aprile alle ore 21 con la prima proiezione del film di Jean-Jacques Annaud. Ambientato nel periodo della rivoluzione culturale cinese, L’ultimo lupo racconta di Chen Zhen, un giovane studente di Pechino che viene inviato nelle zone interne della Mongolia per insegnare a una tribù nomade di pastori. A contatto con una realtà diversa dalla sua, Chen scopre di avere molto da imparare sulla comunità, sulla libertà e soprattutto sul lupo, la creatura più riverita della steppa. Sedotto dal rapporto che i pastori hanno con questo animale e affascinato dalla sua astuzia e dalla sua forza, Chen un giorno trova un cucciolo e decide di addomesticarlo. Il legame che si crea tra i due sarà minacciato dalla decisione di un ufficiale del governo di eliminare, a qualunque costo, tutti i lupi della regione. Il film è tratto dal romanzo semi-autobiografico di Jiang Rong, Il totem del lupo, che con oltre venti milioni di copie vendute è considerato il secondo libro più letto in Cina dopo il Libretto rosso di Mao.

Un secondo incontro con l’istruttrice Castellani si terrà, sempre in occasione della proiezione del film L'ultimo lupo, domenica 12 aprile alle 17.

InfoCinema: www.cinemateatrosociale.it, tel. 0432 970520 (in orario spettacoli).

Centro Cinofilo “Lupo Nero” di Fagagna, www.centrocinofiloluponero.com, tel. 0432 810705, cell. 334 8614190.

La famiglia Bélier - un film per riflettere con ironia su figli, genitori, adolescenza, handicap, amore e crescita

La famiglia Bélier - Una storia di crescita e distacco, ma con ironia...

TRIESTE - Una modesta fattoria in un paesino della Normandia. Una famiglia in cui la figlia maggiore, Paula, è l'unica ad avere il dono dell'udito e della parola. Una sfida a crescere, ad imparare a comunicare, ad affrontare i propri genitori, a perseguire i propri sogni. Così si presenta il film francese ''La Famiglia Bélier'' del regista Eric Lartigau, in cui si mescolano in un perfetto connubio ironia e serietà, comicità e tenerezza.
 
Questo il registro con cui vengono trattati temi di estrema attualità, quali il rapporto figli-genitori, l'adolescenza, l'handicap, l'amore, l'amicizia, il distacco e la crescita, in cui qualsiasi famiglia può riconoscersi.
 
Un film che non nasconde le difficoltà che deve affrontare la sedicenne Paula (Louane Emera, astro nascente del canto anche nella vita reale, scoperta dal regista nel ''The Voice'' francese ) che rappresenta l'unico tramite tra la famiglia e il resto del mondo e sulla quale gravano diverse responsabilità. Paula si ritrova, oltre a dover frequentare il liceo, ad aiutare la famiglia a gestire la fattoria e a scoprire, così per caso, la sua inclinazione naturale per il canto, che diventa la sua passione. Questo suo dono sarà, al tempo stesso, anche il motivo della rottura con la famiglia. D'altra parte, la famiglia, sicuramente fuori dal comune, fa affidamento sull'aiuto in casa della figlia e dimostra una grande avversione per la sua volontà di abbandonare la fattoria per frequentare una scuola di canto a Parigi.
 
Attraverso la comicità tipica che solo i francesi sono in grado di conferire ad argomenti di una certa rilevanza, si scopre una famiglia che ha fatto del suo handicap la sua forza, attorno ad esso si è impratichita e ha imparato a gestirlo, tanto che ritengono le persone non sordomute antipatiche e fastidiose. Una famiglia che vede la realtà da un punto di vista differente, ma che presenta le stesse ansie e preoccupazioni di qualsiasi altro nucleo familiare. Una famiglia in cui i genitori sono egoisti, ansiosi e anche un po' possessivi nei contronti della figlia maggiore. Questa, invece, si ritrova a dover far fronte ai drammi comuni delgli adolescenti: l'amore liceale, il passaggio all'età adulta, il confronto con l'ostilità dei genitori, la scelta del proprio futuro.
 
L'espediente più forte e toccante dell'intero film è il graduale silenzio che si insinua durante la scena del saggio finale, fino a che non viene percepito nemmeno il minimo rumore, così che lo spettatore possa sperimentare - improvvisamente - cosa significhi non poter sentire e parlare, ed eppure essere in grado di vedere e sperimentare sensazioni, emozioni ed esperienze in un modo tutto nuovo e sensibile.
 
Invece, l'aspetto più curioso del film è il canto, in quanto la passione di Paula è proprio quella che la sua famiglia non può comprendere nè sperimentare o apprezzare, e che spaventa e affascina entrambe le parti. Per far fronte a questo ostacolo, la protagonista riesce, nella scena finale, ad accogliere tra le braccia di questa sua passione tutti i membri della sua famiglia, mimando le parole della canzone ''Je Vole '' attraverso il linguaggio dei segni.
 
Il messaggio che vuole mandare il film è forte e tocca sia adulti che giovani, sia genitori che figli: per quanto possa spaventare l'idea che la propria prole un giorno voli via dal nido, è necessario che i genitori non siano egoisti e possessivi, per non tarpare  le ali ai figli, mentre i figli devono comprendere che non c'è bisogno di sentirsi in colpa ad andare contro il volere dei genitori se è per un loro buon proposito o sogno.
 
Forse un po' troppo sdolcinato il finale, ma un film sicuramente ricco di temi forti ed emozioni, dedicato ad un pubblico vasto, composto sia da adolescenti che adulti, in grado di commuovere e far riflettere, dando vita a nuove idee e prospettive.
 
(Tullia Calogiuri)

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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