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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

“Leviathan”: drammatico, iconoclasta, tremendamente bello

“Leviathan”: drammatico, iconoclasta, tremendamente bello

Trieste - Palma d’oro nel 2003 con Il Ritorno, il regista russo Andrey Zvyagintsev firma un’altra perla di cinema, Leviathan, premiato col Golden Globe come miglior film straniero e, per la sceneggiatura, al festival di Cannes 2014, dove rappresentò la Russia diventando oggetto di molte riserve da parte del Ministero della Cultura per i tratti, cupi ed impietosi, con cui dipinse la società russa contemporanea, lacerata da corruzione e abuso di alcool, sconfitta per la mancanza di libertà e speranza.

Il film è ambientato in una remota cittadina di mare del Nord della Russia e narra di un uomo semplice, ex militare, Kolya, che vive una vita semplice nella casa, che ha costruito con le sue mani, assieme a suo figlio e alla compagna. Un giorno si presenta il sindaco, personaggio inetto e corrotto, esigendo il suo pezzo di terra. Ma Kolya non vuole vendere la sua casa col terreno, è tutto ciò che ha e vuole mantenerlo. Si trova coinvolto dunque, suo malgrado, in una battaglia legale impari, in cui lo Stato userà qualsiasi mezzo per ottenerlo. L’uomo decide di affrontare il Potere a testa alta – in nome della giustizia e della libertà –, aiutato dal fratello avvocato, ma anche quest’ultimo assaggerà la potenza corruttiva e implacabile a sue spese.

Il regista non risparmia nessuno: mette a nudo da una parte il potere politico, rappresentato dal sindaco, che approfitta della sua posizione predominante e delle sue “alte” conoscenze, dall’altra la Chiesa, potere occulto e simbiotico di quello politico, che si serve ancora della potenza delle immagini sacre e di parole belle quanto vuote, per tenere buono il gregge. Il mostro del titolo ha una doppia identità: mitico-religiosa e politica. Quest’ultima si ispira alla filosofia di Hobbes in cui descrive il potere tentacolare e immanente delle Istituzioni – dello Stato assoluto e despota – sulle vite, sulle pulsioni, sulle libertà dei suoi cittadini, e la sua reciprocità con quello ecclesiastico. 

La macchina da presa si ferma spesso, con inquadrature fisse e prolungate (campi medi), sui resti di vecchi natanti arenati su sponde desolate e infine sullo scheletro di un enorme dinosauro, fotogrammi in chiaroscuro di sublime bellezza, per mostrare ciò che resta del suo Paese: carcasse senza vita e senza tempo. Un Paese alla deriva pieno di paradossi (mostrati in alcuni dettagli durante il film come le figurine attaccate sul cruscotto di donnine nude poco distanti da immagini di santi), di ferite di guerra, della piaga dell’alcol come consolazione dove l’unico punto di riferimento, l’unico conforto, si trova nelle belle, quanto false, parole del Pope.

Leviathan è un film complesso dove si mescolano amore, spiritualità, natura, morte, potere in un crescendo di tensione, pathos ed eventi che si sviluppano in un dramma a tinte fosche. Una storia mostrata e raccontata da una regia sapiente, con una fotografia sublime, una sceneggiatura solida e un cast di ottimi attori.  

Con questa opera ultima Zvyagintsev si supera. Il suo film è uno di quelli che rimarranno sicuramente nella storia ed un must see per tutti coloro che amano il cinema.

Proiezioni: da giovedì 21 maggio, ore 21. Calendario in aggiornamento sul sito aristoncinematrieste.it

Daniele Benvenuti

“Sapore di Gianni”: la mostra in omaggio al cineasta Gianni Da Campo

“Sapore di Gianni”: la mostra in omaggio al cineasta Gianni Da Campo

Venezia - S’intitola “Sapore di Gianni” – un chiaro riferimento al film Il sapore del grano (1986) – la mostra che rende omaggio, a un anno dalla morte, allo scrittore e cineasta veneziano Gianni Da Campo che –lo ricordiamo –aveva affidato alla Cineteca del Friuli la sua collezione di locandine, manifesti, fotografie, dvd, vhs, libri di cinema, fumetti e molto altro, materiali unici che oggi costituiscono il vastissimo fondo Da Campo della Cineteca.

La mostra, promossa dall’Archivio Carlo Montanaro e Mestiere Cinema, s’inaugura domenica 17 maggio alle 18 alla Fabbrica del vedere, lo spazio dedicato alle immagini aperto da Carlo Montanaro nel cuore di Venezia (Cannaregio 3857, Calle del Forno). Montanaro, che è anche membro del direttivo delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone e giornalista, ha ritrovato e raccolto gli articoli scritti per La Nuova Venezia durante la lavorazione di Il sapore del grano e le fotografie scattate per illustrarli. Ultimo dei tre film di Da Campo dopo Pagine chiuse (1968) e La ragazza di passaggio (1970), Il sapore del grano si avvale della “partecipazione straordinaria” di Marina Vlady, icona femminile dell’autore, con la quale si sarebbe confrontato per tutta la vita.

Quelli di Da Campo sono piccoli film indipendenti, a budget ridotto, presentati a Cannes o a Venezia ma poi circolati pochissimo eppure spesso citati e premiati, summa di meditazioni e approfondimenti, carichi di dolore e di desiderio. Completano la mostra due brevi interventi televisivi: uno sul set (di Mariangela Carone per Rai Tre) e l’ultima intervista, fatta nella casa di Da Campo con Marina Vlady e concessa in anteprima grazie alla regista Sylvie Carlier e alla produzione francese Animaviva.

Visitabile fino al 28 giugno tutti i giorni tranne il martedì dalle 10.30 alle 12.30, la mostra-ricordo “Sapore di Gianni” è anche un modo per tornare alle origini di Mestiere Cinema, che nacque come casa produttrice proprio con Il sapore del grano e che da allora ha fatto moltissima strada, lavorando con le major di tutto il mondo e seguendo, fra le altre cose, la produzione esecutiva di film quali Il Gladiatore, 007 Casino Royale, The Italian Job, Casanova, Twilight, 007 Quantum of Solace, Star Wars.

 

Info: 041 5231556, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Sara D’Amario interpreta il corto tratto da “Il mantello di Carta”, storia illustrata sul tema delle malattie rare

Sara D’Amario interpreta il corto tratto da “Il mantello di Carta”, storia illustrata sul tema delle

Pordenone  – Un’avventura tutta pordenonese quella che trasporta sul grande schermo il racconto che Carlo Lucarelli ha presentato in anteprima all’ultima edizione di Pordenolegge, “Il mantello di Carta”, nato come progetto benefico di sensibilizzazione sulle patologie rare e incurabili che colpiscono ogni anno in Italia da 12.000 a 30.000 bambini, per la Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus.

Dopo il successo del libro - che raccoglieva anche illustrazioni di maestri del fumetto contemporaneo (da Lorenzo Mattotti, a Silver, Milo Manara, Vittorio Giardino, fino a Bruno Bozzetto, Leo Ortolani e Giulio De Vita) - Il mantello di carta diviene ora un cortometraggio per restituire anche per immagini lo spessore e la bellezza del racconto di Lucarelli, così da renderlo fruibile ad un numero ancora più ampio di persone.

Le riprese sono iniziate lunedì 11 maggio all’Anffas di Pordenone che, come hanno sottolineato i protagonisti di questa avventura cinematografica, ha messo a disposizione con grande generosità le sue strutture, e al Parco San Valentino, dove si sono concluse mercoledì 13 maggio, e dove abbiamo incontrato la troupe e gli attori.



Riprese terminate dunque, ma il lavoro di montaggio e post produzione proseguirà fino alla fine di giugno. Da luglio il cortometraggio comincerà un tour per i principali festival, sia in competizione che fuori concorso.

Protagonista del cortometraggio un volto noto del cinema e della televisione, l’attrice Sara D’Amario (ricordiamo la sua partecipazione a film come Caos calmo o a serie per il piccolo schermo Cento Vetrine e Distretto di Polizia) che nel 2009 esordisce anche come scrittrice.

“Un lavoro emozionate, di grande spessore – ha spiegato Sara D’Amario. Un progetto importante come progetto personale e sociale che dovrebbe diventare il punto centrale della vita di ciascuno. La difesa di questi bambini è un dovere civile”.

Accanto all’attrice, nel ruolo della bambina malata, la piccola Giovanna Zambon Bertoja. Nel cast anche Ramiro Besi e Andrea Appi dei Papu, Erica Alberti già volto di Un Medico di famiglia, l’attrice teatrale Carla Manzon.

Tutta l’operazione è un lavoro di squadra: la sceneggiatura tratta dal libro è stata firmata a sei mani dal noto fumettista disegnatore e filmmaker pordenonese Giulio De Vita con il collega Pasqualino Suppa – insieme co-firmano anche la regia – e Omar Leone, rappresentante della Fondazione Maruzza FVG, che partecipa anche alla produzione insieme alla casa di produzione indipendente Eufrasia.

Ad arricchire il cortometraggio le animazioni realizzate dal noto fumettista pordenonese Ugo Furlan che raccontano i sogni e i pensieri della bambina protagonista. Una storia commovente ma gioiosa per raccontare la difficile vita dei bambini gravemente malati che avrebbero bisogno di cure palliative specialistiche. Questi piccoli pazienti trascorrono troppo tempo nei reparti ospedalieri, anche quando sarebbe possibile un’assistenza a domicilio o in strutture residenziali dedicate, che migliorerebbero notevolmente la qualità della loro vita e delle famiglie. Le cure palliative rappresentano la risposta più adeguata ai principali bisogni del bambino malato, non solo facendo fronte alle esigenze cliniche fondamentali ma tenendo anche ben presenti le necessità di carattere spirituale, psicologico, organizzativo e sociale di tutta la famiglia.

L’etimologia della parola “palliativo” deriva da "pallium": mantello, che cinge il corpo di chi lo indossa, così come le cure palliative proteggono e abbracciano il malato dando risposte adeguate a tutti i suoi bisogni. «In una società moderna e avanzata come la nostra è difficile pensare che esistano bambini talmente gravi che la medicina non riesce in alcun modo a guarirli – spiega Omar Leone. Fare qualcosa per loro non è sempre facile. Proprio dal desiderio di aiutare questi bambini è nato “Il Mantello di Carta”: a pordenonelegge con il libro di Lucarelli e adesso con questo ulteriore sviluppo per il cinema».
 
 

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