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Categoria: Cinema
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Pubblicato Lunedì, 30 Marzo 2015 20:18
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Scritto da Tullia Calogiuri
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TRIESTE - Una modesta fattoria in un paesino della Normandia. Una famiglia in cui la figlia maggiore, Paula, è l'unica ad avere il dono dell'udito e della parola. Una sfida a crescere, ad imparare a comunicare, ad affrontare i propri genitori, a perseguire i propri sogni. Così si presenta il film francese ''La Famiglia Bélier'' del regista Eric Lartigau, in cui si mescolano in un perfetto connubio ironia e serietà, comicità e tenerezza.
Questo il registro con cui vengono trattati temi di estrema attualità, quali il rapporto figli-genitori, l'adolescenza, l'handicap, l'amore, l'amicizia, il distacco e la crescita, in cui qualsiasi famiglia può riconoscersi.
Un film che non nasconde le difficoltà che deve affrontare la sedicenne Paula (Louane Emera, astro nascente del canto anche nella vita reale, scoperta dal regista nel ''The Voice'' francese ) che rappresenta l'unico tramite tra la famiglia e il resto del mondo e sulla quale gravano diverse responsabilità. Paula si ritrova, oltre a dover frequentare il liceo, ad aiutare la famiglia a gestire la fattoria e a scoprire, così per caso, la sua inclinazione naturale per il canto, che diventa la sua passione. Questo suo dono sarà, al tempo stesso, anche il motivo della rottura con la famiglia. D'altra parte, la famiglia, sicuramente fuori dal comune, fa affidamento sull'aiuto in casa della figlia e dimostra una grande avversione per la sua volontà di abbandonare la fattoria per frequentare una scuola di canto a Parigi.
Attraverso la comicità tipica che solo i francesi sono in grado di conferire ad argomenti di una certa rilevanza, si scopre una famiglia che ha fatto del suo handicap la sua forza, attorno ad esso si è impratichita e ha imparato a gestirlo, tanto che ritengono le persone non sordomute antipatiche e fastidiose. Una famiglia che vede la realtà da un punto di vista differente, ma che presenta le stesse ansie e preoccupazioni di qualsiasi altro nucleo familiare. Una famiglia in cui i genitori sono egoisti, ansiosi e anche un po' possessivi nei contronti della figlia maggiore. Questa, invece, si ritrova a dover far fronte ai drammi comuni delgli adolescenti: l'amore liceale, il passaggio all'età adulta, il confronto con l'ostilità dei genitori, la scelta del proprio futuro.
L'espediente più forte e toccante dell'intero film è il graduale silenzio che si insinua durante la scena del saggio finale, fino a che non viene percepito nemmeno il minimo rumore, così che lo spettatore possa sperimentare - improvvisamente - cosa significhi non poter sentire e parlare, ed eppure essere in grado di vedere e sperimentare sensazioni, emozioni ed esperienze in un modo tutto nuovo e sensibile.
Invece, l'aspetto più curioso del film è il canto, in quanto la passione di Paula è proprio quella che la sua famiglia non può comprendere nè sperimentare o apprezzare, e che spaventa e affascina entrambe le parti. Per far fronte a questo ostacolo, la protagonista riesce, nella scena finale, ad accogliere tra le braccia di questa sua passione tutti i membri della sua famiglia, mimando le parole della canzone ''Je Vole '' attraverso il linguaggio dei segni.
Il messaggio che vuole mandare il film è forte e tocca sia adulti che giovani, sia genitori che figli: per quanto possa spaventare l'idea che la propria prole un giorno voli via dal nido, è necessario che i genitori non siano egoisti e possessivi, per non tarpare le ali ai figli, mentre i figli devono comprendere che non c'è bisogno di sentirsi in colpa ad andare contro il volere dei genitori se è per un loro buon proposito o sogno.
Forse un po' troppo sdolcinato il finale, ma un film sicuramente ricco di temi forti ed emozioni, dedicato ad un pubblico vasto, composto sia da adolescenti che adulti, in grado di commuovere e far riflettere, dando vita a nuove idee e prospettive.
(Tullia Calogiuri)