Festa della Mamma 2013: dedicato alle donne che fecero l'impresa
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- Pubblicato Domenica, 12 Maggio 2013 17:47
- Scritto da Tiziana Melloni
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Trieste - Viaggiano sugli ottanta o giù di lì. Guidano la macchina. Vanno al cinema. Leggono il giornale. Commentano sapientemente la politica italiana. Trovi il loro telefono occupato: stanno parlando con le amiche.
Sono loro, le mamme degli anni del boom economico, quelle che fecero l'impresa di mettere insieme figli, lavoro – chi in ufficio chi in fabbrica - , casa, cucina, conquistando i primi frigoriferi (rigorosamente chiusi a chiave), il frullatore, la lavatrice, l'aspirapolvere Folletto e quello che era il pianeta maschile per eccellenza: l'automobile.
Oggi, 12 maggio, è la Festa della Mamma, una delle prime feste della società dei consumi, nata proprio nei Sessanta e subito amatissima da bimbi, maestre e negozi di fiori: le mamme di quella volta però erano molto più toste di quelle raccontate dalla pubblicità in televisione.
Dicevano: “torna a casa prima che faccia buio; vai pure in bicicletta, ma se ti fai male ti do il resto!”
Sapevano di potersi fidare dei ragazzini perché le loro madri a loro volta avevano avuto fiducia in loro, in tempo di guerra, quando le mandavano a fare la fila alla fontana dell'acqua.
Un mazzo di fiori lo gradivano, ne sono felici anche oggi che si godono la bella casetta finita di pagare col mutuo e la pensione tirata su con fatica. Senza tante cerimonie però: sanno di esserselo meritato.
Auguri, care gentili inossidabili signore. Se voi non vi foste preoccupate – senza che nessuno se ne accorgesse – noi non saremmo cresciuti.
Resta bloccato in ascensore per 4 giorni: sopravvissuto un albergatore di Bad Gastein, nel Salisburghese
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- Pubblicato Domenica, 21 Aprile 2013 19:23
- Scritto da Redazione ilfriuliveneziagiulia
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Trieste - A Bad Gastain, nella vicina Austria, a un centinaio di km da Tarvisio, un albergatore di 58 anni, Thomas Fleetwood, è stato protagonista di un'angosciosa esperienza, fortunatamente a lieto fine.
L'hotel Eden si trova a pochi metri dagli impianti di risalita. Fino al 6 aprile scorso l'albergo era pieno di sciatori. Nelle scorse settimane, dopo i lavori di pulizia, tutti i camerieri ed i cuochi sono tornati a casa per le vacanze. L'albergo resta chiuso fino alla stagione estiva, ma il signor Fleetwood è rimasto ad abitare lì.
Lunedì 15 aprile alle 7 il signor Fleetwood prende l'ascensore per scendere dal quinto piano al pianterreno. Ha dimenticato il suo cellulare nell'ufficio. L'ascensore non si ferma al piano, ma va più giù di 40 centimetri e non si muove più.
L'albergatore cerca di ragionare con freddezza: tenta di aprire il tetto, ma non ci riesce. Scardina allora le porte dell'ascensore, ma scopre che il passaggio che ha aperto è troppo stretto per uscire. Tuttavia in questo modo l'aria entra nella cabina. Può sentire i rumori della strada, ma nessuno può sentire le sue grida di aiuto.
Le possibilità di essere soccorso sono tre. La prima: c'è un fornaio, amico di famiglia, che ha la chiave dell'hotel e se, passando, nota che c'è della posta nella cassetta, la ritira e la porta nell'albergo; la seconda: la cuoca ha un appuntamento telefonico con lui durante la settimana e, non sentendolo, potrebbe dare l'allarme; un amico in città, non vedendolo arrivare al consueto appuntamento del sabato, potrebbe allarmarsi e cercarlo.
Il signor Fleetwood cerca di aggrapparsi a queste speranze e adotta alcune tecniche di sopravvivenza che ha imparato nell'esercito: trattenere i liquidi il più a lungo possibile, fare esercizio fisico, dormire, parlare a voce alta.
"Ho ricordato tutta la mia vita, dall'infanzia alla maturità - ha raccontato Fleetwood - ho ricordato i nomi di tutti i parenti e gli amici, anche quelli più lontani".
Passa il lunedì ed il martedì. L'albergatore ha la bocca arida: "Sognavo di bere una birra fresca!". Con enorme forza d'animo, il signor Fleetwood trascorre in ascensore ancora le giornate di mercoledì e giovedì.
Poi venerdì alle cinque del mattino arriva il fornaio! Sente l'albergatore chiamare e subito gli porta dell'acqua, poi chiama i pompieri: l'incubo è finito, in pochi minuti lo tirano fuori dall'ascensore.
"Cosa ho imparato da quest'esperienza?" - ha detto Fleetwood ai giornalisti - "Non andrò più in ascensore senza il telefonino!"
Marco D'Aviano, il frate che fermò i Turchi. Intervista a Renzo Martinelli regista di “11 settembre 1683”
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- Pubblicato Venerdì, 12 Aprile 2013 15:47
- Scritto da Tiziana Melloni
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Pordenone - Renzo Martinelli, regista lombardo nato nel 1948, è celebre per i suoi film su tragedie e personaggi “rimossi” dalla storia e dalle cronache: le contraddizioni della Resistenza (“Porzus”, 1997), il crollo della diga del Vajont (“La diga del disonore”, 2001), il caso Moro (Piazza delle Cinque Lune, 2003), il terrorismo islamico (“Il mercante di pietre”, 2009).
Al di là delle sue convinzioni personali, legate all'idea dello "scontro tra civiltà", Martinelli affronta questi temi con un taglio documentaristico in cui però non manca il gusto dello spettacolo.
Lo scorso 11 aprile, a Fiume Veneto, Martinelli ha presentato al pubblico il suo nuovo film, “11 settembre 1683”, che racconta la storia – poco conosciuta – di padre Marco D'Aviano, il frate cappuccino che, con la sua azione persuasiva, riuscì a concentrare in un'unica grande armata le forze europee che nel 1683, alle porte di Vienna, fermarono l'invasione turca (qui la recensione del film).
Abbiamo raggiunto Martinelli per un'intervista.
Come nasce l'idea di “11 settembre 1683”?
Dodici anni fa eravamo sul Vajont per preparare l'anteprima del film “La diga del disonore”, un evento speciale dove il film si proiettava all'aperto sulla “pancia” della diga, per un pubblico di 1500 persone. Eravamo disperati perché pioveva in modo torrenziale. Uno dei presenti all'allestimento, l'imprenditore Diotisalvi Perin (ora presidente del museo del Piave, ndr), mi disse: “Abbiamo pregato Marco D'Alviano, domani non piove”, e così fu. A partire da quell'episodio mi incuriosii di questo personaggio, che non conoscevo, e così lessi il libro di Sgorlon “Il taumaturgo e l’imperatore”.
Dodici anni sono tanti. Come mai tutto questo tempo dall'idea al film?
Il progetto ha avuto una lunga storia. Per fare un documentario storico come questo c'è bisogno di un grosso investimento. Anzitutto acquistammo i diritti del volume di Sgorlon, quindi con Valerio Massimo Manfredi lavorammo alla sceneggiatura. Inizialmente ci rivolgemmo ad Austria e Turchia per una coproduzione, ma dopo varie vicissitudini la collaborazione non andò in porto. Invece la Polonia aderì al progetto, infatti la produzione è italo-polacca. Tre anni fa, finalmente, il primo ciak. La post produzione è stata particolarmente impegnativa, abbamo usato tecnologie digitali per la battaglia.
Come descriverebbe “11 settembre 1683”?
È il tentativo di raccontare una storia vera e a lungo rimossa, quella della guerra europea contro i Turchi in epoca seicentesca, in modo spettacolare, epico.
Progetti in vista?
Stiamo lavorando da tre anni ad un film-documentario sulla strage di Ustica, in cui alle tre ipotesi che sono state fatte per spiegare la tragedia – un attacco missilistico finito per errore sul DC9, un cedimento strutturale del velivolo, una bomba nella toilette di coda - ne suggeriamo una quarta, che ovviamente non anticipo... Il progetto è una coproduzione italo-franco-belga. Se tutto va bene, a giugno inizieremo le riprese.
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