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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

“Natural” di Carlo Piemonti negli spazi del Twins Club 2.0 Art & Gym a Trieste.

“Natural” di Carlo Piemonti negli spazi del Twins Club 2.0 Art & Gym a Trieste.

Trieste - Sabato 22 marzo, a partire dalle ore 19, presso gli affascinanti spazi del Twins Club 2.0 Art & Gym di Trieste, via Economo 5, I piano, ci sarà la vernice della mostra di Carlo Piemonti dal titolo “Natural”.

La mostra si compone di venti opere di grandi e piccole dimensioni, realizzate sul tema del viaggio, del mare, della vita quotidiana, che rimescolano, per mezzo di un contrasto molto appariscente il rapporto biunivoco tra figura e sfondo e sarà presentata da Roberto Vidali, direttore editoriale di “Juliet art magazine”.

“La ricerca pittorica di Carlo Piemonti non si inserisce all’interno del dibattito che, ancora oggi, dopo l’esuberanza trasgressiva delle neoavanguardie, continua a dominare le vicende dell’arte contemporanea, il che ci permette di buttare sul tavolo la domanda: gli extra media più consolidati, unitamente ai principi dell’interattività e della pratica relazionale, debbono condurre un gioco di sponda o possono permettersi di puntare al predominio dell’intero mercato dell’arte?”-  così evidenzia il curatore della mostra Roberto Vidali direttore editoriale di Juliet Art - a un problema posto in maniera così brutale e diretta, l’autore evita di rispondere, non per un ostinato voto del silenzio, ma per scelta ben precisa, ovvero per indifferenza verso codeste esperienze che, nostro malgrado, disegnano la vita moderna. In questo modo, di fronte al lavoro ossessivo e da grande equipe di autori come Jeff Koons e Damien Hirst, ipercelebrati a livello globale, egli si permette di tirare diritto lungo una strada solitaria, e questo perché, secondo il suo assunto programmatico la pittura è, ancora oggi, la tecnica più idonea a captare il reale e a impedirgli di sfuggire al quesito “Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo?

Continua Vidali, in questo modo la sua pittura, con la capacità di interrompere, in maniera spietata, grazie a inquadrature o a tagli arbitrari, la presa di possesso sulla realtà, risulta essere la tecnica ideale per ottenere una estesa frammentarietà iconica”.

Negli intenti di Carlo Piemonti c’è il desiderio di ricercare le modalità espressive dell’uomo moderno, con toni minimi, all’interno di un percorso di rarefazione compositiva e di sottrazione cromatica, quasi che un tono del tutto monocorde avesse avvolto il mondo che ci circonda. Non la prassi analitica denuncia, quindi, l’identità della forma, bensì la sua ripetizione, quasi che l’imprimatur del segno, ovvero la cicatrice iniziale della storia umana, possa divenire una traccia inevitabile della nostra stessa esistenza.

La serata è stata sostenuta da Nicolini Assicurazioni (sede provinciale Club Medici) ed è stata realizzata con il concorso di Associazione Juliet, Sushifashion e Azienda Agricola Bergomas Massimo. La chiusura della mostra è prevista per il 15 maggio e sarà visitabile da lunedì a sabato, dalle ore 10.00 alle 13.00.  Per ulteriori info:   Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  o  040 300241   www.carlopiemonti.wikispaces.com

Intervista a Euro Rotelli in mostra allo Spazio Espositivo EContemporary di Trieste.

Intervista a Euro Rotelli in mostra allo  Spazio Espositivo EContemporary di Trieste.

Trieste – Continua la personale del fotografo Euro Rotelli, “Sleepy Places dreaming a different world”, allo  Spazio Espositivo EContemporary di Trieste che resterà aperta fino al 19 aprile.

Euro Rotelli fotografo toscano trapiantato in Friuli,   ha una formazione che parte dalla pittura, per poi scoprire la fotografia. Da qui nasce e si sviluppa una passione che lo porterà a fare della fotografia non solo il proprio lavoro, ma anche il suo mezzo espressivo ideale. Diventa fotografo pubblicitario, dedicandosi contemporaneamente alla ricerca. Lo attraggono allo stesso modo i paesaggi e le persone che ritrae con personali sperimentazioni in camera oscura. L’uso della Polaroid costituisce una fase fondamentale del suo percorso artistico. Questo tipo di pellicola gli permette infatti di intervenire “manualmente” sulla fotografia e sperimentare procedimenti di sviluppo e stampa, con risultati sempre diversi e originali.

Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto:

 

In questa mostra  "Sleepy Places dreaming a different world " il tema toccato dalle fotografie la conduce ad un contenuto originale "il mare d'inverno", cosa l’ha portata in questa dimensione?

La ricerca della solitudine, fondamentalmente. Immaginare gli stessi luoghi e cose che conosciamo nella stagione estiva, abbandonati e chiusi durante quella invernale, in una dimensione diametralmente opposta, mi ha spinto a ritornare mesi dopo per ritrovarli esattamente come li avevo immaginati. Ho scelto di fotografarli al buio per immedesimarmi ancor di più in questo loro letargo, immersi in un sonno irreale, nell'attesa del prossimo inevitabile risveglio. Alla fine credo di aver rappresentato la metafora dell'uomo, che troppo spesso usa e mette in disparte cose e persone dopo averle usate, dimenticandole nell'oblio dell'opportunismo e della superficialità della società odierna.


Immagino sia un percorso artistico iniziato precedentemente a questa mostra?

E' iniziato nel 2011 e ancora "work in progress".


Qual'è la cifra stilistica che sente propria?

Non ne ho. Non mi sento di appartenere ad un particolare genere di ricerca o di stile. Uso la macchina fotografica come un mezzo per realizzare un'idea, un progetto, senza sentirmi legato ad una tecnica in particolare. Ho usato per molti anni le pellicole polaroid, sperimentandole personalmente  in vari modi, dedicando le mie ricerche sia al nudo che al paesaggio.

Il mio ultimo omaggio alla polaroid è stato con il progetto "The Body The Soul", con cui ho interpretato alcuni tra i più importanti ballerini e compagnie di ballo a livello internazionale, raccogliendo in un libro le immagini più significative. E' stata un'esperienza e un'avventura fantastica. Poi ho chiuso con la polaroid e non perché la pellicola non è più in produzione, bensì perché avevo concluso questo mio periodo. Attualmente sto portando avanti altri tre progetti con supporti e tecniche completamente diversi uno dall'altro.


Colore o bianco e nero nei suoi scatti?

Non ho preferenze, essendo legato alla mia creatività del momento. Posso solo dire che ho iniziato con il bianco e nero che ho sempre sviluppato e stampato personalmente.


Ci dice qualcosa di lei che gli altri non sanno?

Forse non lo so nemmeno io … So solamente che quando ho un'idea, o penso ad un progetto, lo devo assolutamente realizzare, diventa quasi un tormento, un'ossessione.


Quando una persona guarda una sua foto quale crede sia la ricaduta ?

Non me lo chiedo, perché penso che ognuno possa, anzi, debba leggere e trovare una sua impressione, una sua emozione, positiva o negativa che sia, davanti ad una foto. Quando realizzo un'immagine, o una serie, lo faccio seguendo un mio istinto, una mia idea e non mi domando mai se possa piacere o meno. 

La cosa importante è che io mi senta soddisfatto. Questo non significa assolutamente che il risultato sia oggettivamente "bello" da un punto di vista estetico, ma che io sia riuscito con le mie capacità espressive a comunicare la mia emozione.

Spazio Espositivo EContemporary (Elena Cantori Contemporary) Via Crispi, 28 – Trieste
www.elenacantori.com orario: dal giovedì al sabato dalle 17 alle 20 gli altri giorni su appuntamento.

 

 

 



 

 

Intervista a David Dalla Venezia: artista della collettiva “Oh, make me a mask” alla Liberarti.

Intervista a David Dalla Venezia: artista della collettiva “Oh, make me a mask” alla Liberarti.

Trieste – “Oh, make me a mask”, mostra collettiva inaugurata il 1° marzo, presso la galleria Liberarti in Piazza Barbacan, ricordiamo che resterà aperta sino al 14 luglio 2014.   

Per rinnovare i contenuti artistici in esposizione abbiamo ascoltato David Dalla Venezia, che si inserisce nella mostra collettiva promossa dalla curatrice Maria Sanchez Puyade alla galleria “Liberarti” di Piazzetta Barbacan a Trieste, come abbiamo accennato. Il titolo della mostra “Oh, make me a mask” intende approfondire il tema della “maschera” partendo dai concetti classici risalenti alle maschere Dionisiache greche passando per i Saturnali romani ed arrivando al presupposto odierno in cui tutti vestiamo maschere per presentarci all'altro, ed in fondo forse anche per  raccontarci come vorremo essere ma non siamo.

David Dalla Venezia, nato a Cannes, Francia il 10 aprile 1965 è figlio d'arte. Il padre formatosi nelle botteghe veneziane è artigiano del legno, corniciaio, doratore, restauratotore, e nel privato, lui stesso artista poliedrico.  Diplomato al liceo classico ha poi studiato storia dell'arte e filosofia all'università di Venezia. Nel 1989 ha luogo la sua prima personale presso la galleria Bac Art Studio a Venezia. Attualmente trasferitosi a Trieste, lavora nel suo studio di Via Torino, e collabora con suoi colleghi pittori di livello internazionale nel tentativo di sostenere, non solo con la pittura ma anche tramite l'organizzazione di eventi espositivi, la rivalutazione di quella parte del mondo dell'arte dei nostri tempi che è stata finora penalizzata: la pittura figurativa.

Incontriamo David Della Venezia nel suo studio, in un meraviglioso Palazzo di Via Torino a Trieste.

Si è appena trasferito a Trieste e questa collettiva è il suo primo impegno in città, si è già ambientato ?

Sono arrivato a Trieste in settembre con mia moglie ed i miei bambini, ho diversi contatti con artisti della città e della regione e mi trovo bene. L'incontro con Maria Sanchez, che mi ha chiesto di partecipare alla collettiva, mi ha dato lo spunto per rielaborare una mia idea precedente sulle maschere ed ho partecipato con entusiasmo con un mio quadro.

Cosa vuole esprimere il quadro con cui partecipa alla collettiva?

Il quadro non ha un titolo, esprime una lotta ma anche una danza, tra un mio alter-ego figurativo con cui spesso mi esprimo, e la maschera di Pulcinella. “Classicamente” parlando potrebbe raffigurare un Giacobbe che lotta con l'Arcangelo in un sogno, il tutto immerso in allegorie figurative.

Sembra un quadro che svela, celando...

Sì, è un celarsi per non svelarsi, quando Maria (Sanchez, ndr)  mi ha parlato della mostra mi è venuta subito l'idea ed ho iniziato il quadro.

Ha già altri programmi qui a Trieste?

Alcuni, a maggio parteciperò ad un evento che collegherà scienza e luoghi d'arte all'Osservatorio scientifico e prima dell'estate ad un altro evento che sempre con l'intenzione di collegare arte e scienza si terrà al Museo dell'Antartide al parco di San Giovanni.

 

 

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Direttore: Maurizio Pertegato
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Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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