Otto artisti alla Trart per trasfigurare l’icona di Peter Pan
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- Pubblicato Venerdì, 20 Febbraio 2015 10:21
- Scritto da redazione ilfriuliveneziagiulia
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Trieste – Domani sabato 21 febbraio alla trart in Viale XX Settembre 33, dalle 18.30 in poi, inaugurazione della mostra Peter con Patrizia Bigarella, Raffaella Busdon, Claudia Cervo, Massimo de Angelini, Alda Failoni, Luca Padua, Denis Riva, Franco Vecchiet. Introduce Pietro Spirito.
Nella storia di ieri come di domani di Peter Pan, l’ombra del ragazzo mai nato e che non vuol crescere, se ne va per conto suo. Peter Pan è un demone, e come tutti i demoni ha rinunciato al suo essere umano per rincorrere l’eternità. E come ogni demone che si rispetti, Peter conserva l’ambiguità dell’essere che non è più: rincorre la sua ombra per tornare da se stesso, per ricomporre l’unità scissa. Peter non sa amare, non sa e non vuole diventare adulto perché se fosse nato, se fosse nel mondo, non potrebbe più volare.
La sua ombra, come tutte le ombre, è un incubo, è ciò che lui non vuole essere e non vuole diventare. Perciò l’ombra è dispettosa, autonoma, mutevole nella forma e imprevedibile nell’azione, politicamente scorretta.
Gli otto artisti della mostra “Peter” entrano nel mondo di Peter Pan e ci riportano le magie di quella dimensione. Come Massimo de Angelini, il cui respiro pop lo porta a ritrarre l’ombra di se stesso tra frammenti di specchi che deformano la nostra immagine, in un dialogo continuo e mutante tra la figura specchiata e quella riflessa sul piano dell’ombra.
E chi non ha avuto, nella sua infanzia, una tana-rifugio dove nascondersi: la capanna fatta di cuscini, il folto cespuglio del giardino, la tenda improvvisata sotto il letto? La materica caverna di Franco Vecchiet rimanda al foro scuro dove i giochi prendono forma, dove danzano le fantasie in cui si sommano sogni e paure, dove ogni bimbo un po’ si perde e un po’ si salva.
Anche Patrizia Bigarella fissa nel gioco le coordinate della fantasia. Il suo “portone” ha finestre colorate come piccole isole, un arcipelago visto dall’alto – è Peter che lo guarda volando – dove l’Isola che non c’è brilla come un sasso dorato accanto alla mappa e ai numeri che sembrano altrettanti codici criptati dell’immaginazione.
L’Isola che non c’è di Alda Failoni pare invece uscita da un antico atlante perduto, nelle cui pagine è rappresentato il lato nascosto del mondo, le regioni perdute del Prete Gianni, la Terra di Mezzo. E’ l’isola della memoria, dove si depositano rimpianti e desideri, gli oggetti del tempo che è stato. Pensieri fluttuanti come spettrali meduse, minuscole creature di un luogo che può essere microscopico, o immenso come una galassia.
Ed eccolo finalmente Peter Pan, sfrontato scugnizzo mimetizzato con i suoi stessi sogni nella visione di Raffaella Busdon. E’ la seduzione del trasformista, il colore cangiante di un orizzonte che non è mai definito, e invita a rompere le regole, a unirsi al gioco: il richiamo di quella giovinezza irrequieta che è il vero segreto di Peter Pan. Che si ripiega su se stesso quando il mondo, quello “altro”, al di là dell’isola, lo minaccia.
Il Peter Pan di Claudia Cervo dorme sognando forse il calore di un abbraccio, avvolto da una luminescenza che è il chiarore di un’alba, o forse di un tramonto. O il colore e calore di un amore materno che non si dà, e resta sospeso come una speranza.
Luca Padua, con la forza che nasce dall’argilla, coglie Peter in azione, nella sua posa più scanzonata, pronto a saltare, impavido nel suo essere pieno di energia, come se uscisse direttamente dalla terra.
E di nuovo torna il gioco dell’ombra nell’acrilico di Denis Riva. Ed è un’ombra non più giovane, racchiusa nella cornice del suo vissuto dai contorni bruciati, il tempo impresso di una vita con il suo portato di illusioni, giochi finiti, affetti mancati. Invecchierà mai Peter Pan? Dovrà mai lasciare la sua isola per farsi carico del mondo? E la sua ombra, invecchierà con lui? Nella pancia del Coccodrillo l’orologio di Capitan Uncino batte il tempo, e non ci è amico. Nascerà, un giorno, Peter Pan?
Immagine: Opera di Claudia Cervo
trart – viale XX settembre 33, 34126 Trieste. Orario: mart-sab 17.30 – 19.30 www.trart.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
tel./fax 040775285
A Casa Colussi di Casarsa la mostra "Pasolini alla casa della madre" aperta fino a fine marzo
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- Pubblicato Giovedì, 12 Febbraio 2015 17:06
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Casarsa della Delizia - Si può visitare fino al 31 marzo presso la Casa Colussi di Casarsa della Delizia (Pn) la mostra fotografica "Pasolini alla casa della madre" della reporter Letizia Battaglia.
La rassegna raccoglie sia un reportage che la grande fotografa scattò a Pasolini nel 1972 a Casarsa, sia la serie degli “Invincibili”, omaggi-découpage ai grandi spiriti liberi del mondo, da Pasolini a Freud, al Gesù del Michelangelo diciassettenne, Marguerite Yourcenar o Joyce.
Nell’esposizione, con catalogo curato da Angela Felice in collaborazione con Giovanna Calvenzi, Maria Chiara Di Trapani e la stessa Battaglia, figurano 18 ritratti in bianco e nero dello scrittore casarsese.
Dopo la mostra e per volontà dell’autrice, le stampe saranno donate al già ricco fondo fotografico di Casa Colussi.
Letizia Battaglia scattò le foto nel novembre 1972, quando Pasolini fu invitato al Circolo Turati di Milano a discutere della “Libertà d’espressione tra repressione e pornografia”, insieme a Morando Morandini, Giovanni Raboni, l’avvocato Marco Janni e Giancarlo Ferretti, moderatore del dibattito.
Lo spunto veniva dall’ultimo film di Pasolini, "I racconti di Canterbury" continuamente bloccato e sbloccato dalla censura in ragione di una presunta offesa al comune senso del pudore, ai sensi dell’articolo 529 del Codice Rocco.
Di quella giornata resta una straordinaria documentazione nella galleria di primi piani realizzati da Letizia Battaglia.
Letizia Battaglia è stata la prima donna europea a ricevere nel 1985, ex aequo con l’americana Donna Ferrato, il Premio Eugene Smith, a New York, riconoscimento internazionale istituito per ricordare il fotografo di “Life”.
Orari e informazioni: http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it
Un friulano di successo negli USA: il designer "Harry" Bertoia a 100 anni dalla nascita. Video
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- Pubblicato Venerdì, 06 Febbraio 2015 17:04
- Scritto da Maurizio Pertegato
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Pordenone - Con la manifestazione "Dalla natura al segno - Harry Bertoia 1915 – 2015. Una mostra in due sedi per un omaggio della sua terra in occasione del centenario della nascita" il Comune di Pordenone, il Comune di Valvasone Arzene e la Pro Loco di San Lorenzo celebrano il centenario della nascita dell'artista friulano Arieto Bertoia. La mostra si svolge presso la Galleria Harry Bertoia, a Pordenone e la Casa natale a San Lorenzo d’Arzene dal 7 febbraio al 29 marzo.
Lo scultore e designer Arieto ("Harry") Bertoia era nato a San Lorenzo d’Arzene il 10 marzo 1915. I suoi primi anni di vita trascorsero in paese, dove la scuola pubblica arrivava al massimo alla quarta elementare.
Il piccolo Arieto frequenta le lezioni con profitto ma la sua vera passione è creare oggetti con i semplici materiali disponibili in una casa rurale: fili di ferro, bastoncini di legno e poco altro.
All’età di tredici anni frequenta un corso serale di disegno a Casarsa. Le lezioni durano pochi mesi, disegna con il gesso sui muri, o sulla terra battuta. Il padre inizia a pensare alla possibilità di portarlo con sé negli Stati Uniti. Nel 1930 emigra e si unisce al fratello Oreste, operaio della Ford a Detroit. Grazie ad una borsa di studio viene ammesso alla Cass Technical High School di Detroit, dove si diploma nel 1936.
Bertoia, dopo gli studi, riuscì a conquistarsi il successo e a raggiungere notorietà internazionale con la linea di sedie Diamond (1952), un’icona del design mondiale. Ma più in generale con la sua multiforme produzione artistica (sculture, incisioni, disegni, gioielli, ecc.) egli seppe imporsi per la spiccata originalità unita ad un’attitudine sperimentale sia nel campo dei materiali che delle forme.
Harry Bertoia appartiene alla schiera non foltissima degli artisti friulani del Novecento che hanno saputo meritare davvero fama internazionale. Fino a pochi anni fa era però poco conosciuto nella sua terra d’origine: tale lacuna è stata poi colmata da due mostre in successione (la prima presso la sua casa natale a San Lorenzo, nel 2008, e la seconda, più vasta e particolareggiata, a Pordenone nel 2009) esposizioni che hanno fatto conoscere meglio la qualità del suo lavoro anche nella nostra regione.
Nel 2014 il Comune di Pordenone ha voluto rimarcare il riconoscimento dell’autorevolezza dell’artista intitolandogli il nuovo spazio espositivo di Palazzo Spelladi, divenuto dunque Galleria Harry Bertoia.
Sarà proprio questa prestigiosa sede ad accoglie l’esposizione che il Comune di Pordenone ha deciso di proporre per celebrare il centenario della nascita di Bertoia.
L'assessore alla Cultura del comune di Pordenone spiega in questa videointervista struttura e finalità della mostra ed annuncia le prossime iniziative:
Il percorso documentario già al centro delle due mostre precedenti è arricchito da materiali prima mai esposti, provenienti dalla collezione personale di Celia Bertoia, figlia del maestro. Si tratta di un importante nucleo di 30 monotipi, raffinate e rare stampe su carta, realizzate in unico esemplare tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’70.
Un laboratorio didattico, organizzato per l’occasione, permette inoltre di analizzare anche le tecniche insolite e particolari con cui sono stati realizzati questi originali e preziosi lavori.
Una significativa sezione della mostra, grazie alla collaborazione della Knoll, è dedicata alla progettazione della celebre poltrona Diamond (1952) e alla sua produzione in serie (nello stabilimento di Foligno, in Italia). Materiali pubblicitari d’epoca metteranno pure in evidenza la qualità della comunicazione per immagini messa in campo negli anni ’50 dall’azienda produttrice: e ne verrà ancora un utile suggerimento di metodo per l’oggi.
Alcuni filmati d’epoca riprodotti sulle pareti del primo piano dello spazio espositivo accolgono il visitatore e lo fanno entrare, virtualmente, nello studio-fienile di Barto, in Pennsylvania, dove si vede Harry Bertoia al lavoro con la saldatrice o mentre dimostra la naturale reattività delle sue sculture sonore. La musicalità cosmica originata da queste celebri opere caratterizza comunque, con discrezione, gran parte dello spazio espositivo quasi fosse l’essenza ultima dell’arte di Arieto Bertoia.
La mostra è visitabile a Pordenone presso la Galleria Harry Bertoia - Corso Vittorio Emanuele II, 60 dal martedì al sabato con orario 15.30-19.30 ; domenica 10.00-13.00 e 15.30-19.30; chiuso il lunedì. A San Lorenzo di Arzene, in via Blata, 12, con orario di apertura: sabato 15.30-19.30 ; domenica 10.00-13.00 e 15.30-19.30. Aperto in altri giorni, per gruppi, su prenotazione: cell. 339 2684389
(Videointervista a cura di Maurizio Pertegato)
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