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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

“Cento Foto. Cento Storie” di Piero Pastorello al Circolo Allianz

“Cento Foto. Cento Storie” di Piero Pastorello al Circolo Allianz

Trieste - Verrà inaugurata martedì 28 gennaio alle ore 18.30, la mostra “Cento Foto. Cento Storie”, dove saranno esposte alcune delle foto della collezione di Piero Pastorello e sarà visitabile fino all’11 febbraio, al Circolo Allianz di Trieste- via Maestri del Lavoro 2.

Piero Pastorello, veronese d'origine, laureato in Scienze Politiche internazionali e specializzato in Marketing e Comunicazione d’Impresa ha vissuto in molte città e abita attualmente a Monfalcone, dove lavora come impiegato commerciale presso una industria dell’elettronica per la difesa.

E’ da sempre un appassionato cultore di storia e di temi militari. Nei primi anni ’90 come ufficiale al Centro Militare di Studi Strategici dello Stato Maggiore della Difesa a Roma, e poi come ricercatore freelance, ha contribuito con pubblicazioni alle attività di studio sulle Forze Armate.  Accanito lettore – tra gli autori preferiti Hemingway, Jünger, Benjamin, T.E. Lawrence, Casanova, Calvino, Eco, Malaparte- da oltre venti anni scrive amatorialmente prose brevi e poesie. Nel 2014 è stato vincitore del Premio  letterario Carlo Ulcigrai, nella sezione racconti brevi, con “Il Turno”. E’ collezionista praticamente da sempre, tra i suoi  interessi principali vi sono militaria, foto d’epoca, grafica e Futurismo.  

Gli  abbiamo  fatto alcune domande  sulla sua passione e sulla sua mostra “Cento Foto. Cento Storie”.

Un tuo amico come sottolinei nella premessa della tua esposizione “Cento Foto. Cento Storie” dice “Tu raccogli le foto di morti!”.  Io invece faccio da contraltare e ti dico che tu raccogli la memoria collettiva attraverso le immagini che collezioni, con  la sensibilità che ti è consona, facendoti guidare dall’istinto e da un criterio estetico. E così le tue foto hanno un valore aggiunto perché non raccontano solo una storia singola, ma tante storie che diventano immortali attraverso uno scatto, e mettendole insieme ne componi una storia.

Dobbiamo risalire all’incipit di questa raccolta, una quindicina d’anni fa: la iniziai per una pulsione puramente estetica, scoprendo con sorpresa che esiste una testimonianza di bellezza minima, ma accessibile in modo tutto sommato semplice e relativamente a buon mercato.
E’ certo vero che quel pezzetto di carta raccoglie l’immagine di qualcuno che fu reale e ora non è più – una “irradiazione”, come dice Jünger - ma proprio per questo non bisogna “farsi impressionare”. Non bisogna in sostanza provare timore di fronte ad un oggetto così personale, reale e vissuto, anzi: il suo valore sta proprio nel fatto che esso non è una semplice riproduzione a stampa – in fondo anche le immagini dei libri di storia riproducono personaggi scomparsi da tempo. La foto è giunta fino a noi chissà come, passata di mano in mano attraverso le generazioni, e ineffabilmente impregnata di pensieri e vita, echi di vibrazioni. Ecco che ciò che osserviamo in essa uno sguardo, una situazione, un’atmosfera  sprigiona la sua magia e ci racconta un frammento di storia. Non sono sicuro che le immagini elettroniche, che così facilmente scattiamo sui nostri smartphone, posto che siano accessibili a chi non ha le password, o non siano manipolate via software, viste su uno schermo o stampate, abbiano la medesima forza d’attrazione. Esse sono mediate dal software, come giustamente ha commentato il Maestro Mazzelli, e forse ora non sono più tecnicamente nemmeno delle fotografie. Quando le foto diventano decine di migliaia, ecco che da tante piccole storie emerge un quadro ancora più interessante. Scegliendo tra tutti questi scatti mi sento un po’ come Salvatores nel suo documentario “Italy in a Day”, ma in stile retrò.

Sei un collezionista, ma anche un fruitore di cultura che transita dai  testi più disparati e che leggi in contemporanea, alle passioni per la scrittura e l’arte. Certa che hai visitato la mostra di Man Ray a Villa Manin, cosa ti ha più affascinato del personaggio?

Man Ray è stata una rivelazione. Come ti ho detto non ho studi specifici sulla fotografia e i suoi grandi artisti, vado ad intuito e seguo la passione. Ebbene avevo già letto il suo “Sulla fotografia”, e scoperto che fu autore di spessore molto profondo.  Personalità poliedrica e artista d’avanguardia corrisponde nel Dadaismo a ciò che fu Boccioni per il Futurismo: il guru, lo scienziato pioniere. Sappiamo che il Futurismo non utilizzò in modo particolare la fotografia, a proposito, nella mia raccolta c’è pure un “Io+Noi” di Boccioni trovato non mi ricordo più dove, mentre Man Ray  che ricordo partì come pittore contribuì a portarla ai più alti livelli artistici. La retrospettiva a Villa Manin è un’occasione unica per avvicinarsi a quel talento.

Perché hai voluto questa mostra che approda a Trieste dopo la tappa di Milano?

Il motivo di fondo è semplice, quasi banale: sedicimila foto che se ne stanno chiuse nei cassetti sono uno spreco. Mancava l’occasione, e grazie all’amico milanese Fabrizio Capsoni - fotografo e grande appassionato -  l’anno scorso la luce è finalmente tornata su quei volti. Click. Trieste, città a me molto cara e in cui spero di vivere presto stabilmente, grazie al Circolo Allianz vede la sua  seconda tappa. Click click. Il seguito è una storia ancora da scrivere.

Per info – Telefono +39 040 7781.509 – Fax +39 040 3175091 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

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Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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