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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Incontro su giornalismo e parità tra uomo e donna a partire dalla Carta di Pordenone. Video

Un incontro su giornalismo e parità tra uomo e donna a partire dalla Carta di Pordenone

Pordenone - “Pari dignità e pari rispetto reciproci tra uomo e donna. Da quale parte stanno i giornalisti?” era il titolo del corso di formazione per giornalisti del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, svoltosi venerdì 23 ottobre presso la biblioteca civica di Pordenone.

L’inziativa era promossa e organizzata dal Circolo della Stampa di Pordenone con la collaborazione dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia e delle commissioni pari opportunità della Provincia e del Comune.

Due le relatrici: la giornalista e storica Valeria Palumbo e Maria De Stefano, presidente dell’associazione Voce Donna.

Con una originale ed interessante carrellata di immagini, Valeria Palumbo ha mostrato come, attraverso il veicolo potente della rappresentazione visiva, sia stata tramandata una modalità di intendere il rapporto uomo-donna aggressiva e violenta.

A partire dai grandi maestri - Caravaggio, Tiepolo, Tiziano - fino all'espressionismo tedesco del secolo scorso, la raffigurazione di scene bibliche e leggendarie ha rinchiuso la donna in ruoli stereotipati: vittima di violenza - inerme e nuda - ma anche artefice di inaudite efferatezze (Giuditta, Salomé).

Se questi sono i modelli a cui l'arte ha abituato le generazioni, non c'è da stupirsi se sia il cinema che la pubblicità perpetuino questo tipo di rappresentazione, che si afferma in modo subdolo e rende difficile creare una mentalità più collaborativa che conflittuale.

La presidente dell'associazione Voce Donna Maria Di Stefano ha riportato i dati di una recente indagine su donna e mass media.

Ne sono emersi alcuni elementi inquietanti: il 48% delle notizie che hanno come protagoniste le donne parla della violenza nei loro confronti. Sono 8 milioni gli uomini che maltrattano le donne.

Di Stefano ha evidenziato che la rappresentazione della vittima, sia nel linguaggio che nello stile e nelle immagini è spesso distorto e viziato da giudizi preconcetti: si finisce spesso col rovesciare i ruoli, facendo ricadere sulla donna la responsabilità di aver provocato l'aggressore.

Si è trattato del primo degli incontri legati alla Carta di Pordenone, il protocollo d’intesa siglato nel mese di luglio tra soggetti istituzionali, enti e associazioni per “promuovere una immagine equilibrata e plurale di donne e uomini superando e contrastando gli stereotipi di genere nei media”.

Di seguito le videointerviste a Valeria Palumbo e Chiara Cristini, tra le promotrici della Carta di Pordenone. (A cura di Paola Dalle Molle).

Dopo il caso Eranio: giornalisti a confronto sull’uso degli stereotipi di genere e non solo

Dopo il caso Eranio: giornalisti a confronto sull’uso degli stereotipi di genere e non solo

Pordenone - Portare alla luce e cancellare gli stereotipi di genere nell'ambito dell'informazione: questo l'obiettivo dell'incontro formativo per giornalisti che si svolge venerdì 23 ottobre presso la Biblioteca Civica di Pordenone (alle 9.30 presso la sala Teresina Degan, piazza XX Settembre).

Usare gli stereotipi, come diceva George Clooney in una battuta del film "Tra le nuvole", “rende la vita più facile” ed è per questo che sono così straordinariamente e disastrosamente diffusi.

Gli stereotipi non fanno discriminazioni: sono legati all'aspetto fisico, all'età, al sesso, al colore della pelle. Non più tardi di qualche giorno fa, è stato l'ex giocatore del Milan Stefano Eranio a mettere a serio rischio la sua carriera di commentatore sportivo con un’uscita infelice sui “giocatori di colore” che “quando c’è da pensare fanno errori”.

Importante quindi l’appuntamento pordenonese, rivolto proprio ai responsabili della comunicazione, facili prede - per fretta, per superficialità, o magari per compiacere il pubblico - della definizione preconcetta.

Le relatrici sono Valeria Palumbo e Maria De Stefano.

Valeria Palumbo, giornalista e storica delle donne, è stata caporedattore centrale de L’Europeo e di Global Foreign Policy, ha lavorato alla Digital Edition della Gazzetta dello Sport.

Membro di AtGender, della Sis e della Sil, ha pubblicato numerosi saggi e biografie, tra cui “Svestite da uomo (Bur, 2007), “Veronica Franco, cortigiana e poetessa” (Edizionianordest, dal 2014 in ebook per l’Enciclopedia delle donne), nel 2013 “Geni di mamma” e due ebooks, “Donne di Alessandro Magno” (Enciclopedia delle donne) e “Quando l’arte è donna. Tetralogia teatrale” (Cendon Libri).

Maria De Stefano è presidente dell’Associazione Voce Donna Onlus di Pordenone, fondata nel 1997 da un gruppo di donne allo scopo di fornire aiuto ed assistenza gratuita a tutte le donne che si trovano nella necessità di dover fuggire da abusi o violenze di qualsiasi natura.

L’Associazione è anche membro fondatore di D.I.Re. (Donne in Rete Contro la Violenza) l’associazione nazionale dei centri anti violenza. Alle base del lavoro del centro antiviolenza vi è una profonda conoscenza delle cause della violenza domestica, delle diverse forme sotto cui si presenta e dell’impatto che ha sulle vittime.

L’attività del centro si basa sul principio del rispetto per la donna e la sua volontà poiché ogni donna che subisce violenza e maltrattamenti viene trattata senza rispetto e considerazione, non viene ascoltata, non le viene permesso di esprimersi e di decidere.

Ispiratrice del meeting, la Carta di Pordenone, il protocollo d’intesa siglato nel mese di luglio tra soggetti istituzionali, enti e associazioni per “promuovere una immagine equilibrata e plurale di donne e uomini superando e contrastando gli stereotipi di genere nei media”.

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Profughi siriani intrappolati tra Croazia e Slovenia: Human Rights Watch li ha incontrati

Profughi siriani intrappolati tra Croazia e Slovenia: Human Right Watch li ha incontrati

Slovenia - "Siamo bloccati tra due confini. Non possiamo entrare in Slovenia e non ci è permesso di tornare in Croazia. Ci dicono che non è di loro competenza".
 
Hadi, profugo dalla Siria, trema di freddo. Ha spiegato di essere rimasto bloccato per quasi 20 ore, esposto a pioggia e gelo nella terra di nessuno tra la Croazia e il confine sloveno.

È la giornalista di Human Rights Watch Lydia Gall, che si è recata sul posto, a raccontare la sua storia: "Ho incontrato Hadi ieri sera, insieme a centinaia di altri migranti e dei richiedenti asilo, tra cui molte donne e bambini, che sono stati trasferiti dal campo croato di Tavornik nella mattinata del giorno prima".

Gli agenti di polizia di frontiera non sanno per quanto tempo i profughi dovranno restare letteralmente congelati in questo limbo.

"La drammaticità della situazione - scrive Lydia Gall - è emersa in tutta la sua crudezza quando ho visto alcuni bambini che bruciavano un orsacchiotto di peluche per riscaldarsi. Non c'è alcun riparo, e i rifugiati e i volontari mi hanno detto che il cibo e l'acqua non sarebbero arrivati fino al tardo pomeriggio, quando gli aiuti sarebbero stati ammessi nel campo".

"Mohammed, anche lui proveniente dalla Siria, è stato separato dalla moglie e dai due figli in mezzo al caos degli autobus che hanno portato i profughi al punto di smistamento in Slovenia. Non ha idea di quando e dove li avrebbe rivisti. Un altro siriano, Alì, mi ha detto che era scioccato e che non poteva immaginare che questo potesse accadere in Europa".
 
"A quanto pare, è possibile - scrive Human Rights Watch. - Negli ultimi mesi, sono stata testimone di come la chiusura a cascata delle frontiere nei Balcani lasci migliaia di persone, tra cui molti bambini con le loro famiglie, assolutamente sulla strada, esposti alle intemperie".

L'Ungheria ha chiuso le frontiere con la Croazia il 16 ottobre, un mese dopo aver chiuso il confine con la Serbia. I fuggiaschi provenienti dalla Croazia allora hanno cercato di passare il confine sloveno. Ma la Slovenia ha detto di voler ammettere solo le persone che sarebbero state accolte dall'Austria. L'Austria da parte sua ha dichiarato di non essere in grado di accogliere altri profughi. Lunedì 19 la Croazia, a sua volta, ha chiuso i valichi di frontiera con la Serbia, lasciando migliaia di persone intrappolate sotto la pioggia e nel fango.

"Quello che sta accadendo alle frontiere europee - afferma HRW - è direttamente correlato al fatto che i leader europei, nonostante numerosi vertici e riunioni di alto livello, ancora non sono d'accordo per un approccio comune e coordinato per affrontare la crisi".

Nella foto di Lydia Gall (Human Rights Watch) i profughi trovano riparo in un posto di frontiera tra Croazia e Slovenia.

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