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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Politica

Regioni, il decreto sulla revisione della spesa taglierà almeno il 30%. Giù subito le indennità dei consiglieri

Regioni, attesa per il decreto sulla revisione della spesa. Giù subuto le indennità dei consiglieri

Roma - Il taglio del numero dei Consiglieri Regionali scatterà dalla prossima consiliatura di ciascuna Regione, mentre la riduzione alle loro indennità e ai fondi dei Gruppi consiliari partirà da subito: comincia a profilarsi il decreto sui costi della politica che il governo si appresta ad approvare giovedì 4 ottobre e che coinvolgerà anche Comuni e Province.

Il governo è intenzionato ad agire con mano pesante, tagliando il 30% circa delle poltrone e dei fondi.

Il taglio dei Consiglieri era già stato fissato nella manovra Tremonti dell'agosto 2011, nel pieno della crisi dello spread (20 per le Regioni con popolazione fino ad un milione di abitanti; 30 per le Regioni con popolazione fino a due milioni; 40 per quelle fino a quattro milioni; 50 per le Regioni fino a sei milioni; 70 per quelle fino ad otto milioni; 80 per le Regioni con popolazione superiore); la misura doveva essere recepita da ciascuna Regione entro sei mesi, cosa che non è avvenuta per inerzia delle stesse Regioni.

Le imminenti elezioni del Lazio danno la possibilità al governo di ricorrere ad un decreto, e per di più rendendo le norme di Tremonti direttamente prescrittive per le Regioni, anche se esse le applicheranno solo con i rinnovi dei Consigli.

Già il Lazio eleggerà 50 consiglieri anziché 70. Indennità e benefit vari di Consiglieri e Assessori saranno i primi ad essere tagliati, nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni. Il metro di paragone sarà lo stipendio dei Parlamentari nazionali, rispetto al quale saranno parametrati in percentuale quelli di Consiglieri e assessori Regionali (per es. il 50% e il 60%), e di Consiglieri e assessori provinciali e comunali.

Le Regioni hanno promesso che non faranno ricorsi alla Corte costituzionale, come era invece avvenuto in passato.

Un invito a non tentennare più sui tagli ai costi della politica arriva dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, che cita il taglio di 150 milioni in tre anni inseriti nel bilancio di Montecitorio: "I sacrifici collettivi si possono fare a partire dai costi delle istituzioni. Nessun italiano capirebbe un Parlamento che vota sacrifici e poi non e' coerente con questa austerity. Nel taglio dei costi si può fare di più, questo è doveroso".

Il peso della corruzione. La denuncia di don Luigi Ciotti intervenuto a Zugliano

Il peso della corruzione. La denuncia di don Luigi Ciotti intervenuto a Zugliano

Roma - "Una tassa occulta, che impoverisce e inquina il Paese": così viene definita la corruzione nel dossier preparato dalle associazioni Libera, Legambiente e Avviso Pubblico, presentato a Roma nella sede della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti italiani. Basti pensare che la corruzione in Italia "pesa" per circa 10 miliardi di euro l'anno in termini di pil e quindi di perdita di ricchezza, per limitarsi ai danni economici, cui vanno aggiunti quelli altrettanto gravi del degrado etico e sociale.

Una denuncia che domenica 30 settembre anche don Luigi Ciotti ha rilanciato da Zugliano (Ud), ospite del Centro Balducci: "Ora basta: servono scelte chiare e nette, anzi categoriche - ha detto don Ciotti, che è presidente dell'associazione antimafia Libera - Come nella lotta alla mafia, non sono possibili mediazioni nella lotta contro la corruzione, che tiene in ostaggio la democrazia e si affianca all'emergenza etica".

"Il nostro Paese - ha proseguito - versa in uno stato di "coma etico" ed è culturalmente depresso; è un Paese in cui si considera normale tutelare i tornaconti personali. La situazione è davvero grave, se oltre a chi fa il male c'è anche chi guarda e lascia fare".

Il dossier contiene numeri significativi, cifre che parlano da sole: l'onere sul bilancio pubblico italiano è stimato per difetto in 50-60 miliardi di euro l'anno; mentre è di 10 miliardi la perdita di ricchezza causata dalla corruzione, pari a 170 euro di reddito pro capite e al 6% in termini di produttività. Su 100 cittadini italiani, 12 di loro si sono visti chiedere una tangente contro gli 8 della media europea. In termini assoluti, vuol dire che ben 4 o 5 milioni di italiani hanno ricevuto una richiesta di tangente.

"La corruzione ambientale è un veleno che attraversa tutto il Paese", sottolinea ancora il dossier di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico. E infatti sono ben 15 su 20 le regioni coinvolte nelle inchieste che riguardano la corruzione cosiddetta "ambientale" che interessa il ciclo dei rifiuti come l'abusivismo edilizio, le lottizzazioni come le bonifiche, i traffici e i riciclaggi.

Indagini omogeneamente diffuse, visto che le 34 procure impegnate sono 13 del nord, 11 del centro e 10 del sud. Il maggior numero di inchieste si registra in Lombardia con 15, seguono con 8 la Calabria, la Campania e la Toscana. Ma il 37% delle ordinanze di custodia cautelare riguarda le quattro regioni a presenza mafiosa tradizionalmente più alta: Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. Sempre la Calabria guida la classifica nazionale per numero di persone arrestate con 224 seguita da Piemonte con 210, Lombardia con 209, Toscana con 154 e Campania con 130 arrrestati.

Un altro dato fa oggettivamente riflettere: su 33 grandi opere nel triennio 2007-2010 il costo sostenuto dalle casse pubbliche è lievitato dai 574 milioni di euro previsti al momento dell'assegnazione dell'appalto, agli 834 milioni di euro con un aggravio aggiuntivo e inizialmente non previsto di 260 milioni di euro, pari al 45% del valore iniziale di aggiudicazione. C'è poco spazio per lo stupore, allora, se 67 italiani su 100 ritengono che le tangenti siano una pratica diffusa tra i politici nazionali.

Le spese folli delle Regioni autonome dal 2007 al 2010. Il Fvg totalizza un aumento che sfiora il 150%

Le spese folli delle Regioni autonome dal 2007 al 2010. Il Fvg totalizza un aumento che sfiora il 15

Roma - Dal 2007 al 2010 la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha speso per collaborazioni, studi e consulenze 52 milioni di euro, con un incremento del 147,65%. È quanto emerge dai dati pubblicati dall'Istituto centrale di statistica la scorsa settimana.

Mentre le regioni a statuto ordinario, nel periodo in esame, sono riuscite a ridurre, anche se in minima parte, il costo degli enti per avvalersi del personale esterno (-8,8%), nelle regioni a statuto speciale si registra un incremento del 53%.

Il governo ha deciso di arginare l'emorragia delle spese mettendo a punto un provvedimento che giovedì 4 ottobre sarà portato al Consiglio dei ministri. Il decreto legge si propone di tagliare stipendi, indennità, rimborsi, benefit e contributi pubblici ai gruppi, mentre per quanto riguarda il numero di assessori e consiglieri il meccanismo sarebbe più complesso.

Secondo i numeri dell'Istituto di statistica cinque enti territoriali autonomi arrivano a spendere quasi la stessa cifra degli altri quindici. Su un totale di 531 milioni di pagamenti effettuati il 46,7% è stato utilizzato da Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. Ed è proprio quest'ultima regione che si classifica al primo posto tra le venti per le risorse utilizzate a favore delle consulenze e collaborazioni, arrivando a 126 milioni di euro, con un incremento del 366,6%.

Stupisce poi la capacità di spesa di una provincia come Bolzano, che con circa 105.000 abitanti, pari allo 0,3% circa della popolazione italiana, è riuscita a spendere 35 milioni (il 6,6% dei pagamenti totali effettuati). Passando agli impegni, cioè alle somme che la regioni dovranno pagare, anche oltre l'anno solare, si sale a 600 milioni per il 2010, cioè il 15,8% in più rispetto al 2007. E mentre gli enti territoriali a statuto ordinario riescono a ridurre il budget del 18,4%, quelle a statuto speciale salgono del 90,2%.

Le regioni a statuto speciale, complessivamente, hanno aumentato il budget del 73% arrivando a 379 milioni di euro. Incrementi stratosferici riguardano anche altri enti, come la Basilicata che ha raddoppiato la spesa, passando da 20 a 40 milioni; mentre la Sicilia è passata da 40 milioni a 79 (+97,5%). E tra le big non poteva mancare il Lazio che si posiziona subito dopo, con una crescita del 45%.

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