Sauris, centrale energetica mai funzionante ha incassato contributi regionali per 1,7 milioni
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- Pubblicato Venerdì, 04 Marzo 2016 23:22
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Udine - La Guardia di Finanza di Trieste, coordinata dalla Procura della Repubblica di Udine, ha concluso le indagini, avviate ancora nel 2013, su una vasta frode ai danni della Regione operata da un'impresa del settore energetico.
Sono state denunciate sette persone coinvolte a vario titolo, per i reati di concorso in truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d’ufficio e turbativa d’asta. Una prima parte dei procedimenti - quella relativa alla truffa - è già a dibattimento, mentre sta per iniziare la seconda fase del processo, seguito dai procuratori Marco Panzeri e Annunziata Puglia.
Sono state segnalate, inoltre, alla Procura della Corte dei Conti, 25 persone responsabili di un danno erariale pari a 2.700.000 euro.
Al centro della frode un'impresa di Sauris, che aveva inviato all'ente pubblico una richiesta di contributi per produrre energia termica ed elettrica utilizzando biomassa reperita sul territorio.
La centrale - la cui realizzazione è stata possibile grazie a circa 1.700.000 euro di soldi pubblici - non è mai stata pienamente funzionante. Benché i certificati di collaudo attestassero la regolare esecuzione dei lavori sin dalla fine del 2008, infatti, a tutto il 2015 non ha mai prodotto un solo Kw di energia elettrica.
I contributi pubblici, invece, sono stati regolarmente ottenuti proprio sulla scorta di certificazioni fraudolente e in virtù delle attestazioni presentate annualmente alla Regione.
La Guardia di Finanza ha scoperto non solo che l’impianto era strutturalmente inidoneo al funzionamento ma che è stato necessario sostenere ulteriori ingenti costi per l’integrale sostituzione di diversi componenti essenziali.
Una moltitudine di soggetti, sia privati che pubblici, coinvolti a vario titolo nella realizzazione dell’opera, era perfettamente a conoscenza di tali anomalie, ma tutti hanno taciuto per non incappare nella revoca dei contributi che, inevitabilmente, sarebbe intervenuta qualora la centrale non fosse stata terminata nel rispetto dei tempi.
Indagini sulla morte di Giulio Regeni: inquirenti italiani, "incompleti" i dati forniti dall'Egitto
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- Pubblicato Mercoledì, 02 Marzo 2016 21:03
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Roma - Non ci sono immagini di telecamere e i tabulati telefonici sembrano "incompleti". Il plico inviato dall'autorità giudiziaria egiziana a quella italiana appare "parziale" secondo una fonte vicina alle indagini sulla morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore atrocemente torturato e ucciso al Cairo ai primi di febbraio.
I documenti ora al vaglio riguardano anche la prima autopsia, ma anche questi sembrano non complessivi. Vista anche l'assenza di fotografie. Non sembrano risolutive nemmeno le testimonianze di cui si riferisce. Gli inquirenti hanno comunque affidato agli esperti del Ros dei carabinieri e dello Sco della polizia tutto l'incartamento, che è chiaramente scritto in arabo e ha bisogno di una traduzione.
I magistrati di piazzale Clodio, che mantengono il più stretto riserbo e quasi sollecitano il silenzio in favore degli accertamenti da svolgere, aspettano nei prossimi giorni una risposta dagli investigatori di casa nostra. La Farnesina ha preso atto della consegna di una parte del materiale richiesto.
"Si tratta in particolare di informazioni relative a interrogatori di testimoni da parte delle autorità egiziane, al traffico telefonico del cellulare di Giulio Regeni e a una parziale sintesi degli elementi emersi dall'autopsia. Non risultano essere stati ancora consegnati altri materiali informativi richiesti dalle note verbali della nostra Ambasciata - ha aggiunto il ministero -. Spiegando che si tratta di un primo passo utile. La Farnesina ritiene tuttavia che la collaborazione investigativa debba essere sollecitamente completata nell'interesse dell'accertamento della verità".
La Finanza scopre truffa ai danni di clienti di una banca di Tolmezzo: sottratti 2 milioni di euro
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- Pubblicato Mercoledì, 02 Marzo 2016 11:25
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Udine - Un'impiegata di banca si sarebbe appropriata ripetutamente di somme di denaro dei clienti dell'Istituto di credito presso cui lavorava, fino a raggiungere un ammontare, secondo i primi calcoli, di 2 milioni di euro.
Responsabile della truffa, una dipendente della filiale di Tolmezzo del Banco di Brescia, di 53 anni, residente in Carnia, denunciata in stato di libertà per il reato di appropriazione indebita.
Le indagini, condotte dai Carabinieri di Tolmezzo e dalla locale stazione della Guardia di Finanza, sono state avviate in seguito alla segnalazione di un correntista 82enne.
Secondo quanto si apprende, il pensionato avrebbe consegnato a mano all'impiegata, in più occasioni, tutti i suoi risparmi per farli fruttare ma, analizzando i movimenti bancari, aveva notato alcune irregolarità nella gestione dei propri conti ed aveva sporto denuncia.
La Procura di Udine aveva disposto una perquisizione dalla quale sarebbe risultato che la donna era in possesso di atti e documenti che attesterebbero una appropriazione indebita di 150 mila euro euro di proprietà del correntista che aveva sporto denuncia.
I militari avrebbero trovato anche documentazione relativa ad altri episodi di appropriazione ad altre persone, per un importo complessivo di 2 milioni di euro.
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