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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Politica

Governo al capolinea. Votare adesso? Un suicidio

Roma - Alla fine, tanto tuonò che piovve. Non c'è bisogno di essere particolarmente lungimiranti nell'osservare che Silvio Berlusconi, da quando, lo scorso 1° agosto, la Cassazione lo ha condannato per i diritti televisivi Mediaset, stava solo aspettando l'occasione, la famosa "miccia", per far cadere il Governo prima della fine di ottobre quando, con ogni probabilità, il Parlamento decreterà la sua decadenza da senatore.

Certo, nemmeno lui si sarebbe aspettato che il presidente del Consiglio Enrico Letta gli fornisse un assist degno del miglior Roby Baggio, decretando l'aumento dell'Iva dal 1° ottobre. Fornendo così l'occasione al Cavaliere di potersi scagliare contro il Governo delle tasse, alibi davvero succoso per chi, comunque, aveva già deciso di far cadere tutto.

E adesso cosa succederà? Per saperlo, occorrerebbe avere la famosa "sfera di cristallo". Si possono, però, fare alcune considerazioni. La maggior parte degli italiani ritiene, a ragion veduta, che, in una situazione economica sempre più delicata, andare a votare nel giro di un paio di mesi, con il famigerato Porcellum (quello che non fa vincere nessuno), tra l'altro in odore di incostituzionalità da parte della Suprema Corte (la sentenza è prevista i primi di dicembre) sia assolutamente demenziale.

Diverso sarebbe andare alle urne, la prossima primavera, tra un anno, o comunque in tempi non lontanissimi, con un Governo che, almeno, riesca ad approvare la legge di stabilità, evitando così di essere commissariati da parte dell'Unione europea, e la fatidica legge elettorale. In questo modo, finalmente, si capirebbe se i partiti, esattamente tutti, centro, sinistra, destra, grillini, continuino a fingere, ma il Porcellum, tutto sommato gli convenga, o se, invece, abbiano davvero voglia di dare un Governo stabile (una maggioranza, un'opposizione come in tutte le democrazie) al Paese.

Questo, nel giro di 48 ore, potrà accadere se il Capo dello Stato, il presidente del Consiglio e le persone maggiormente dotate di senso civico si renderanno conto che, in un momento come questo, un qualsivoglia governo, con un qualsivoglia presidente, bisogna comunque trovarlo.

Se poi la prossima volta, le elezioni politiche saranno l'occasione per un confronto democratico tra centrosinistra e centrodestra, o chiunque altro, e non un referendum a favore o contro una persona (non è difficile indovinare chi), in questo caso avremmo compiuto un decisivo salto di qualità, un passo significativo cui un Paese dalle tradizioni e dalla storia così elevate, non può non ambire.

Tragedia del Vajont: al raduno della Protezione Civile le scuse dello Stato

Tragedia del Vajont: al raduno della Protezione Civile le scuse dello Stato

Roma - Le scuse dello Stato, per la prima volta dopo 50 anni, per le responsabilità dell'"inumana tragedia" del Vajont, come l'ha definita Franco Gabrielli: 1910 vittime.

Scuse presentate dallo stesso Capo del Dipartimento di Protezione Civile e dal ministro dell'ambiente, Andrea Orlando, e subito raccolte dai governatori del Veneto, Luca Zaia, e del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, che hanno chiesto di essere ripagati con maggiori risorse a disposizione della sicurezza del territorio.

È accaduto sabato 14 settembre al raduno nazionale dei soccorritori con cui è iniziata, ai piedi della diga, la "memoria" dell'immane tragedia di 50 anni fa, quando la sera del 9 ottobre 1963 cadde nel bacino la sponda del monte Toc.

Mentre Longarone e gli altri comuni coinvolti - Erto Casso, Castellavazzo e Vajont - attendono per la commemorazione il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, invitato dai sindaci, ed il presidente del Consiglio, Enrico Letta, nel fine settimana ci sono stati tre giorni in cui il popolo del Vajont ha accolto e ringraziato i volontari dell'epoca (furono 10 mila, tra vigili del fuoco, alpini, ed altri ancora) e quelli di oggi.

"In questi giorni, qui sul Vajont, ho ascoltato i ricordi, le sensazioni e ho percepito come questa tragedia sia una ferita ancora molto aperta, come vi sia ancora una rabbia sorda - ha detto Gabrielli, nel corso della cerimonia conclusiva -. C'è un lutto che non è stato ancora elaborato perché non si è avuta forse la forza, la possibilità o forse meglio nessuno ha aiutato queste persone ad elaborarlo correttamente". "E c'è una tensione che è palpabile, che si coglie nell'aria dell'esigenza che sia arrivato il momento che si chieda scusa".

"Chiedo scusa - ha aggiunto - di silenzi colpevoli, prima; scusa di mancanze e di ritardi, dopo. Oggi, nel mio piccolo, umilmente, come rappresentante di quel pezzo di Stato che ha la missione di salvaguardare le persone vi chiedo scusa".

Lacrime sui volti di numerosi superstiti e soccorritori della prim'ora. Commozione nell'aula del grande palasport. "Questo è un atto di pacificazione" ha riconosciuto il sindaco Roberto Padrin.

"La nostra comunità ha bisogno di scuse, ma anche di guardare avanti. Sì, bisogna chiedere scusa", ha riconosciuto il ministro Andrea Orlando. Dopo aver osservato che Longarone ed il Vajont "dovrebbero essere le tappe fondamentali per un pellegrinaggio di costruzione della memoria e di religione civile", Orlando ha aggiunto che lo Stato non ha fatto tutto quello che doveva e poteva fare per riparare le sue responsabilità.

"Per questo - ha detto - credo che un rappresentante delle istituzioni come me, per la continuità che c'è nelle responsabilità, deve venire qui con un carico di umiltà e deferenza. Ci sono momenti nella vita di una Nazione in cui lo Stato e chi lo rappresenta hanno il dovere di assumersi la più difficile delle responsabilità, chiedere scusa ai cittadini".

Il ministro ha aggiunto che lo Stato deve farlo per il presente e "per ogni volta che abbandona una persona". Per tutte le volte - ha precisato l'esponente di Governo - "che non sa dire "ci sono" di fronte ad un pericolo. E per quando ha permesso che gli anni aggiungessero l'oblio o il tavisamento della verità. Poi ci sono tutte le disattenzioni del dopo, per le parole non dette o sbagliate. Non ci sono solo gli errori di 50 anni fa ma le parole sbagliate che si è continuato a pronunciare".

Immaginando le possibili obiezioni, il ministro ha così proseguito: "Si dice che mancano le risorse ma le risorse su questo argomento mancano sempre. La mancanza di prevenzione, però, è un modo di accumulare debito futuro e questo comporta costi incalcolabili. Non è perciò una battaglia di ecologismo idelogico".

Oggi possiamo vantare una maggiore padronanza della tecnica, ma - è stato l'invito del ministro - "non dobbiamo mai abbassare la guardia e a tenere alta la guardia sono sempre le popolazioni locali".

"Le resistenze delle popolazioni e dei comitati non si possono sempre liquidare come localismi dei no, ci sono esperienze di chi vive nei luoghi che meritano altrettanto rispetto delle perizie tecniche. Le famiglie del Vajont si opposero e denunciarono per tempo ciò che già si sapeva e si poteva evitare - ha concluso -. Lasciare spazio alle voci di chi risiede nei luoghi sui quali insistono progetti di grandi opere, non è opposizione alle opere ma investimento sulla partecipazione".

Centenario della Grande Guerra, il Consiglio regionale varerà una legge dedicata

Centenario della Grande Guerra, il Consiglio regionale varerà una legge dedicata

Trieste - Il 10 settembre, nella Sesta Commissione del Consiglio Regionale, è iniziato l’esame della Proposta di legge n.7, finalizzata alla valorizzazione del patrimonio storico culturale della Prima Guerra mondiale.

L'apertura della discussione ha coinciso con la visita istituzionale in Friuli Venezia Giulia, presso la caserma Di Prampero, a Udine, sede del comando della brigata Alpina Julia, del ministro della difesa Mario Mauro, che ha avuto un breve colloquio con l'assessore alle Finanze Francesco Peroni.

Nell'occasione il ministro e l'assessore hanno affrontato anche il tema delle iniziative statali e regionali promosse in occasione del centenario dell'inizio della Prima Guerra Mondiale.

"Ho illustrato - ha spiegato l'assessore Peroni a margine dell'incontro - le azioni che in Friuli Venezia Giulia vengono messe in campo per la valorizzazione del patrimonio storico e culturale e per il recupero dei luoghi della memoria della Grande Guerra. Una riflessione generale e un aggiornamento su quanto è stato fatto e su quanto rimane da fare sotto il profilo organizzativo".

In Commissione intanto è stato esaminato il testo di partenza, a prima firma di Rodolfo Ziberna, che riprendeva nella totalità il testo già predisposto dal Centrodestra alla fine della scorsa legislatura e mai andato in aula.

L’accelerazione della presa in esame del testo è stata dettata dal fatto che il 2014 è alle porte e non si può arrivare a quell’appuntamento impreparati.

La filosofia del testo a suo tempo predisposto ricalcava un'esigenza senz’altro legittima, ma deviante se restava l’unica in campo: promuovere un turismo della memoria e nient’altro.

Dal punto di vista dell'attuale maggioranza, bisognava integrare un altro elemento, secondo i consiglieri ancora più importante, ossia quello di promuovere, con l’occasione della commemorazione, una  conoscenza più precisa e più obiettiva delle vicende che hanno coinvolto uomini e cose di quel periodo in queste nostre terre e far scaturire una riflessione nel segno di una incentivazione della cultura della pace. E così è stato fatto.

In un clima di serena collaborazione tutti hanno sostanzialmente condiviso la nuova impostazione. L’incipit infatti del primo comma del primo articolo così recita: “Al fine di sostenere la crescita di una cultura della pace e della pacifica convivenza tra i popoli la Regione promuove la valorizzazione e la conoscenza del patrimonio storico culturale ed ambientale attinente ai fatti della Prima Guerra Mondiale”.

Anche all’art. 2 si è provveduto a distinguere tra patrimonio “materiale”, quali musei, fortificazioni, cippi, monumenti, e il patrimonio “immateriale”, quale produzioni letterarie, artistiche, studi e ricerche.

Con questo si è voluto sottolineare l’aspetto culturale e meditativo che la commemorazione di tale evento deve  suscitare.

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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