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Il premier Letta a Longarone e sul Vajont: "contraddizioni profonde" nel nostro Paese
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- Pubblicato Domenica, 13 Ottobre 2013 11:15
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Pordenone - Oggi Longarone e il Vajont, pochi giorni fa Lampedusa. In visita al Vajont sabato 12 ottobre, il primo ministro Enrico Letta si confronta con le tragedie moderne e del passato che hanno mostrato "contraddizioni profonde" del Paese, ma che istituzioni mature - ha spiegato - hanno il dovere di affrontare "in modo aperto".
Perchè "dire che "tutto va bene" - osserva il premier - è il peggior servizio che si possa rendere alla comunità". Da qui l'impegno a nuovi investimenti per la sicurezza del territorio, per il superamento dell'emergenza continua, e ad evitare il rischio di avere cittadini di serie A e di serie B.
Il presidente del Consiglio arriva ai piedi della diga, nella valle del Piave che 50 anni fa contò 1.910 vittime nel disastro, in una giornata di pioggia e nuvole basse.
Fa tappa al cimitero monumentale di Fortogna, dove vive "una forte emozione" davanti ai duemila cippi tutti uguali, poi sale alla diga, da dove si vede ancora la frana e la frattura sul Monte Toc. Infine - fatto inusuale fin qui per le autorità pubbliche - arriva ai piccoli comuni di Erto e Casso, che nel disastro ebbero 158 morti. Qui c'è l'incontro con lo scrittore Mauro Corona.
Si scusa Letta, ricordando di non aver potuto presenziare alla giornata del 50° anniversario - il 9 ottobre - proprio perchè era a Lampedusa, dopo la strage dei migranti. Ma il giovane sindaco di Longarone, Roberto Padrin, fa notare subito che è il primo presidente del Consiglio in carica giunto in queste zone dopo la ricostruzione.
Le difficoltà del dopo-Vajont, le "asimmetrie drammatiche" che hanno segnato le catastrofi italiane, stimolano il primo monito del premier: "basta - dice - con i cittadini di serie A e di serie B. Nelle emergenze non ci possono essere cittadini diversi a seconda del peso politico degli amministratori e dei territori".
Una cosa avvenuta finora perchè mancava "una normativa con meccanismi automatici, che dividano l'emergenza immediata e la ricostruzione". Sollecitato dal governatore del Veneto Luca Zaia che chiede risorse "non più per nastri d'asfalto, ma per mettere in sicurezza il territorio e i cittadini", Letta parla di dissesto idrogeologico e protezione civile.
Annuncia che il Governo porterà martedì prossimo in Consiglio dei Ministri, come collegato alla legge di stabilità, un disegno di legge sull'uso ed il consumo del suolo. E aggiunge che sempre nella legge di stabilità vi sarà una norma "che stanzierà i 50 milioni di euro frutto della vendita degli aerei di Stato per la Protezione civile".
Al governatore veneto, più tardi, da Erto, fa eco la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, la quale chiede a Letta di "portare un piano straordinario come quello per il dissesto idrogeologico fuori dal patto di stabilità".
Il conferimento della cittadinanza onoraria di Longarone alla Polizia di Stato (presente con il prefetto Alessandro Pansa) offre a Letta l'opportunità di incontrarsi con i sopravvissuti del Vajont e alcuni dei soccorritori delle prime ore della tragedia.
Molti erano uomini delle forze dell'ordine, che giunsero sul letto devastato del Piave a salvare vite e recuperare cadaveri anche da volontari. Il loro lavoro, e la solidarietà che arrivò da tutta Italia, sottolinea Letta, furono il lato positivo di quelle "contraddizioni" con cui il Paese deve fare i conti.
Perchè lo Stato, come ha avuto modo di sottolineare il presidente Giorgio Napolitano, fu assente prima del dramma del Vajont. O peggio, riuscì ad essere presente nella triplice veste di imputato (per non aver impedito la catastrofe), difensore - l'allora presidente del Consiglio Giovanni Leone, poco dopo la catastrofe, divenne capo del collegio degli avvocati della Sade-Enel - e giudice (nei processi).
In sala ad ascoltare i discorsi del premier e delle autorità c'era anche un anziano magistrato, Mario Fabbri, che dalla Procura di Belluno - viene fatto notare dal presidente veneto, Zaia - "ebbe il coraggio di andare contro i potenti", aprendo il primo fascicolo giudiziario sul disastro.
(Fonte: Agenzia Ansa).
50° del Vajont, il presidente del Senato Pietro Grasso: lo Stato deve inchinarsi, scusarsi e riparare
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- Pubblicato Martedì, 08 Ottobre 2013 19:37
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Pordenone - Il 9 ottobre ricorre il 50° anniversario della tragedia del Vajont. In questi giorni, per commemorare l'evento, si sono susseguiti diversi appuntamenti scientifici, artistici e culturali, tra cui l'esecuzione del Requiem di Verdi in memoria delle vittime. Nel giorno dell'anniversario è atteso sulla diga il presidente del Senato, Pietro Grasso.
Lo stesso Grasso alla vigilia della ricorrenza ha ricordato nell’aula di Palazzo Madama i cinquanta anni dalla tragica frana.
“Di fronte alla vita spezzata, al deserto di persone, paesi, territori che quel giorno furono schiacciati dal silenzio quasi surreale della devastazione, lo Stato deve inchinarsi – ha detto tra l'altro il presidente nel suo intervento -. Eppure non basta: lo Stato deve anche scusarsi".
"Ma ancora una volta non è sufficiente - ha proseguito Grasso. - lo Stato deve innanzitutto riparare. Nulla basterà per rimediare all’onda di morte che travolse una terra salda e fiera della propria storia e del proprio lavoro, ma almeno lo Stato capace di scusarsi e riparare potrà dare giustizia a quanti – bambini, donne, uomini – hanno subìto l’abuso e il tradimento da parte di tanti, che avrebbero potuto e dovuto evitare la tragedia e non lo hanno fatto. Avrebbero potuto e dovuto denunciare le responsabilità e sono invece fuggiti di fronte alla storia”.
"Sono le 22.39 del 9 ottobre 1963 - ricorda l'agenzia di stampa Ansa. - È in questo istante che un'enorme frana di roccia di circa due chilometri quadrati di superficie e 260 milioni di metri cubi di volume, si stacca dalle pendici del Monte Toc, dietro la diga del Vajont, tra il Friuli e il Veneto. L'enorme massa, un corpo unico, piomba nel sottostante lago artificiale".
"Lo schianto solleva un'onda di 230 metri d'altezza e ben 50 milioni di metri cubi di materiale solido e liquido in sospensione si alzano. La metà della massa d'acqua scavalca la diga, abbattendosi nella sottostante valle del Piave, provocando la distruzione di sette paesi (Longarone, Pirago, Maè, Rivalta, Villanova, Faè, Codissago, Castellavazzo). L'altra parte dell'onda sale la valle e va a colpire i paesini friulani di Erto e Casso e una miriade di borghi".
Molti i fotoreporter che si recarono immediatamente sui luoghi del disastro e che oggi ripropongono gli scatti fatti all'indomani della catastrofe.
A Trieste Fulvio Bronzi, che a quei tempi era un giovanissimo fotografo de "Il Piccolo", rispolvera alcune delle foto fatte 50 anni fa. "È successo qualcosa di molto grave, vada a vedere" gli fu ordinato.
Appena pochi mesi prima Bronzi aveva aperto il suo negozio "Attualfoto", inaugurato nell'aprile del 1963 nel popolare quartiere di San Giacomo, dove ora sono esposte le foto.
La mostra contiene una ventina di fotografie (non sono state esposte quelle che raffigurano le vittime), accompagnate da un video che si sovrappone alle immagini, ricco di testimonianze dei sopravissuti alla tragedia.
La mostra sarà visitabile fino al 26 ottobre con orario 09-13 e 16-19 nel negozio di Attualfoto in via dell'Istria.
Nella fotogallery di Stefano Savini proponiamo alcune immagini della mostra
Credits: Stefano Savini. Licenza Creative Commons: uso non commerciale, citare la fonte.
Vigili del Fuoco in sciopero nazionale: non privilegi ma pari diritti.
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- Pubblicato Martedì, 01 Ottobre 2013 15:52
- Scritto da Redazione ilfriuliveneziagiulia
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Trieste - Uno sciopero nazionale dei vigili del fuoco è stato indetto per il 2 ottobre dal Sindacato Autonomo dei vigili del fuoco.
L'agitazione avrà una durata di quattro ore, dalle 9.30 alle 13.30.
I Vigili del Fuoco intendono protestare, tra i molti punti previsti, anche per l'equiparazione contributiva conle forze di polizia, il riordino delle carriere, contro la sperequazione delle pensioni, contro i tagli lineari dovuti all'abolizione dell'IMU.
In sede locale le motivazioni generali saranno integrate dalle specifiche prioblematiche locali.
Saranno organizzate manifestazioni sit-in a Roma presso piazza Montecitorio e innanzi a tutti gli uffici territoriali e alle prefetteture di tutta Italia.
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