Economia
Electrolux costretta dall'Antitrust a rinunciare all'espansione negli USA
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- Pubblicato Martedì, 08 Dicembre 2015 21:54
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Pordenone - La svedese Electrolux, che in provincia di Pordenone ha un impianto a Porcia, ha dovuto rinunciare all'acquisto della divisione elettrodomestici del colosso USA General Electric (Ge Appliance).
GE ha infatti messo fine all'intesa da 3,3 miliardi di dollari, che era stata sottoposta alla valutazione delle autorità USA, con il dipartimento di Giustizia americano che ha chiesto a luglio a una corte federale di bloccare l'operazione per le preoccupazioni che potesse far crescere i prezzi per i consumatori.
Per l'Antitrust l'operazione avrebbe ridotto la concorrenza, creando un duopolio nel mercato americano degli elettrodomestici. Electrolux avrebbe controllato circa il 40% del mercato USA. Da qui la decisione delle autorità che ha vanificato l'accordo tra le due ditte.
"Ge Appliance va bene, continueremo a gestirla fino a quando non troveremo un nuovo acquirente", ha fatto sapere la GE.
In Borsa sul listino di Stoccolma il titolo Electrolux è precipitato, arrivando a perdere fino al 15% prima di chiudere a -13%. Il gruppo svedese dovrà ora anche pagare a Ge una penale di 175 milioni di dollari per il mancato accordo, che andrà ad impattare sui conti del quarto trimestre.
"Anche se siamo delusi perché l'operazione non sarà completata, Electrolux è fiduciosa che il gruppo ha le capacità per continuare a crescere a livello globale come produttore di elettrodomestici", ha detto l'amministratore delegato, Keith McLoughlin, sottolineando che l'azienda "proseguirà col processo di fusioni e acquisizioni".
La Electrolux ha complessivamente 61 mila addetti nel mondo, 50 mila nella produzione, con una ventina di impianti in Europa. In Italia il gruppo è stato al centro delle cronache per l'ipotesi di alcune chiusure. L'accordo poi raggiunto ha escluso delocalizzazioni e licenziamenti fino al 2017, garantendo 150 milioni di investimenti nei quattro stabilimenti della casa svedese a Porcia (PN), Susegana (TV), Solaro (MI) e Forlì.
Friulia entra in beanTech
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- Categoria: Economia e mercati
- Pubblicato Martedì, 01 Dicembre 2015 13:05
- Scritto da Fabiana Dallavalle
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Friulia ha acquisito il 33% di beanTech, l’azienda friulana di Information Technology (IT) specializzata nell’integrazione di soluzioni informatiche, sviluppo software e business analytics (analisi dei dati). L’obiettivo dell’investimento di 500mila euro è di promuovere un importante piano di sviluppo che porterà Beantech a crescere sia in fatturato sia in addetti. Il business plan triennale condiviso con la finanziaria regionale, infatti, porterà il giro d’affari di Beantech dai 4,5 milioni del 2015 agli 8 milioni del 2018 e all’aumento dell’organico di circa 15 persone.
L’accordo prevede che nel 2020 i tre soci fondatori di beanTech riacquisiscano il completo controllo e la gestione dell’azienda che, tra cinque anni, avrà acquisito maggiori dimensioni e competitività sul mercato nazionale ed estero. Uno dei cinque asset fondamentali del piano di sviluppo è infatti proprio l’internazionalizzazione dell’azienda che per il 2016 ha già nel cassetto l’apertura di una filiale negli USA, nazione leader mondiale nel settore del digitale, dove beanTech ha già una rete consolidata di clienti.
Gli altri quattro punti riguardano la crescita dimensionale e manageriale dell’azienda, il consolidamento del mercato nell’area del triveneto, gli investimenti in ricerca e sviluppo (in particolare nei big data e nell’analisi dei dati) ed infine lo sviluppo di nuovi modelli di business per l’industria 4.0. Quest’ultimo è un tema cruciale per la competitività delle aziende sul mercato globale: lo sa bene Friulia che infatti crede fortemente nel settore IT (information technology) e nello sviluppo del digitale come volano per l’economia regionale.
“L’obiettivo di beanTech – spiega il presidente Fabiano Bendetti – è di non essere solo un fornitore, ma un vero partner di sviluppo che fornisce soluzioni digitali in grado di migliorare il business ed aumentare quindi i ricavi delle aziende.” Basti pensare alla business analiytics e alle enormi potenzialità che ogni azienda può sfruttare attraverso l’analisi intelligente di tutti quei dati che non arrivano più solo da ordini, vendite e rete commerciale, ma sempre di più anche da sito web, dalla rete e dai social media o da macchinari e dispositivi connessi. “Friulia è il partner perfetto per questa azienda in questo momento – continua Bendetti – perché ci dà la spinta giusta verso una crescita misurata e graduale. Gli obiettivi che ci poniamo sono ambiziosi ma tutti analizzati nel dettaglio e sostenibili dalla nostra struttura. In più, la finanziaria regionale potrà aiutarci anche nel creare nuove sinergie sul territorio e nuove relazioni con altre aziende e realtà”.
Report Ires FVG su lavoro dipendente nel privato: dal 2008 al 2014 26mila posti in meno
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- Pubblicato Domenica, 29 Novembre 2015 16:57
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Trieste - Il rapporto iReport IRES Fvg su dati INPS, grazie alle informazioni degli archivi amministrativi delle denunce retributive che le imprese devono presentare mensilmente agli enti previdenziali, evidenzia l’andamento del lavoro dipendente nel settore privato (ad esclusione del settore agricolo e domestico) della regione.
Il contenuto dell’ultimo rapporto è stato illustrato la scorsa settimana. Secondo quanto emerge, in Friuli Venezia Giulia, dall’inizio della crisi, si sono persi 26 mila posti di lavoro dipendente privato: il peggior risultato del Nord Est. Dal 2008 al 2014, i lavoratori subordinati sono passati da 297 mila a 271 mila, l'8,8% in meno rispetto al -6,5% del Veneto, il -5,1% dell’Emilia Romagna, il -5,6% nordestino (con il Trentino Alto Adige unica regione italiana in positivo, +0,5%) e il -5,8% italiano.
A livello locale è Pordenone a segnare le perdite maggiori (-12,5%), seguita da Udine e Gorizia (-8,9%); Trieste, per la minore vocazione manifatturiera, ha una riduzione contenuta (-2,4%).
I settori più critici sono l'industria (-15,2%) e le costruzioni (-32,2%). Tra i più colpiti dalla crisi il legno-arredo (occupazione diminuita di un terzo negli ultimi sette anni), l’industria meccanica, le attività di produzione e lavorazione di materiali per l’edilizia, apparecchi medicali, strumenti di precisione e ottici.
Il commercio regionale (-9,3%) denota inoltre il secondo risultato peggiore a livello nazionale. Solo nel terziario si rileva una crescita complessiva dell’occupazione dipendente, in particolare nella sanità e nell’assistenza sociale, nell’informatica e nelle telecomunicazioni, nei servizi alle famiglie (lavanderie, parrucchieri, centri benessere).
La perdita occupazionale si concentra tra gli operai (-13%, pari a -21.610 unità), mentre tra gli impiegati la diminuzione è più contenuta (-1%). Il numero di quadri e dirigenti è invece in crescita del 10,3%. L’altra qualifica su cui si è concentrato il calo dell’occupazione è quella degli apprendisti (-33%). L’impatto negativo della crisi sulle generazioni più giovani si riscontra infatti nella forte diminuzione dei dipendenti under 25 (-45,7% tra 2008 e 2014) e tra 25 e 35 anni (-32,4%).
Le posizioni a tempo pieno sono diminuite di 34mila unità (-14%), mentre si sono diffusi i tempi parziali, in particolare il part-time misto (+81%).
La crisi ha colpito soprattutto i rapporti di lavoro a tempo determinato (-13%), i primi a non essere rinnovati dalle imprese, anche se in termini assoluti pesa di più il saldo negativo dei tempi indeterminati (-20.120 unità, pari a -8%).
L’analisi ha permesso anche di evidenziare come stanno cambiando i rapporti di lavoro dipendente nel tempo. I lavoratori a tempo indeterminato con meno di 25 anni sono oggi pari al 50-60% del totale degli occupati di quella fascia di età.
Tra i 50-65enni, la percentuale di dipendenti a tempo indeterminato è invece pari al 90% degli occupati in tale intervallo.
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