“Egon e Jim” di Crivelli in scena al teatro dei Fabbri
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- Pubblicato Mercoledì, 09 Novembre 2016 12:05
- Scritto da redazione ilfriuliveneziagiulia
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Trieste - Egon Schiele e James Joyce, due grandi artisti, figure controverse del loro tempo, s’incontrano nello spettacolo “Egon e Jim”, che va in scena venerdì 11 novembre alle ore 20.30, e nell’immaginario del Prof. Renzo Crivelli, esperto di Joyce sul Molo San Carlo (oggi Audace) a Trieste davanti a un cavalletto, quasi per caso, un colloquio che darà inizio ad una profonda amicizia. Spettacolo fruibile fino a domenica 13 novembre.
“Egon e Jim”, per la regia di Enza De Rose e Francesco Godina, vede Schiele, dopo un periodo di prigionia per aver sedotto una quattordicenne e per via delle sue opere ritrovate nell’abitazione di Neulengbach in Austria e considerate scandalose dal giudice chiamato in causa, ritornare a Trieste dopo esservi già stato con la sorella anni prima.
A quel tempo James Joyce, già autore di “Gente di Dublino” ma impegnato con la censura irlandese che ne voleva impedire la pubblicazione, soggiornava a Trieste sentendosi più che a suo agio lontano da Dublino, dalla quale gli arrivano solo commenti negativi per i suoi scritti, considerati anch’essi immorali. Accomunati dunque dall’amore per le donne, soprattutto giovani, alle quali affidano come delle muse la loro ispirazione, e scontrandosi con resistenze e incomprensioni da parte della società del loro tempo, stabiliscono un’amicizia incentrata sull’arte affrontando il tema del rapporto tra essa e la pornografia, una questione senza tempo. Sullo sfondo della vicenda il piroscafo Carpathia in partenza per New York: il simbolo della tragedia incombente. In una lettera al pittore Anton Peschka, datata Trieste 14 maggio 1912, Schiele, che sta soggiornando presso l’Excelsior Palace Hotel, osserva il mare e nota proprio il Carpathia. La nave, che ha appena salvato i superstiti del “Titanic”, è l’immagine della società che “balla sul ponte” mentre si avvicina il naufragio del conflitto mondiale.
Il testo del prof. Crivelli sottolinea come i due artisti si siano “riconosciuti come maestri nel cavalcare burrasche (…) navigatori infiniti anche se nel breve spazio degli sguardi”, entrambi in grado di superare il consueto, verso l’essenza delle cose, capaci di trasformarla in arte “così avanti nel vedere le pieghe sconosciute della mente. L’istinto che seduce ma anche quello che corrompe il corpo, quando sceglie, invece dell’amore, l’oscenità della guerra.” Nel cast Francesco Godina, Enza De Rose Giacomo Segulia e Valentino Pagliei. Ingresso 10 euro, ridotto 8 euro.
Info 040 948471 / 040390613 www.contrada.it
“Dove gli dei si parlano” di e con Monika Bulaj al Miela
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- Pubblicato Mercoledì, 09 Novembre 2016 11:35
- Scritto da “Mastica e sputa” reading musicale di Pupkin Kabarett in scena al Sartorio
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Trieste - Dopo la prima internazionale in Polonia e la prima italiana al Festival di Fotografia a Bergamo, S\paesati eventi sul tema delle migrazioni, presentano al Teatro Miela Monika Bulaj, fotogiornalista, scrittrice di viaggio, documentarista, in “Dove gli dei si parlano”, domani seragiovedì 10 novembre alle ore 21, con un performing reportage.
Vedremo le ultime oasi d’incontro tra fedi, zone franche assediate dai fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi di oggi. Luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca, e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi. In una parola: l’uomo, la sua bellezza, la sua sacralità inviolabile, ostinatamente cercata anche nei luoghi più infelici del Pianeta, seguendo il sole, la luna, le stagioni, i culti e i pellegrinaggi, in una “mappa celeste” che ignora gli steccati eretti dai predicatori dello scontro globale.
Un mondo parallelo e poco raccontato che va dall’Asia centrale all’America Latina, dalle Russi e al Medio Oriente, e ti riconsegna la bellezza nella contaminazione: i riti dionisiaci dei musulmani del Magreb, il pianto dei morti nei Balcani, i pellegrinaggi nel fango degli Urali, l’evocazione degli dei in esilio oltremare, sulla rotta degli “scafisti” di un tempo, a Haiti e Cuba, dove la forza spirituale della terra madre diventa rito vudù, santeria, rap mistico, samba, epitalamio e mistero. E ancora il cammino dei nomadi dell’Asia, che si portano dietro le loro divinità, come gabbiani dietro a una barca da pesca nel deserto.
“Sono molto cambiata nel corso del mio lavoro, all’inizio partivo cercando immagini per documentare qualcosa, poi, ad un certo punto, le mie immagini hanno cominciato a parlare da sole, a cercare me.
Ora quello che faccio è una cosa semplice, quasi infantile: raccolgo schegge di un grande specchio rotto, miliardi di schegge, frammenti incoerenti, pezzi, atomi, forse mattoni della torre di Babele… Forse questo può fare il fotografo, raccogliere tessere di un mosaico che non sarà mai completo, metterle nell’ordine che gli sembra giusto, o forse solo possibile, sognando, senza raggiungerla mai, quell’immagine intera del mondo che magari da qualche parte c’è, o forse c’era e s’è perduta, come la lingua di Adamo”.
Un libro dal titolo Sacred Borders in pubblicazione presso Contrasto www.contrastobook.com
In collaborazione con Bonawentura
Foto: "© MONIKA BULAJ”.
Un’affascinante riscrittura di “Play Strindberg” inaugura la stagione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
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- Pubblicato Lunedì, 24 Ottobre 2016 18:55
- Scritto da redazione ilfriuliveneziagiulia
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Trieste- Al Politeama Rossetti il sipario si alzerà per la prima volta, sulla sorprendente scenografia di Play Strindberg, testo che Friedrich Dürrenmatt rielabora dallo strindberghiano Danza di morte per tratteggiare uno spettacolo cinico e molto divertente con cui si prosegue l’indagine sulla famiglia, avviata lo scorso anno con Scandalo di Arthur Schnitzler.
Play Strindberg inaugura la Stagione 2016-2017, domani martedì 25 ottobre alle ore 20.30 al Politeama Rossetti e replica in orario serale fino a sabato 29 ottobre, l’unica recita pomeridiana si terrà domenica 30 alle ore 16.
Lo spettacolo è firmato da Franco Però che dirige un terzetto d’attori di assoluto livello – Maria Paiato, Franco Castellano, Maurizio Donadoni – capaci d’interpretare ogni sfumatura dei loro personaggi, di dare evidenza ad ogni potenzialità offerta dall’asciutta e intrigante scrittura. Lo spettacolo rappresenta un impegno produttivo rilevante, nonché un’interessante novità nel panorama nazionale dove circuiterà. Play Strindberg infatti dopo una sola replica data in anteprima al Mittelfest 2016 debutta a Trieste dove è in scena nelle date sopra indicate e prosegue poi in tournée toccando Pordenone, Bassano, San Vito nei prossimi mesi e nella seconda parte di stagione Chiasso, Genova Udine, Parma e Roma.
Play Strindbergnasce al Teatro di Basilea nel 1969, scritta dall’autore svizzero tedesco proprio per la messinscena (molto applaudita) e tratta dal capolavoro strindberghiano Danza macabra. La pièceviene creata perché Dürrenmatt, che era parte della direzione del teatro, era affascinato dalle possibilità interpretative che Strindberg aveva ideato per gli attori nel dramma originale, ma profondamente insoddisfatto delle traduzioni e degli adattamenti esistenti. Così affronta egli stesso quella materia: ed il risultato si rivela molto più di un adattamento.
«Il risultato – commenta infatti il traduttore Luciano Codignola – è un’opera drammatica unitaria, serrata, densa, coerente sul piano stilistico, perfettamente sviluppata come costruzione e di una modernità stupefacente. Al regista e agli interpreti Dürrenmatt ha fornito un pezzo di bravura, una struttura aperta dove possa esercitarsi il virtuosismo degli interpreti (…) Da questo testo, apparentemente così scarno, si può trarre uno spettacolo da togliere il fiato, qualcosa che in questi ultimi tempi s’era avuta solo con Chi ha paura di Virginia Woolf» .
«Dürrenmatt si prende gioco di noi della nostra vita famigliare, con tutte le armi che gli sono proprie, il sarcasmo, l’ironia che trascolora nel grottesco, il gusto del comico, ma anche la violenza del linguaggio e lo fa prendendo uno dei più formidabili testi di Strindberg, Danza macabra e riscrivendolo dal quel grande costruttore di storie teatrali qual’è » afferma Franco Però, che affronta la regia di Play Strindberg proseguendo in qualche modo l’itinerario di ricerca nel nucleo della famiglia (avviato lo scorso anno con l’allestimento di Scandalo di Schnitzler) e interrogandosi su questo tema attraverso lo sguardo sottile e disincantato di un altro autore di cultura tedesca, più vicino a noi, nel tempo e nella sensibilità. Ne gusta la scrittura cinica ed efficacissima, le potenzialità dell’architettura drammaturgica ritmata e sapiente che affida a tre protagonisti di livello assai elevato, sensazionali in un gioco teatrale assieme raffinato e divertente: Maria Paiato, Franco Castellano, Maurizio Donadoni.
«L’autore prende i tre protagonisti – il capitano, la moglie e il cugino/amante che ritorna – e li posiziona sotto le luci glaciali di un ring» continua Però: «seziona il testo strindberghiano e ne tira fuori undici round, intervallati dai gong – proprio come un incontro di boxe o di lotta – con la sola differenza che i combattenti sono tre. Tutta l’essenza del testo originale rimane, ma Dürrenmatt ne esalta l’attualità, asciugando fin dove è possibile il linguaggio – già di per sé scarno – come in un continuo corpo a corpo, che solo il gong ferma per qualche istante, dando ai contendenti il tempo di un riposo per riprendere fiato e agli spettatori l’attimo di riflessione su quanto, nel round precedente, hanno visto. Sono immagini veloci come flash di una lotta famigliare in cui arriva all’improvviso il desiderato – da entrambi i coniugi – “straniero”, che veste i panni del cugino e rimette in gioco rapporti e conflittualità.
Il riso e il pugno allo stomaco, il sorriso e l’amarezza si alternano continuamente su questo palcoscenico-ring, riportando davanti agli occhi dello spettatore gli angoli più nascosti di quel nucleo, amato od odiato, fondamentale – almeno fino ad oggi… – delle nostre società: la famiglia».
Sotto le livide luci di un ring che – sul palcoscenico del Politeama Rossetti – contiene gli elementi essenziali di un interno borghese (la scena è di Antonio Fiorentino), Maria Paiato (Alice), Franco Castellano (Edgar) e Maurizio Donadoni (Kurt), si confrontano in un eterno triangolo: si attaccano, si corteggiano, si colpiscono e si affrontano, si mettono “alle corde” come in un vero incontro di boxe. I costumi sono creazioni di Andrea Viotti, le suggestive luci sono firmate da Luca Bronzo e le musiche da Antonio Di Pofi.
Lo spettacolo è coprodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia con Artisti Riuniti e con Mittelfest 2016. Per abbonamenti e per i posti ancora disponibili ci si può rivolgere presso tutti i punti vendita dello Stabile regionale, i consueti circuiti o accedere attraverso il sito www.ilrossetti.it alla vendita on line. Ulteriori informazioni al tel 040-3593511.
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