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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

In scena il progetto "1914. La volete questa guerra? Echi di pacifismo e guerra sui confini tra Italia e Austria"

In scena il progetto 1914. La volete questa guerra? Echi di pacifismo e guerra sui confini

Trieste - Evento conclusivo giovedì 15 gennaio alla Casa internazionale delle Donne di Trieste per il progetto promosso dalla Provincia di Trieste ed intitolato:  “1914 – La volete questa guerra? - Echi di pacifismo e guerra sui confini tra Italia e Austria”.

Bruna Braidotti e Sabrina Morena, rispettivamente attrice e regista, hanno presentato il video conclusivo relativo al progetto.

Nel video, vari spezzoni del lungo progetto realizzato da agosto a dicembre 2014 nel friulano ma anche a Trieste, l'interpretazione dell'intensa Braidotti racconta i fatti avvenuti nel corso del 1914, a guerra iniziata, al confine tra Austria ed Italia.

Belle le riprese effettuate all'interno del Caffè San Marco a Trieste, durante lo spettacolo in costume in cui Giani Stuparich, Elody Oblath (futura moglie di Stuparich) e Scipio Slataper discutono degli echi di guerra e dell'irredentismo che fece proseliti a Trieste.

Il progetto ha toccato San Giorgio di Nogaro, San Pietro al Natisone, l'isola di Barbana, Polcenigo e, infine, Trieste, con una serie di spettacoli (tra i quali Storie di acque e storie di guerra di e con Bruna Braidotti e Anime inquiete a Trieste di Sabrina Morena) di narrazione sui territori in cui si avvertivano i venti di guerra.

La produzione del progetto è stata realizzata grazie ad una sinergia tra “Compagnia di Arti & Mestieri”, “Amici della Musica”, “Associazione la Giordola”, “Associazione culturale Teatrobandus”, “Casa Internazionale delle Donne” e con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.

Al Giovanni da Udine è andato in scena “Il visitatore” dramma di Éric-Emmanuel Schmitt

Al Giovanni da Udine è andato in scena “Il visitatore” dramma di Éric-Emmanuel Schmitt

Udine - Come reagireste se tutto d’un tratto uno sconosciuto entrasse clandestinamente nella vostra abitazione sostenendo di essere Dio? Certo le repliche sarebbero diverse, difficile però non concordare in prima analisi per una declaratoria di pazzia. E tuttavia se il padrone di casa non fosse altri se non Sigmund Freud, padre della psicanalisi e fervido sostenitore dell’ateismo?

La situazione più estrema, le parti più lontane, la conversazione più interessante. “Il Visitatore” di Éric-Emmanuel Schmitt , scritto nel 1993 - andato in scena al “Giovanni da Udine” dal 9 all’11 gennaio - è tutto questo se non di più: un discorso tra il dottore dell'inconscio, interpretato con maestria da Alessandro Haber, e quel visitatore, un immenso Alessio Boni, che sostiene di essere Dio ma è allo stesso tempo un pazzo, o forse no.

Senza una formale o perentoria affermazione di sé, lungi dal poter essere dedotta dall’abbigliamento povero e dai modi bizzarri, l’ospite a sorpresa si fa conoscere per chi realmente è, ovvero per colui che vuole convincere di essere, tra indizi apparentemente incontrovertibili che si premura egli stesso di smentire con un’autoironia che disorienta.

E Freud? Orgogliosamente riluttante a riconoscere ciò che da sempre rifiuta, si trova come una marionetta nelle mani del suo interlocutore, volendo credere ma non potendo, potendo credere ma non volendo, assetato di verità e dissetato con il dubbio.

E allora dopo improbabili richieste di miracoli e tentativi di psicanalisi fallimentari, sempre accompagnanti da una cronica incertezza, sono i contenuti a prendere il sopravvento sulle identità. I massimi sistemi vengono ad uno ad uno scandagliati, tra violente perorazioni e interrogazioni incalzanti, il tutto per affacciarsi alla finestra ed urlare l’ineluttabile “Si deus est, unde malum?”.

Lo sfondo della tragedia nazista si fa largo nelle voci dei protagonisti, rotte da un singulto di paura e dalla pretesa perentoria di risposte. Ed è proprio quando le identità sembrano finalmente chiarite che i dubbi ritornano ad accecare, questa volta in modo definitivo per l’epilogo quasi tragico della conversazione.

Protagonista della spettacolo è quindi il discorso in tutte le sue sfumature, contenutistiche e formali: la complessità e la delicatezza degli argomenti trova un contrappeso nelle gergalità espressive e nei toni, non privilegiando un unico registro drammatico, ma introducendo sapientemente ironia e dolcezza di linguaggio.

La regia di Valerio Binasco ha l’enorme merito di essere riuscita a proporre tematiche importanti in modo fresco e diretto, conseguendo il difficile obiettivo dell’immedesimazione e del massimo coinvolgimento dello spettatore, il quale forse ora troverà la sua personale risposta al quesito iniziale.

Una giovinezza enormemente giovane approda a Zagabria

Una giovinezza enormemente giovane approda a Zagabria

Zagabria - A coronamento del successo che accompagna Una giovinezza enormemente giovane fin dal suo debutto nell’estate 2013, lo spettacolo va in scena il prossimo lunedì 12 gennaio a Zagabria, per la stagione del teatro Zagrebačko Kazalište Mladi – uno dei fondamentali nella vita culturale della capitale croata – grazie all’organizzazione dell’Istituto Italiano di Cultura.

Scritto da Gianni Borgna e diretto da Antonio Calenda, Una giovinezza enormemente giovane è una fortunata produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, in cui Roberto Herlitzka sfodera tutta la sua capacità d’analisi, intensità e raffinatezza interpretativa.

Dopo i tanti palcoscenici italiani – fra cui, in questa stagione, il Piccolo Teatro di Milano e il Teatro Argentina di Roma – tocca ora a Zagabria accogliere il monologo, che sarà sopratitolato in croato, che da un lato evoca il pensiero di Pier Paolo Pasolini attraverso la sua opera letteraria e poetica, e dall’altro sancisce la capacità profetica dello scrittore, sul piano sociale e politico.

Di questo “vedere politicamente”, Gianni Borgna, è stato testimone culturale prima con la sua reale vicinanza a Pasolini nell’ambiente della FGC romana, poi attraverso lo studio dello scrittore.

Roberto Herlitzka, con la sua espressività profonda, con la sua incisività è, in scena, Pasolini guarda un corpo, malconcio sulla spiaggia, forse il suo?, Nella notte di quell’assassinio rimasto oscuro. Attorno a quest’immagine forte, seguendo l’intuizione del regista Calenda, si sviluppa lo spettacolo che progredisce in un flusso di riflessioni sul mondo che Pasolini ha lasciato e sulle sue evoluzioni di cui non potrà più essere il testimone critico e acuto, pur avendole intuite.

L’Istituto Italiano di Cultura ha voluto lo spettacolo a Zagabria per ricordare il quarantennale della morte di Pasolini in apertura della programmazione 2015: per l’occasione, con l’aiuto dell’Università Popolare di Trieste sono stati coinvolti i Dipartimenti di Italianistica delle Università di Pola e di Zara che saranno presenti con un folto numero di docenti e studenti.

 

 

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