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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Al Giovanni da Udine è andato in scena “Il visitatore” dramma di Éric-Emmanuel Schmitt

Al Giovanni da Udine è andato in scena “Il visitatore” dramma di Éric-Emmanuel Schmitt

Udine - Come reagireste se tutto d’un tratto uno sconosciuto entrasse clandestinamente nella vostra abitazione sostenendo di essere Dio? Certo le repliche sarebbero diverse, difficile però non concordare in prima analisi per una declaratoria di pazzia. E tuttavia se il padrone di casa non fosse altri se non Sigmund Freud, padre della psicanalisi e fervido sostenitore dell’ateismo?

La situazione più estrema, le parti più lontane, la conversazione più interessante. “Il Visitatore” di Éric-Emmanuel Schmitt , scritto nel 1993 - andato in scena al “Giovanni da Udine” dal 9 all’11 gennaio - è tutto questo se non di più: un discorso tra il dottore dell'inconscio, interpretato con maestria da Alessandro Haber, e quel visitatore, un immenso Alessio Boni, che sostiene di essere Dio ma è allo stesso tempo un pazzo, o forse no.

Senza una formale o perentoria affermazione di sé, lungi dal poter essere dedotta dall’abbigliamento povero e dai modi bizzarri, l’ospite a sorpresa si fa conoscere per chi realmente è, ovvero per colui che vuole convincere di essere, tra indizi apparentemente incontrovertibili che si premura egli stesso di smentire con un’autoironia che disorienta.

E Freud? Orgogliosamente riluttante a riconoscere ciò che da sempre rifiuta, si trova come una marionetta nelle mani del suo interlocutore, volendo credere ma non potendo, potendo credere ma non volendo, assetato di verità e dissetato con il dubbio.

E allora dopo improbabili richieste di miracoli e tentativi di psicanalisi fallimentari, sempre accompagnanti da una cronica incertezza, sono i contenuti a prendere il sopravvento sulle identità. I massimi sistemi vengono ad uno ad uno scandagliati, tra violente perorazioni e interrogazioni incalzanti, il tutto per affacciarsi alla finestra ed urlare l’ineluttabile “Si deus est, unde malum?”.

Lo sfondo della tragedia nazista si fa largo nelle voci dei protagonisti, rotte da un singulto di paura e dalla pretesa perentoria di risposte. Ed è proprio quando le identità sembrano finalmente chiarite che i dubbi ritornano ad accecare, questa volta in modo definitivo per l’epilogo quasi tragico della conversazione.

Protagonista della spettacolo è quindi il discorso in tutte le sue sfumature, contenutistiche e formali: la complessità e la delicatezza degli argomenti trova un contrappeso nelle gergalità espressive e nei toni, non privilegiando un unico registro drammatico, ma introducendo sapientemente ironia e dolcezza di linguaggio.

La regia di Valerio Binasco ha l’enorme merito di essere riuscita a proporre tematiche importanti in modo fresco e diretto, conseguendo il difficile obiettivo dell’immedesimazione e del massimo coinvolgimento dello spettatore, il quale forse ora troverà la sua personale risposta al quesito iniziale.

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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