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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Trieste: la lirica chiude la stagione con il balletto russo. Successo di Apollo e Salomè al Verdi.

Trieste: la lirica chiude la stagione con il balletto russo. Successo di Apollo e Salomè al Verdi.

Trieste - Chiusura in bellezza per la stagione di lirica e balletto al teatro Verdi di Trieste. Grandi cerimonieri gli straordinari ballerini del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, da martedì 28 maggio nel capoluogo giuliano, per presentare un dittico di grande richiamo.

Chiusura in nome della bellezza se i titoli del cartellone inneggiano ad Apollo e Salomè: la seduzione catartica del gesto atletico che si traduce in musica e quella irresistibilmente perversa che chiede come omaggio la morte. Il successo di questa chiusura premia l'intelligente iniziativa del sovrintendente Claudio Orazi per il Teatro “Verdi” di Trieste, improntata alla ricerca di scambi e collaborazioni di ampio respiro e di grande qualità per restituire al teatro triestino la centralità in ambito europeo. La risposta arriva con l'omaggio dell'anteprima mondiale della coreografia del giovane Emil Faski per la musica tratta da "La tragédie de Salomè" di Florent Schmitt, balletto che fa da "secondo tempo" per uno spettacolo di altissima qualità che inizia con uno dei capolavori del balletto neoclassico, il rimontaggio del celebre "Apollo" di Balanchine da parte dell’ americana Francia Russel.

Oltre all'omaggio a George Balanchine nella ricorrenza dei 30 anni dalla morte (da cui nasce la riproposta del suo Apollon Musagète), c'è una sorta di circolarità nella circostanza che unisce questi due balletti già legati fra di loro per il richiamo tematico a due passati mitici - quello greco classico e quello biblico-: la spinta la dà l'icona della rivoluzione musicale del Novecento, Igor Stravinsky, compositore della partitura commissionata nel 1927 da Elizabeth Sprague Coolidge per il balletto dedicato ad Apollo, ma anche dedicatario della sinfonia "La tragedie de Salomè" scritta nel 1911 da Florent Schmitt, coreografata per la prima volta nientemeno che dai “Balletts russes” di Diaghilev nel 1913. Che la musica di Schmitt sia bellissima non spetta dirlo a noi: lo riconobbe a suo tempo lo stesso Stravinsky, allora astro in ascesa che si dichiarò debitore al musicista francese per la composizione della sua “Sacre du Printemps”.

Accortamente, la compagnia di San Pietroburgo costruisce lo spettacolo sulla successione di un balletto famoso interpretato da danzatori non ancora indimenticabili e di una coreografia totalmente nuova messa in scena da ballerini superlativi.

In entrambi i casi, le interpretazioni risentono un po’ della tensione dell’anteprima, palpabile soprattutto nell’Apollo, dove la tecnica ineccepibile di Vladimir Škliarov (Apollo), Nadežda Batoeva (Polimnia) e Viktorija  Krasnokutskaia (Calliope) non sopperisce sempre alla mancanza di “rodaggio” soprattutto nelle parti d’ensemble e negli schemi coreografici più noti del pas d’action e delle due parti finali; le linee delle pose d’insieme delle Muse (i famosi arabesques penchèes attorno ad Apollo inginocchiato o la raggiera di arabesque composta sempre sul corpo di Apollo nell’apoteosi finale) non sono sempre composte in geometrie precisissime e talora la dilatazione dei tempi musicali voluta dal direttore Aleskej Repnikov mette in difficoltà sulle parti più ritmiche (e su qualche pirouette) la pur brava Nadežda Batoeva.

Anche Škliarov è un danzatore forse troppo potente e dal controllo del corpo non sempre “apollineo”, soprattutto nel tronco e nelle braccia, il che nella prima rappresentazione gli fa commettere qualche ingenuità persino quando, con movimenti fin troppo impetuosi, suona il liuto. Ma sente molto il suo ruolo e crescerà sicuramente nelle prossime rappresentazioni.

Solleva alquanto le sorti della celebrazione dell’omaggio delle Muse al dio della musica l’elegantissima Marija Širinkina, alla quale non a caso è affidato il compito di interpretare il ruolo di Tersicore, la dea della danza che, al termine del rito di iniziazione alle arti apollinee, ottiene la lode del dio e il privilegio di misurarsi con lui in uno splendido pas de deux. La Širinkina è una danzatrice che disegna con il corpo linee lunghe e movimenti sostenuti, quanto lo richiede la complessa partitura per archi voluta da Stravinsky come successione dei più famosi ritmi del teatro greco antico e di quello classico del ‘600 francese, dal trimetro giambico al dodecasillabo alessandrino.

Ma è con la trasposizione coreografica di Salomè che il corpo di ballo di San Pietroburgo cala i suoi assi. A partire dal giovane coreografo Emil Faski, che propone un balletto che risente delle suggestioni eroiche delle composizioni del balletto sovietico alla Grigorovich (in molti momenti i movimenti delle guardie evocano le atmosfere di Spartacus) e che, senza misurarsi con temerarie ricerche di originalità, produce una trascrizione tersicorea della nota vicenda biblica leggibilissima, di grande impegno fisico e trascinante quanto la splendida musica di Florent Schmitt.

In questa bella realizzazione Faski è aiutato dalle non audaci ma bellissime intuizioni sceniche di Pier Paolo Bisleri (bravissimo anche nei costumi) e dalle luci del designer Claudio Schmid. Di grande effetto l’idea di far calare i sette veli di Salomè dal cielo in cui sono proiettati gli ideali di castità di Giovanni Battista, interpretato straordinariamente da Andrej Ermakov, già a vette significative di forma fisica e carisma drammatico.

Per interpretare il ruolo del santo Battista ad Ermakov non manca niente: come recita il libretto, “è bellissimo anche nell’ira”, il candore tipico da somatotipo slavo e le sue membra longilinee traspirano tensione ascetica e slancio profetico, l’articolarità – sempre dono raro nel fisico maschile – traduce in ogni momento della coreografia una sensualità latente e insinuante. La sua danza è talmente precisa sul piano tecnico e così esaltata da qualità fisiche spettacolari che riesce difficile dire se impressioni di più il suo controllo nelle pirouettes, la plasticità degli equilibri o il suo spettacolare ballon, che Ermakov esibisce con superbia già a poche decine di secondi dalla sua entrata in scena, quando avvolge il manège con una spettacolare serie dijetès en tournant. Per non far rimpiangere l’emozione di quel momento difficilmente dimenticabile, una decina di minuti dopo eccolo alle spalle di Erodiade, a ribadirle il rifiuto della figlia con un furioso grand jetè en tournant con cambio di gamba in volo, giusto per gradire.

In fatto di espressione fisica di passioni non è certo da meno la superba Viktorija Brileva nella parte di Salomè: solo a vederla attraversare la scena con l’incedere insinuante in continue onde del tronco e regali movimenti delle bracciaorientaleggianti, si capisce ci vuole l’ostinazione ascetica di un santo per poter dire di no ad una bellezza del genere. Distaccata, crudele e algida allo stesso tempo nella prima parte del balletto, traduce nella sua danza un trasporto appassionato e al contempo l’impotenza scatenata dalla consapevolezza dell’irreparabile nello splendido pas de deux con Battista nel sogno che la rapisce a Giovanni ormai decollato. Nel fisico ricorda il tipo di danzatrice alla Zakharova, di cui esibisce una variante per ora meno spettacolare nella componente fisica, ma perfettamente in grado di tenere testa sul piano tecnico e interpretativo.

 Marziale, scattante e inquieto come deve essere un padre morbosamente possessivo è il bravissimo Anton Pimonov, un formidabile Erode. Brave e bravissimi gli elementi del corpo di ballo, specialmente le guardie che interpretano in più momenti sequenze fisicamente molto impegnative.

Ecco infine gli interpreti dei ruoli di “Apollo” nelle giornate 29, 31 matinée e 1 giugno:Apollo: Xander Parish; Tersicore: Ekaterina Osmolkina; Polimnia: Keenan Kampa; Calliope: Nadežda Gončar.Gli altri interpreti di “Salomè”: Salomè: Keenan Kampa (30, 31 serale/5) ; Giovanni Battista (solo 30/5): Xander Parish

“Apollo”, balletto in due scene. Musica di Igor Stravinsky, coreografia di George Balanchine rimontata da Francia Russel e “Salomè”, balletto in un atto su musica di Florent Schmitt da “La tragédie de Salomè” al Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste: 28, 20, 30, 31 (doppio spettacolo) maggio 2013, I° giugno 2013.

 


Ultima puntata di Pupkin Kabarett

Ultima puntata di Pupkin Kabarett

Trieste – Stasera alle ore 21 al Teatro Miela, “puntuale come il rimorso” come ricordano  gli autori  ci sarà l' ultima serata di Pupkin Kabarett.

Gli attori del Pupkin Kabarett, tireranno un po' le somme di questa loro stagione teatrale ma soprattutto  come non tralasciano di puntualizzare “di questa stagione politica che è stata, e che continuerà ad essere, senza ombra di dubbio, la più strana e assurda degli ultimi decenni”.

Per l’attesa del Kabarett c’è “Aperipupkin”, il bar del Teatro Miela si apre al pubblico, dove attori e non solo vi aspettano per l’aperitivo  prima del gran finale di stagione e per scoprire insieme qualche anticipazione estiva.

Ingresso € 10,00, ridotto studenti universitari € 8,00 (esibendo tessera o libretto). Prevendita: c/o biglietteria Teatro Miela da venerdì 17 maggio dalle 17.00 alle 19.00. www.vivaticket.it

 

Lirica: al Verdi di Trieste una “Tosca” in veste tradizionale entusiasma il pubblico

Lirica: al Verdi di Trieste una “Tosca” in veste tradizionale entusiasma il pubblico

Trieste – Venerdì 10 maggio, ore 20.30: sesto e penultimo appuntamento della Fondazione lirica triestina. Con l’opera che Giuseppe Verdi avrebbe voluto scrivere se - come disse - fosse stato più giovane e in forze.

Ma su “Tosca” aveva posato gli occhi Giacomo Puccini che, nel dramma di Sardou, aveva intuito il cavallo vincente per distaccare i rivali italiani sul terreno del verismo. Fu così che il nuovo secolo si inaugurò con un nuovo e moderno impulso narrativo impresso al melodramma.

In competizione con Mascagni, Leoncavallo e Giordano, ora il maestro avrebbe trattato di amore perseguitato – come di consueto – però combinato con gelosia, perversione erotica, sadismo, ricatto, dissacrazione, tortura fisica e psicologica, tentativo di stupro, omicidio, vendetta e suicidio finale. Il tutto ambientato nei luoghi del culto e del potere politico.

In termini attuali, un dramma “pulp”. Il genio teatrale di Puccini aveva anticipato, nei contenuti e nella misura, il ritmo cinematografico creando una miscela che spiacque alla critica ma entusiasmò il pubblico e lo stesso Sardou che considerò il libretto superiore al dramma. Un soggetto che potrebbe ispirare Quentin Tarantino, a volerne ricavare un allestimento postmoderno.

Giulio Ciabatti, invece, ha organizzato una regia ordinata e tradizionale (in senso positivo) sullo schema di Mario Bolognini.  Da alcuni dettagli si vede che ha lavorato con la partitura in mano, pur vincolato dalle scene eleganti, disegnate per la prima assoluta, da Adolf Hohenstein, uno dei padri del cartellonismo Liberty, maestro degli artisti triestini Metlicovitz e Dudovich.
 
Elegante e calibrata anche la direzione del M° Donato Renzetti. Dopo qualche incertezza iniziale, il discorso musicale si sviluppa con fluidità e con i giusti chiaroscuri degli incisi tematici, degli accenti drammatici e dei momenti melodici. Ben evidenziata l’acme drammatica del secondo atto.

Nel cast ha signoreggiato Roberto Frontali nella parte di Scarpia. Ruolo tradizionalmente ricco e complesso che il baritono romano ha risolto con intelligenza scenica, abilità attorale, declamatoria e vocale, senza mai perdere il controllo dell’emissione. Quando muore se ne avverte la mancanza poiché, per tutto il tempo in cui rimane in scena, l’interpretazione di tutti beneficia della sua autorità professionale.

Infatti la recitazione del tenore Alejandro Roy (Cavaradossi) e della soprano Alexia Voulgaridou (Tosca) è in genere legnosa e meccanica. Roy esibisce acuti potenti, sicuri e brillanti, un’emissione arretrata e non ricca di armonici. Ne deriva un timbro lucido e metallico, molto adatto ai rari momenti eroici ma improprio nelle aperture melodiche e fluenti dei duetti e delle romanze.

Una cosa simile accade per Alexia Voulgaridou. Buona l’intonazione, ottima e sorvegliata la pronuncia, eppure, quando il canto dovrebbe farsi soave e tenero, si appiattisce e difetta di duttilità. Nelle parti più spinte sembra molto rigida e affaticata e, per sostenere i fiati, deve reclinare il busto.

Molto ben caratterizzato è il Sacrestano del baritono Paolo Rumetz che si muove con disinvoltura consumata, correttezza vocale e la giusta misura di amenità. Buono anche l’Angelotti del basso Gabriele Sagona dalla voce rotonda e pastosa.

Completano il cast Nicola Paimio (Spoletta, tenore), Christian Starinieri (Sciarrone, basso), Giuliano Pelizon che dividerà con  Giovanni Palumbo  il  ruolo del carceriere (basso). La voce educata e delicata del pastorello è di Emma Orsini che si alterna con Erica Benedetti.

Il coro, come di consueto, è preparato ottimamente dal M° Paolo Vero. Partecipa con l’usuale garbata presenza il Coro di Voci Bianche “I Piccoli Cantori della Città di Trieste” diretti da Cristina Semeraro.

Le scene sono stare realizzate da Ettore Rondelli. Luci di Claudio Schmid. Costumi eleganti (in particolare il nero per Scarpia) di Anna Biagiotti.

Pubblico plaudente con punte da esaltazione sportiva.

Repliche: sabato 11 maggio, ore 15.30 turno S, martedì 14 maggio, ore 20.30 B, venerdì 17 maggio, ore 20.30 E, domenica 19 maggio, ore 15.30 D, martedì 21 maggio, ore 20.30 C.

Nella recita di sabato 11 maggio i ruoli di Tosca, Scarpia e Cavaradossi saranno interpretati da Alisa Zinovjeva, Alberto Mastromarino e Mario Malagnini.

Prossimo e ultimo appuntamento della stagione dedicato al balletto: Apollon su musica di Igor Stravinskij e La Tragédie de Salomé di Florent Schmitt, 28 giugno 2013.

[Roberto Calogiuri]

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