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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Tra fantascienza e l'Inferno, il friulano lingua della narrativa

Tra fantascienza e l'Inferno, il friulano lingua della narrativa

San Giorgio di Nogaro (Ud) – In un presente dove l'unica forma di scrittura narrativa accettata sembra esere il romanzo, dove va a finire il racconto breve?

Da due settimane lo Sportello per la Lingua Friulana di San Giorgio cerca di riscattare questa voce letteraria con il ciclo di serate “Ce contino a San Zorz”.

Giunti mercoledì 30 settembre al loro secondo appuntamento, nella Sala Conferenze di Villa Dora, questi incontri sono veri “laboratori” per imparare a scrivere e apprezzare i testi corti e cortissimi, com'è facile intuire, in marilenghe.

Con un “cast” che unisce letteratura e comicità: l'Oste di Contecurte, Raffele Seraffini (a sinistra nella foto); il duo di attori Checo Tam e Michele Londero (a destra); e quello musicale dei “In doi rive no toje”, che hanno alternato la letteratura con la loro musica d'autore.

Perché dovrei rimanere ad ascoltarti?” era il tema della serata, un quesito che guarda da vicino il pubblico. E dopo l'ormai stabilito “siparietto” iniziale, con Checo Tam e Londero nei panni questa volta di due fantomatici cultori della lingua friulana, ecco che si passa a una ricca possibilità di risposte, attraverso i brani scelti dal blog di Contecurte, originali o tradotti dall'italiano.

Tra i tanti, hanno spiccato per profondità quelli dello stesso Checo Tam, autore di alcuni libri in marilenghe, di cui sono stati letti due racconti.

Dando così una possibile soluzione alla domanda centrale: il pubblico dovrebbe stare ad ascoltare per essere strappato a un futuro così reale e materialistico da risultare finzione, perdendosi tra significati più o meno nascosti.

La narrativa, invece, offre subito e chiaramente un diversivo al lettore, che sa così di intrapprendere un viaggio (bello o brutto che sarà, alla fine) e di poterlo interrompere o prolungare senza problemi.

E di viaggio si è parlato anche alla conclusione dell'incontro, con la lettura di due canti dell'Inferno di Dante, tradotto da Aurelio Venuti (insieme alle altre cantiche) e non ancora uscito nelle librerie. L'autore, presente in sala e salito poi sul palco, ha rivelato di aver lavorato a questo progetto per 10 anni e che ha puntato più sul ritmo che sulla traduzione fedele dell'opera.

“Ce contino a San Zorz” tornerà il 7 ottobre sempre a Villa Dora, dalle 20.30, con la presentazione del libro di Fulvio Romani “La stagione della muta (More pulp tales)”. Ingresso libero.

Stasera l'Osteria di Contecurte presenta la Divina Commedia...in friulano

Stasera l'Osteria di Contecurte presenta la Divina Commedia...in friulano

San Giorgio di Nogaro (Ud) – Stasera, dalle ore 20.30, presso la Sala Conferenze di Villa Dora si svolgerà la seconda serata del ciclo “Ce contino a San Zorz”.

Promossi dallo Sportello per la Lingua Friulana di San Giorgio e Radio Onde Furlane, gli incontri continueranno anche a ottobre e vedranno la partecipazione dell'Oste di Contecurte, il blog definto “osteria letteraria” che raccoglie racconti brevi e brevissimi in friulano; gli attori Checo Tam e Michele Londero, con il duo jazz-blues “In doi rive no toje”.

Nel corso della serata, insieme alle letture di brani scelti apposta per l'occasione su temi differenti, sarà possibile ascoltare un estratto della “Divina Commedia” tradotta in marilenghe, dalla voce di Aurelio Venuti. Tema della serata: “E cumò che tu le âs contade?”.

Presentazione libro: Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970

Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970
Questo libro scritto da Gloria Nemec - docente e ricercatrice di Storia sociale - per la Collana 180 - Archivio critico della salute mentale (Edizioni alphabeta Verlag) e realizzato in collaborazione con il Circolo di cultura istro-veneta ISTRIA, analizza per la prima volta le fonti medico psichiatriche nel grande Ospedale psichiatrico provinciale di San Giovanni a Trieste e mira a integrare il quadro dell’accoglienza cittadina, soprattutto nei confronti di coloro che fecero più fatica a riassorbire i cambiamenti, a superare le fratture della loro storia e le minacce alla loro identità. 
 
 
Sarà presentato a Trieste, al Museo Ferroviario, mercoledì 30 settembre alle ore 18, il nuovo libro della Collana 180 - Archivio critico della salute mentale Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970 (2015, pp240, illustrato, € 16, Edizioni Alphabeta Verlag di Merano) scritto da Gloria Nemec, docente e ricercatrice di Storia sociale che ha affrontato in svariate pubblicazioni i processi collettivi che interessarono le popolazioni della zona alto-adriatica e i relativi lasciti di memoria.  Il volume è corredato dalle due presentazioni di Peppe Dell'Acqua, direttore della Collana 180-Archivio critico della salute mentale e di Livio Dorigo, Presidente del  Circolo di cultura istro-veneta ISTRIA, insieme al quale questo libro è stato realizzato. 
 
Una scelta non casuale quella della vecchia stazione ferroviaria di Campo Marzio che purtroppo fu luogo di passaggio per molte di queste persone obbligate a lasciare le proprie terre. Alla presentazione - a ingresso libero - insieme all’autrice Gloria Nemec saranno presenti Vinzia Fiorino, docente di Storia Contemporanea all’Università di PisaLivio Dorigo, presidente del Circolo IstriaPeppe dell'Acqua, direttore della Collana 180. Per l'occasione il regista-attore Claudio Ascoli arriverà a Trieste per alcune incursioni teatrali. Ascoli, napoletano di origini, è impegnato da molti anni a Firenze nel progetto San Salvi Città Aperta che sta restituendo ai fiorentini una area di quasi 33 ettari dell'ex Opp cittadino.
 
Il lavoro di Gloria Nemec ha il merito di analizzare per la prima volta le fonti medico psichiatriche e mira a integrare il quadro dell’accoglienza cittadina, soprattutto nei confronti di coloro che fecero più fatica a riassorbire i cambiamenti, a superare le fratture della loro storia e le minacce alla loro identità. 
 
Trieste fu uno dei luoghi più  investiti dagli spostamenti di popolazione che ridefinirono il quadro demografico europeo all’indomani della seconda guerra mondiale.  La città  fu attraversata e accolse  migliaia - i numeri parlano di circa 300.000 persone tra la fine degli anni '40 e '60 - di soggetti diversamente spaesati e traumatizzati. In essa si addensarono esperienze di lutti, dispersioni e perdite multiple: delle persone, delle patrie, dei beni, delle passate identità collettive. Un percorso particolare vedeva il manicomio come possibile ed estremo approdo di questi esuli. 
 
Mondi assai lontani come quelli della psichiatria asilare e dei giuliano-dalmati inurbati si incontrarono all’interno di un grande manicomio di confine: da un lato i fragili statuti epistemologici e i forti poteri della psichiatria, dall’altro l’arcipelago delle provenienze e delle variabili che indussero un’intera componente nazionale a spostarsi. 
 
"Con questo studio ci proponiamo di iniziare una ricerca su come il distacco dalla propria terra e l'accoglienza riservata, nei diversi momenti storici dell'esodo, abbiano lasciato traccia non solo nei documenti d'archivio ma anche sui corpi e sulle anime della nostra gente, in particolare sui più umili e privi degli strumenti necessari per comprendere e adattarsi alla difficile realtà triestina del dopoguerra" - sottolinea Livio Dorigo, Presidente del Circolo Istria. 

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Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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