"L'anno della fame", nelle storie della Percoto il microcosmo del Friuli ottocentesco
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- Pubblicato Lunedì, 10 Agosto 2015 09:28
- Scritto da Timothy Dissegna
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L’Incerto: un gruppo teatrale friulano, l'anteprima del libro in uscita ai Colonos
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- Pubblicato Lunedì, 03 Agosto 2015 12:30
- Scritto da Fabiana Dallavalle
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“L’Incerto: un gruppo teatrale friulano”, nuovo libro pubblicato da BEE, Bottega Errante Edizioni, racconta la storia, gli aneddoti e le curiosità del’amatissimo Teatro Incerto, attualmente composto da Fabiano Fantini, Claudio Moretti e Elvio Scruzzi. Il libro, a cura di Mauro Daltin e Alessandro Venier, verrà presentato in anteprima ai “Colonos” di Villacaccia di Lestizza, all’interno della rassegna “Avostanis”, l’11 agosto alle ore 21:00. Dalle origini a Gradisca di Sedegliano, dal Friuli di Mezzo ai registi che li hanno formati, dalla nascita dei loro grandi successi al Friuli che è cambiato insieme a loro: una riflessione a tutto campo su questa terra e sul mondo del teatro, sulla cultura e sull’amicizia.
Fabiano Fantini, Claudio Moretti e Elvio Scruzzi per la prima volta si raccontano senza peli sulla lingua e ne esce la storia di un pezzo fondamentale della cultura friulana. Il libro, scritto con uno stile fresco e ironico, fatto di storie brevi con cui si riflette e si sorride, è un’opera collettiva con incursioni e interventi di Luca D’Agostino, Gigi Dall’Aglio, Elio De Capitani, Claudio De Maglio, Fabiana Dallavalle, Angela Felice, Rita Maffei, Paolo Medeossi, Stefano Montello, Gianfranco Napolitano, Paolo Patui, Federico Rossi, Silvana Schiavi Fachin, Massimo Somaglino, Luigina Tusini, Flavia Valoppi, Gianluca Valoppi, Glauco Venier. Il libro prevede anche una sezione fotografica e una cronologia completa ed è un progetto editoriale che ha avuto il sostegno del P.I.C. Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli e del Comune di Sedegliano e la collaborazione del CSS – Teatro stabile di innovazione del FVG, ente che ha prodotto e produce gran parte dei loro spettacoli.
Il Teatro Incerto nasce nel 1982 e alle origini era un gruppo numeroso e composito. Fra i loro spettacoli ricordiamo Le scarpe prendono piede (400 repliche); Four; Laris; Dentri; I mosaiciscj; Maratona di New York; Muradôrs; Garage 77; Don Chisciotte; Predis. Non si possono dimenticare i video, i libri, le letture sceniche, le pubblicità, le trasmissioni radiofoniche e televisive diventati pezzi della cultura friulana. Un libro che narra questa straordinaria cavalcata di successi e spettacoli, ma che vuole anche approfondire le loro singole storie, l’uso della lingua friulana, il loro modo di raccontare il mondo, il rapporto con il pubblico, i modelli a cui si sono ispirati… In questi anni si vedono un sacco di documentari sui Genesis o sugli Who. Sono tutti gruppi in cui le persone sono rimaste fedeli a se stesse, magari con migrazioni importanti, percorsi interni e personali. Anche il Teatro Incerto è come i Genesis. Il segreto del loro successo e della longevità va ricercato nei caratteri. Moretti è un uomo che mi ricorda Antonio Catania, per l’ironia mordace distruttiva. Poi anche Fantini non scherza. Scruzzi lo conosco meno ma posso solo immaginare... Li prendo in giro ovviamente, però la cosa divertente di tutto questo è che nella diversità e nell’attrito vengono fuori le cose più interessanti. Nei gruppi mediamente medi, con caratteri simili, escono cose meno interessanti. Spero che continuino a lanciare sfide, a se stessi e ad altri. Il teatro è pieno di morti che camminano. Attori e registi vagano con la testa girata indietro, incapaci di guardarsi per quello che sono adesso e per provare a reinventarsi. In molte occasioni la cosa bella del Teatro Incerto è stata mutare forma, trovare idee e Teatro Incerto è un bellissimo nome. È un nome magico. Hanno inventato la precarietà, anche se “Teatro Precario” sarebbe riduttivo, Teatro Incerto è più filosofico. Il Teatro Incerto è una delle compagnie, per assurdo, con cui ho avuto più rapporti nel corso degli anni. La nostra è una storia personale. Sono una strana realtà che mette insieme caratteri diversi di persone e diventa un qualcosa che muta forma nel tempo con una propria originalità. (Elio De Capitani)
La poesia e la miseria, le due facce dello stesso Pietro Zorutti
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- Pubblicato Giovedì, 30 Luglio 2015 10:57
- Scritto da Timothy Dissegna
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Dolegna del Collio (Go) - Una vita tra nobiltà e decadimento, simile a tante altre dell'epoca ma capace di rimanere scritta nella storia, seppur nascosta dalle pagine più importanti dei libri: quella di Pietro Zorutti non fu certo un'esistenza facile, nonostante la propria appartenenza a un'importante casata aristocratica friulana, che lo vedrà dagli apici del panorama letterario, fino alla solitudine misera in cui morì.
Aspetta: Pietro Zorutti...quello della scuola? O quella della via, della piazza, del viale...? Sì, lui, conosciuto anche come “P. Zorutti”, per quelli che non hanno mai fantastico oltre quella p puntata, nonostante esista una strada che porta questo nome praticamente in qualsiasi città o paesino friulano.
Certo, non una di quelle dei romanzi d'avventura: nato nel 1792 a Lonzano del Collio, oggi sotto il comune di Dolegna del Collio, questo personaggio apparteneva alle stirpi di “sangue blu” sparse per il Friuli, legate ai propri possedimenti terrieri. Le stesse che, alla fine del '700, resistevano con difficoltà al sempre più veloce mutare del tempo, che non guardava più in faccia l'aristocrazia, tanto meno quella che non sapeva gestire il proprio patrimonio.
E di questa faceva parte il padre di Zorutti, Ettore, rissoso e destinato a portare al collasso le proprie finanze. Nel 1817, quando morì, il figlio si trasferì con la moglie Lucia Campanili di Cordovado, la madre e la sorella Carolina nel quartiere all'epoca malfamato di Udine, lo Spagnuolo, nella via che oggi porta il suo nome.
Nel 1821 Zorutti si dedicò a ciò che lo renderà famoso, e altrettanto contestato, in tutta la Penisola: la poesia. Nacque così lo Stroligh Furlan (l’Astrologo Friulano), di cui alcune copie originali del decimo numero sono state ritrovate quest'anno in una cantina di Grado, che raccoglieva componimenti satirici, sentimentali, poetici sul tema della campagna.
Ma fu senz'altro l'uso del friulano a renderlo il poeta “per antonomasia” del Friuli dell'epoca, un punto in comune con il futuro Pier Paolo Pasolini, ma le analogie finiscono qui: il poeta corsaro, infatti, lo considererà“uno scrittore vecchio ed incapace di un proprio carattere poetico” poiché legato ai caratteri del Romanticismo. Ma se ciò gli provocherà le critiche dei postumi, tutt'altro sarà per gli autori suoi contemporanei: Tommaseo e Carducci lo loderanno.
A far storcere il naso a molti, invece, fu la sua assenza di una presa di posizione politica: ben diverso da Caterina Percoto, che invece sarà una delle voci più attive dell'irredentismo italiano contro gli austriaci. Anzi, fu criticato da Ugo Pellis, uno dei fondatori della Filologica Friulana, per aver dedicato Il bon pari, all'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, che alla fine della Grande Guerra era considerato dai nazionalisti italiani una persona da cancellare dalla storia del Friuli.
Zorutti morirà nel febbraio del 1867, con Udine sotto l'Italia, con pochi amici fidati e ridotto ormai in povertà. Dimenticato dai libri di Storia e di Letteratura, ricordato soltanto sulle targhe di scuole e vie spesso senza alcuna informazione biografica, questo poeta riuscì a rendere il friulano una lingua poetica, “estraendola” dal parlato popolare. Un merito che oggi andrebbe recuperato, per il puro gusto di riscoprire la nostra storia.
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