La poesia e la miseria, le due facce dello stesso Pietro Zorutti
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Giovedì, 30 Luglio 2015 10:57
- Scritto da Timothy Dissegna
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Dolegna del Collio (Go) - Una vita tra nobiltà e decadimento, simile a tante altre dell'epoca ma capace di rimanere scritta nella storia, seppur nascosta dalle pagine più importanti dei libri: quella di Pietro Zorutti non fu certo un'esistenza facile, nonostante la propria appartenenza a un'importante casata aristocratica friulana, che lo vedrà dagli apici del panorama letterario, fino alla solitudine misera in cui morì.
Aspetta: Pietro Zorutti...quello della scuola? O quella della via, della piazza, del viale...? Sì, lui, conosciuto anche come “P. Zorutti”, per quelli che non hanno mai fantastico oltre quella p puntata, nonostante esista una strada che porta questo nome praticamente in qualsiasi città o paesino friulano.
Certo, non una di quelle dei romanzi d'avventura: nato nel 1792 a Lonzano del Collio, oggi sotto il comune di Dolegna del Collio, questo personaggio apparteneva alle stirpi di “sangue blu” sparse per il Friuli, legate ai propri possedimenti terrieri. Le stesse che, alla fine del '700, resistevano con difficoltà al sempre più veloce mutare del tempo, che non guardava più in faccia l'aristocrazia, tanto meno quella che non sapeva gestire il proprio patrimonio.
E di questa faceva parte il padre di Zorutti, Ettore, rissoso e destinato a portare al collasso le proprie finanze. Nel 1817, quando morì, il figlio si trasferì con la moglie Lucia Campanili di Cordovado, la madre e la sorella Carolina nel quartiere all'epoca malfamato di Udine, lo Spagnuolo, nella via che oggi porta il suo nome.
Nel 1821 Zorutti si dedicò a ciò che lo renderà famoso, e altrettanto contestato, in tutta la Penisola: la poesia. Nacque così lo Stroligh Furlan (l’Astrologo Friulano), di cui alcune copie originali del decimo numero sono state ritrovate quest'anno in una cantina di Grado, che raccoglieva componimenti satirici, sentimentali, poetici sul tema della campagna.
Ma fu senz'altro l'uso del friulano a renderlo il poeta “per antonomasia” del Friuli dell'epoca, un punto in comune con il futuro Pier Paolo Pasolini, ma le analogie finiscono qui: il poeta corsaro, infatti, lo considererà“uno scrittore vecchio ed incapace di un proprio carattere poetico” poiché legato ai caratteri del Romanticismo. Ma se ciò gli provocherà le critiche dei postumi, tutt'altro sarà per gli autori suoi contemporanei: Tommaseo e Carducci lo loderanno.
A far storcere il naso a molti, invece, fu la sua assenza di una presa di posizione politica: ben diverso da Caterina Percoto, che invece sarà una delle voci più attive dell'irredentismo italiano contro gli austriaci. Anzi, fu criticato da Ugo Pellis, uno dei fondatori della Filologica Friulana, per aver dedicato Il bon pari, all'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, che alla fine della Grande Guerra era considerato dai nazionalisti italiani una persona da cancellare dalla storia del Friuli.
Zorutti morirà nel febbraio del 1867, con Udine sotto l'Italia, con pochi amici fidati e ridotto ormai in povertà. Dimenticato dai libri di Storia e di Letteratura, ricordato soltanto sulle targhe di scuole e vie spesso senza alcuna informazione biografica, questo poeta riuscì a rendere il friulano una lingua poetica, “estraendola” dal parlato popolare. Un merito che oggi andrebbe recuperato, per il puro gusto di riscoprire la nostra storia.