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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

"L'anno della fame", nelle storie della Percoto il microcosmo del Friuli ottocentesco

Udine – Trovare libri di Caterina Percoto, scrittrice friulana di primo piano nella seconda metà dell'Ottocento, nelle librerie udinesi è un'impresa ardua: poche, infatti, se non una soltanto addirittura vende le opere della nobildonna natia di Manzano, nonché simbolo dell'irredentismo italiano in regione e che morì proprio nel capoluogo.
 
Per leggere le sue pagine, quindi, è necessario “scavare” tra gli scaffali di qualche biblioteca, nella speranza di trovare copie risalenti spesso a  diversi decenni fa. Ecco allora che emerge un libricino di 180 pagine, nessuna copertina scenica come vogliono oggi le case editrici, ma soltanto una vignetta in carboncino e il titolo abbastanza esplicito: “L'anno della fame”.
 
Edito da Einaudi nel 1945, ma scritto quasi un secolo prima, nel 1850, questo raccoglie quattro racconti ambientati nel Friuli dell'epoca, un luogo lacerato dai contrasti tra la miseria dei contadini e lo sfarzo della nobiltà. Due veri e propri gruppi di personaggi distinti tra le pagine, come scrive il curatore della raccolta, Alberto Spaini, nella prefazione. Ma a volte riescono a entrare in contatto, grazie alla misericordia di giovani fanciulle, votate alla carità.
 
Sicuramente, i suoi racconti non brillano nel finale per plausibilità. Ciò nonostante, la sofferenza che anticipa il spesso felice epilogo è estremamente cruda, realistica, che tocca nel profondo e fa sentire l'eco dei crampi per la fame, patiti dai miserabili nei villaggi che poi diventeranno i paesi della provincia udinese e goriziana.
 
Tra tutte le opere raccolte, quella più significava è “La coltrice nuziale”, vero e proprio manifesto dell'irredentismo italiano della Percoto contro l'Austria. Mescolando verismo e romanzo storico, infatti, l'autrice riportò le tragiche conseguenze della Prima guerra d'indipendenza del Regno Sabaudo contro l'Impero mitteleuropeo in Friuli: i “fatti di Jalmicco” furono la disfatta più netta dei “ribelli italiani”, come lei stessa li definisce nel racconto, con interi villaggi bruciati e saccheggiati dalle truppe austriache.
 
Fu da questo periodo che la Percoto si schierò politicamente, e il personaggio di Cati, ragazza aristocratica di Gorizia, rispecchia questa sua presa di coscienza: già avversa alla guerra per carattere, le notizie degli orribili massacri perpetrati dall'Impero agli irredentisti le faranno capire da che parte stare.
 
Con una certa propaganda, a dire il vero, che appare normale in un periodo di così forti problemi politici: la scrittrice ritrae il conflitto devastante soprattutto per gli italiani, ancora di più perché compiuto da “fratelli”, mentre le mutilazioni riportate da chi vive sotto l'Austria-Ungheria appaiono come punizioni per aver accettato la leva.
 
L'italiano è quello di oltre cento anni fa, incrinato in complessità che oggi non esistono più, ma il messaggio colpisce comunque il lettore senza troppa fatica. Ed è un richiamo alla misericordia, al rispetto di sé, degli altri e della terra natale: valori che oggi abbiamo dimenticato, forse mai appreso completamente, ma che andrebbero risvegliati, a cento anni dagli orrori in cui sfoceranno le vicende narrate dalla Percoto.

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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