Intervista ad Angelo Floramo: "Vi racconto la mia Guarneriana Segreta"
- Dettagli
- Categoria: Libri
- Pubblicato Mercoledì, 21 Ottobre 2015 12:02
- Scritto da Timothy Dissegna
- Visite: 986
San Daniele del Friuli (Ud) – Il fascino della Storia passa spesso attraverso i libri, soprattutto se antichi. E tra i colli occidentali del Friuli, nella cittadina celebre per il suo prosciutto, esiste un posto dove opere con secoli e secoli sulle spalle sono custoditi come pietre preziose: è la Biblioteca Guarneriana, vero gioiello regionale che conserva addirittura manoscritti scritti oltre mille anni fa!
A farci da guida c'è Angelo Floramo, un personaggio con la battuta sempre pronta e che riesce sempre a strappare un sorriso. L'abbiamo incontrato lo scorso sabato, nel suo studio proprio dentro la Guarneriana antica, per farci raccontare i misteri di questo posto e per parlare del suo ultimo libro. E abbiamo colto anche l'occasione per ammirare i “tesori” custoditi: prossimamente il racconto su ilfriuliveneziagiulia.it
Partiamo dal suo nuovo libro, “Guarneriana Segreta”: lei è da diversi anni alla Guarneriana, perché solo ora scriverlo?
(Ride, ndr) Sono da tre anni qui. Beh, intanto prima di scriverlo volevo entrare in confidenza con questa struttura, con la sua anima. Che è abbastanza complessa, articolata, anche misteriosa perché come tutte le biblioteche antiche ha i suoi lati oscuri, piccoli segreti… Dopo tre anni, ovviamente, mi sentivo abbastanza pronto per poter raccontare un po' di cose, su sollecitazione degli amici della Bottega Errante (l'editore del libro, ndr). E dato che io sono matto come loro, questa è valsa da “gancio”: volevano tentare una sfida, cioè poter provare a raccontare una biblioteca antica dando voce narrativa ai manoscritti e alle sue evidenze. Ed è nata tutta una serie di capitoli, che corrispondono a libri o capitoli particolari, o a personaggi hanno aleggiato qui intorno e ne è nato, appunto, “Guarneriana Segreta”.
Cos'ha significato per lei questo libro?
È stata una bellissima esperienza: intanto uno deve cercare di razionalizzare quello che è il suo rapporto con la conoscenza, ed è molto difficile. E poi la scrittura è sempre un modo per interrogarsi, scrivere significa andare a spolverare quelleche sono le proprie abitudini, passioni, anche il modo di porsi nei confronti di questa ricchezza così intrigante, bella, densa che riposa all'interno degli scaffali guarneriani. Quindi è stata una bella esplorazione non solo della Guarneriana, ma anche di me stesso.
Guarniero aveva appunto donato la sua biblioteca alla città. Oggi che rapporto ha la biblioteca con il territorio?
Sicuramente proficuo: le università spesso mandano i loro studenti a formarsi e ricercare, trovare argomenti per le loro tesi; gli stessi docenti hanno argomenti da ricercare. E non solo del Friuli o di altre regioni, ma c'è anche un bel giro di studiosi internazionali: il 14 novembre verrà un professore dell'Ohio, dalla Columbus University, che ha trovato qui l'ultima copia rimasta al mondo di un commento ovidiano del dodicesimo secolo. Lo studierà per un po' di giorni e poi lo racconterà alla comunità. Che è sempre molto ben disposta a frequentare tutte le iniziative, la sala è sempre piena quando c'è qualcosa di “guarneriano” che può stuzziare l'attenzione.
Voi come Biblioteca fate anche ricerca, restauro o vi affidate ai ricercatori delle università?
Per il restauro c'è un apparato tecnico e tecnologico che deve essere d'appoggio esterno. Per la ricerca sì, ci sono diversi settori che sono di competenza del personale e ciascuno porta avanti un tipo di ricerca, piuttosto che un altro, o un approfondimento. Generalmente, la ricerca ha questo tipo di “uscita”: i dati raccolti vengono sempre presentati alla comunità internazionale e al pubblico. C'è poi una collana prestigiosa di studi, i Quaderni Guarneriani, che hanno già diversi anni e raccolgono gli studi che vengono portati a termine.
Lei insegna anche a Gemona: che rapporto hanno gli studenti con una materia spesso ostica come la Storia?
Sì, insegno in una scuola superiore. Diciamo che, inizialmente, c'è sempre la classica volontà di “fuggire”, lo comprende anche la Convenzione di Ginevra (scherza, ndr), poi però mi rendo conto che i ragazzi hanno una grande capacità di affascinazione e sono ben disposti nel mettersi nella condizione di studiare. L'importante è non essere troppo accademici con loro, perché il rischio è quello di soffocarne le ambizioni, i sogni, il senso della meraviglia. Credo che fino ad una scuola superiore il compito è quello di comunicare come strumento prevalente il senso della meraviglia: se uno stimola a ciò, troverà sempre delle classe ben disposte ad approfondire, magari anche mugugnando ogni tanto, com'è giusto.
Il Vicepresidente del FAI, qualche giorno fa, ha detto che rispetto a 10 anni fa c'è più consapevolezza tra gli italiani del patrimonio culturale del nostro Paese. Lei riscontra questo?
Tra gli italiani sì, mi pare che a livello istituzionale ce ne sia di meno. Perché siamo il Paese che dovrebbe fare della bellezza la sua bandiera, il suo veicolo conduttore, è il nostro vero petrolio e industria. Sforniamo laureati che rischiano di fare tutt'altro: laureati specifici, in Conservazione dei Beni, Filologia, Lettere, Storia, Archeologia… In un Paese “normale” dovrbbero trovare lavoro già prima di essersi laureati, vista l'urgenza del patrimonio. Per cui c'è sempre più uno scollamento, secondo me, che prima o poi si dovrà colmare tra un apparato istituzionale che comunque vedo in parte distratto, e una coscienza nella popolazione che sta crescendo e sta diventando estremamente attenta.
Un argomento importante come la Guarneriana penso avrebbe attirato editori prestigiosi: penso a il Mulino, Laterza… Perché ha scelto la Bottega Errante?
Prima di tutto perché sono un editore molto giovane e hanno una capacità dinamica di invenzione di temi e percorsi particolarmente fresca. Ed bello non solo dare voce a una realtà simile, soprattutto gestita da un gruppo di lavoro che ha la media di 30 anni e anche meno, cosa che trovo molto bella; ma è anche una realtà locale, ed è bello che ci sia un editore locale che si fa carico della salvaguardia, promozione e diffusione del patrimonio. Già queste due motivazioni mi sembrano capaci di giustificare una scelta del genere.
L'ultima domanda: sono editori come Bottega Errante il futuro dell'editoria, in un momento di crisi come questo?
Io penso che debba passare necessariamente attraverso una grande capacità d'inventiva e passione. È chiaro che una casa editrice del genere non fa un'operazione culturale di questo tipo per arricchirsi, né per alimentarsi o investire: lo fa perché ci crede. Io spero che prima o poi qualcuno si accorga di tutta questa energia e sappia in qualche modo contribuire, perché queste piccole voci intelligenti e raffinatissime, con capacità estremamente alte, possano esprimersi sul terriorio e anche aldifuori di esso.
La storia vista dagli occhi di Boris Pahor a Majano
- Dettagli
- Categoria: Libri
- Pubblicato Martedì, 20 Ottobre 2015 18:05
- Scritto da Timothy Dissegna
- Visite: 746
Majano (Ud) - Considerato uno degli intellettuali più autorevoli dei nostri tempi, Boris Pahor ha vissuto sulla propria pelle gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, nei campi di concentramento. Sicuramente l'esperienza più traumatica della sua esistenza, ma non l'unica: tutte sono racchiuse nel suo ultimo libro, “Così ho vissuto. Biografia di un secolo” (edito da Bompiani), scritto a quattro mani con Tatjana Rojc.
Per presentare la loro ultima opera, questi due autori saranno i protagonisti della serata a loro dedicata a Majano, presso la Sala Consigliare sabato 24 ottobre alle ore 18. Un'occasione per ricordare i fasti dei cento anni vissuti da Pahor, nato a Trieste quando ancora era sotto l'Impero Austroungarico, che Tatjana Rojc ha saputo contestualizzare attraverso un lavoro puntualmente documentato (come testimonia la pubblicazione dell'ampio elenco della bibliografia consultata).
Approfondendo il racconto che lo scrittore sviluppa in prima persona (evidenziato anche da una stampa e un colore dei caratteri diverso) e che l'autrice ha arricchito ulteriormente con brani tratti dall'opera pahoriana e da alcuni inediti che l'autore le ha affidato. Ma non è solo la vita di un uomo, bensì la storia di uno dei secoli più burrascosi della storia dell'Umanità. Ed è, insieme, anche la storia della città di Trieste a cavallo tra Ottocento e Novecento, delle genti che l'hanno resa grande.
Tatjana Rojc ha, inolte, è l'autrice di un ritratto di Pahor per la RAI-sede regionale del FVG in lingua italiana, dal titolo "Boris Pahor-uno scrittore oltre le ombre", in cui è lo stesso scrittore stesso a raccontarsi. Tante le testimonianze raccolte: quelle della sua traduttrice in francese Antonia Berard, del suo editore parigino Pierre-Guillaume De Roux e del filosofo Evgen Bavcar, principale promotore di Pahor in Francia e in Germania. L'opera sarà proiettata nel corso della presentazione.
Definito come un “racconto della sua esperienza esistenziale è dunque una narrazione etica e viva”, il libro sarà quindi raccontato al pubblico dalle voci vive del candidato al Premio Nobel e della studiosa di lettere slovene e letterature comparate, già autrice di una monografia su Pahor (“Tako sem živel. Stoletje Borisa Pahorja", 2013): una serata dedicata all'importanza senza eguali della letteratura. Ingresso libero.
Serafini conclude "Ce contino a San Zorz" con le sue e nostre storie di famiglia
- Dettagli
- Categoria: Libri
- Pubblicato Giovedì, 15 Ottobre 2015 09:12
- Scritto da Timothy Dissegna
- Visite: 734
San Giorgio di Nogaro (Ud) - Che sia un libro o un racconto, quando concludi la lettura si è sempre di fronte a una domanda: e ora? La risposta varia da opera a opera: c'è quella che rimane sospesa nella mente del lettore o quella che fugge via subito, non cosi indispensabile alla fine.
Per capire come rispondere, o semplicemente per scoprire cosa si nasconde dietro l'ultimo punto di uno scritto, ci ha pensato l'ultima serata di "Ce contino a San Zorz", il ciclo di quattro serate dedicate alla narrativa breve in marilenghe a Villa Dora. Che questa volta si è messa dalla "parte" del lettore.
Per l'ultima volta sono saliti i soliti Michele Londero e Checo Tam, attori che il pubblico sangiorgino ha imparato a conoscere bene, impersonando due diverse figure, legate entrambe al friulano. E, questa volta, la domanda era perché leggere racconti breve in questa lingua: perché ci vuole poco tempo, risponde Londero; per andare controcorrente, ribatte Checo.
Tanta letteratura anche ieri sera, con testi tradotti da grandi autori italiani e non solo (uno fra tutti: Calvino) e raccolti dal blog letterario Contecurte, fondato da Raffaele Serafini. E lo stesso era anche l'ospite della serata, per presentare il suo libro "Contis di famee", introdotto e intervistato per l'occasione da Carli Pup, voce di Radio Onde Furlane.
Non la solita raccolta di racconti con storie che tante famiglie conservano, ma un ritratto di un'umanità collocata nel Medio Friuli, luoghi natii dell'autore. E per la serata Serafini ha scritto anche una "conte" inedita, non inclusa nell'opera, che spiega la foto di famiglia apparsa nella locandina dell'incontro.
Immancabile, infine, la musica dei "In doi rive no tocje", che hanno presentato due nuove canzoni del loro ultimo album. E, per concludere il ciclo, hanno reso un omaggio in onore dell'evento, riadattando una loro "hit", molto ascoltata su Onde Fulane, per l'occasione. Apprezzatissimi come sempre dal pubblico, e dalla "giuria" del parodico "X-tractor".
In queste quattro serate, si è cercato attravero grandi e piccoli testi di far comprendere quanto bella sia la narrativa breve, più veloce a volte più profonda dei lunghi romanzi. L'aggiunta del friulano, poi, è un arrichimento in più, anche per chi rimane scettico nel definirlo una lingua: questa discussione non centra, conta solo la magia delle parole. Cosa che Contecurte ha saputo trasmettere appieno.
Altri articoli...
- Toni Capuozzo ospite di @auxilia per presentare il suo ultimo libro, "Il segreto dei marò"
- Tra pulp e comicità, una risposta (in friulano) a come fare per saper raccontare una storia
- “Misteri di una notte d'estate” di Giulia Mastrantoni, esordio imperfetto che scioglie nell'acido i sentimenti
- Tra fantascienza e l'Inferno, il friulano lingua della narrativa
- Stasera l'Osteria di Contecurte presenta la Divina Commedia...in friulano
- Presentazione libro: Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970
- L’autrice triestina Pamela Gotti torna in libreria con “Fuori di 3”
- "Cafè de moka e Dediche" nuova raccolta di poesie Grisancich