“Un pittore di nome Leonor” di Premuda alla Feltrinelli
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- Pubblicato Mercoledì, 11 Marzo 2015 23:03
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Trieste – Quanto ha influito sulla futura artista Leonor Fini il periodo dell'infanzia e della giovinezza trascorso a Trieste? Moltissimo, come ricordava lei stessa, e come racconta il libro “Un pittore di nome Leonor. Da Trieste a Parigi: la scatenata gioventù di Leonor Fini” (Editoriale Scienza) di Corrado Premuda che viene presentato alla libreria Feltrinelli di Trieste domani, giovedì 12 marzo alle ore 18.
Questa biografia romanzata, adatta a un pubblico di ragazzi e di adulti e illustrata da Andrea Guerzoni, è anche un affresco della Trieste di cento anni fa, di quella città vivace e internazionale e del suo passaggio dall'Impero asburgico al Regno d'Italia con il cruciale appuntamento della prima guerra mondiale. Ne parlano il 12 marzo Corrado Premuda e Giuliana Carbi.
Il libro è incentrato sulla vita dell'artista, bizzarra fin da quando nasce. Leonor è una bambina contesa: suo padre tenta di rapirla per riportarla in Argentina, mentre la madre, che la vuole con sé a Trieste, la rende irriconoscibile travestendola da maschietto. Curiosa ed egocentrica, cresce in mezzo agli adulti, esplorando con sfrontatezza il loro mondo. Affezionatissima al suo gatto Cioci, con cui condivide il carattere libero, scostante e, al contempo, bisognoso d’affetto, ama inventare storie strampalate e, soprattutto, disegnare. Ribelle verso tutto ciò che le è incomprensibile o che gli altri considerano proibito, viene espulsa più volte da scuola, racconta di essere la figlia di “Sua Maestà il Gatto”, si intrufola in una camera mortuaria.
Decisa a diventare pittrice, si oppone alla volontà dello zio che la vorrebbe avvocato. Da ragazza frequenta la casa dello scrittore Italo Svevo e i suoi amici più stretti sono Bobi Bazlen, Gillo Dorfles e Arturo Nathan. A soli 17 anni espone in una mostra collettiva a Trieste, mentre appena ventenne parte per Milano, chiamata a ritrarre la famiglia di un ministro. Qui si scontra con pregiudizi che rendono difficile, per una donna, conquistare credibilità nel campo dell’arte. Determinata com’è, riesce comunque a introdursi nell’ambiente e a conoscere pittori come Giorgio De Chirico, Mario Sironi e Achille Funi, fino a esporre in una mostra tutta sua. Il rientro a Trieste è temporaneo: Leonor è ormai pronta a tentare la carta della fortuna a Parigi, la città che più di ogni altra attrae gli artisti. Parte portando con sé l’amore per i gatti, per i travestimenti, per il mistero e, naturalmente, la voglia di stupire.
Da Trieste a New York: l'ex capo dei servizi di sicurezza dell'Onu si racconta in un'autobiografia
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- Pubblicato Venerdì, 06 Marzo 2015 00:42
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Trieste - L’ex capo dei servizi di sicurezza dell’Onu, Bob Ravalico, si racconta in una lucida biografia scritta alla soglia del suo ottantesimo anno di età. Triestino di nascita, Ravalico ha le sue radici ben ancorate nel mare. Tant’è che da grande amante del mondo nautico, a Trieste torna tutti gli anni, da sempre, per partecipare alla Barcolana.
Ad arricchire i primi capitoli di questo libro che si legge come un romanzo, sono proprio i suoi ricordi d’infanzia, che lui ha trascorso tra Pirano e la grande città, mentre soffiavano i venti di guerra. Dai bombardamenti alle invasioni dei titini, dall’adolescenza tra italiani e americani, sino ai Trieste Riots e poi ancora ai moti studenteschi, per finire in forza alla Venezia Giulia Police Force. Comincia proprio qui la sua carriera professionale.
L’autore, dopo molte avventure e disavventure che lo hanno portato in giro per il mondo, è riuscito a scalare poco a poco i vertici dei servizi di sicurezza dell’Onu diventandone infine il capo. Nel corso di molte missioni, ha avuto modo di assistere in prima persona ai principali conflitti degli ultimi 70 anni e ha avuto a volte l’onore, a volte l’incombenza di incontrare grandi personaggi storici.
Bob Ravalico è stato operativo per le Nazioni Unite in ben 60 paesi, dal Medio Oriente all'Africa, dall’Asia al Centro-Sud America, per finire a New York.
Nella biografia, raccolta in episodi, trovano spazio anche riflessioni, retroscena, intrighi mai ufficializzati, ma soprattutto si trovano frammenti di vita: quella dei soldati al fronte, di momenti divertenti vissuti nonostante i pericoli, di esempi di lealtà e di forte amicizia, di legami che superano l’ostacolo dello spazio-tempo, di tenerezze e di crudeltà, di momenti felici e di altri difficili.
E mentre un giovane Ravalico si fa strada guadagnandosi il rispetto, passo dopo passo, il mondo e le sue atrocità si srotolano attraverso vicende che si susseguono lungo 400 pagine.
«Di vita e di conflitti» è uscito il 3 marzo, giorno del compleanno dell’autore.
In Italia è ordinabile in qualsiasi libreria. Inoltre si trova su Ibs o nel circuito Feltrinelli.it.
Qui il booktrailer:
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Valentina Ferri dialoga con noi del suo ultimo libro
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- Pubblicato Giovedì, 05 Marzo 2015 22:02
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Trieste – Valentina Ferri, nata a Milano, vive a Pavia,scrive su diverse testate femminili, periodici musicali e pagine di cultura, coniugando l’attività di scrittura con quella di interprete teatrale e di musicista. Ha presentato sabato scorso il suo libro alla Minerva “Quando il leone di ciberà di paglia” oltre ad avere al suo attivo tante pubblicazioni fra romanzi e saggi fra cui "La ineluttabile modalità dell’udibile. Allusioni e strategie musicali nell’Ulisse di James Joyce", il romanzo "Il mare immobile", e insieme a Donatella Cei "Avevo otto anni e c’era la guerra. Storia a quattro mani con cucina". In uscita il suo testo teatrale "Urge la musica in ogni sillaba", dedicato a Gabriele D’Annunzio.
Abbiamo scambiato qualche battuta sul suo ultimo libro.
Questo tuo nuovo libro, “Quando il leone si ciberà di paglia” cosa ha di diverso dagli altri tuoi romanzi?
Forse il punto di vista, la voce. E' narrato attraverso un personaggio maschile: un ragazzino di tredici anni che cresce nei dintorni di Napoli e percepisce il mondo attraverso il suo corpo che cambia e lo disorienta. Uno sguardo diverso e una scrittura differente, creata apposta per lui potrei dire alcune parole sono inventate, rubate a una sorta di dialetto del sud.
Perché l’hai voluto?
Perché arriva un momento in cui bisogna fare i conti con il leone che ruggisce dentro di noi e il bue che, mite, reclama la sua paglia. C'erano da affrontare il male e il bene, e narrarli.
Antonio, Mimmo, Don Paolo tratteggiali con degli aggettivi
Antonio: confuso, Mimmo: ribelle Don Paolo: perfiriuso, perfido.
Che il leone si cibi di paglia, come dice Isaia, che il mondo in sogno si capovolga, in una profetica rivoluzione, e si possa infilare la mano nella buca di un aspide senza essere più morsi… cosa speri possa suscitare… ti va di raccontarci?
Non è una domanda semplice! Questa di Isaia è una grande visione, un'utopia, un delirio? C'è chi dice “non accadrà mai!”. Io credo che in ogni gesto in cui siamo in sintonia con ciò che è “sacro” in noi il male non esista più. Perché noi siamo l'aspide che morde e anche la mano che cerca nella profondità della buca. Ma possiamo sperare come dice Antonì, che alla fine il mondo “sia tutto accordato giusto, come quando si canta a messa e la tua voce è uguale alla prima nota che suona l'organista per darti sicurezza”.
Punti di forza del tuo libro?
I punti di forza sono il linguaggio diretto, schietto e semplice, con il suo ritmo vicino al parlato a restituire il senso di fisicità della vita, prima di ogni altra cosa. E poi la tragicità dei personaggi, estremi tanto da divenire archetipici. La stessa storia di Antonio è un rito di iniziazione, un passaggio attraverso prove durissime, tra il male e il bene per giungere attraverso la parola a conciliare gli opposti. E' un romanzo apparentemente facile, ma che ha vari livelli di lettura
A che potenziale lettore lo dedichi, oltre ai tuoi genitori?
A colui che cerca, a chi crede nella parola.
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