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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Preti pedofili in Italia. L'inchiesta e le responsabilità di vescovi e pontefici

Preti pedofili. L'inchiesta e le resposabilità di vescovi e pontefici

TRIESTE – Che la pedofilia sia una piaga mondiale è una cosa nota. Come, perché e da quando rappresenti un motivo di grave imbarazzo per la chiesa cattolica italiana è l’oggetto del libro di Federico Tulli, (Chiesa e pedofilia – Il caso italiano, L’asino d’oro edizioni) presentato ieri 20 febbraio alla Libreria Lovat  di Trieste.

Oltre al caso di Don Maks Suard a Trieste, suicidatosi per un abuso compiuto 17 anni prima, i 150 sacerdoti processati nel decennio 2001-2010 per reati di questo genere indicano quanto sia urgente porre attenzione al fenomeno. Nonostante – sottolinea Tulli con viva sorpresa -  il direttore della sala stampa vaticana - mons. Federico Lombardi - gli  abbia detto che non esiste un “caso Italia” e che secondo la Santa Sede si tratta di episodi sporadici nonostante lo scandalo sia esploso in tutto il mondo cattolico.

Il centro della discussione – introdotta  da Simona Maggiorelli giornalista di “Left” e sostenuta dal filosofo della politica Tommaso Dell’Era – ha voluto dimostrare come il problema esista e che il nodo consiste nel fatto che per la chiesa italiana l’abuso sessuale è un peccato e non un reato.

Da questa “derubricazione” deriva che un sacerdote che si macchi di questo delitto viene sì punito dal diritto canonico, ma la pena, in genere, consiste in una vita di “penitenza e umile riservatezza”, quando non in un semplice trasferimento che mette a rischio gli adolescenti di un’altra parrocchia. Pena ridicola e inadeguata se si considera il fatto dal punto divista della vittima.

Per di più l’indagine psichiatrica e legale condotta da Tulli evidenzia come il profilo del’abusatore sia il medesimo del serial-killer: colpisce bimbi particolarmente vivaci, tende a ripetere l’esperienza, ha l’impulso del cacciatore e può aver circa duecento vittime nella sua carriera.

A ciò si aggiunga che un sacerdote gode, rispetto alla popolazione media, del pregiudizio positivo di appartenere alla sfera spirituale, di essere un mediatore con il sacro, di avere la fiducia di chi gli sta accanto, di non dover rispondere a una famiglia dei suoi atteggiamenti.

La tesi sostenuta da Tulli, basata per il 90% su fonti vaticane, è che la cultura clericalizzata non punisce chi compie reati di abuso e violenza, sia fisici che psicologici. Che le “scuse” dei vari pontefici non siano sufficienti né alle vittime né a sanare il fenomeno. Di più: sostiene la responsabilità dei Papi Bergoglio, Ratzinger e Wojtyla nel non aver voluto  o potuto debellare un crimine dalle conseguenze psicologiche devastanti.

Di fronte a tutto ciò, l’autore sottolinea come nessun papa abbia modificato nella sostanza l’atteggiamento della chiesa nei confronti di un valore civile fondamentale come il rispetto dei diritti umani. Al proposito, ricorda che il Vaticano ha mai adeguato il diritto canonico alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (di cui il libro contiene l’unica traduzione integrale).

E perdipiù la Santa Sede rifiuta di fornire all'Onu i nomi dei sacerdoti dimessi dallo stato clericale dopo essere stati giudicati colpevoli di abusi su minori dalla Congregazione per la dottrina della fede. Su quanti siano, cosa facciano e dove si trovino in questo momento vige il più assoluto riserbo.

Di fronte a un atteggiamento omertoso o quantomeno di “difesa dell’istituzione”, gli interrogativi posti dal libro vogliono essere stringenti e drammatici: cosa significano e quanto peso hanno le ambiguità di decine di vescovi che non collaborano con le autorità civili? Perché la Conferenza episcopale non obbliga i vescovi a denunciare i presunti responsabili di abusi alla magistratura italiana?

E poi: quanto incide la responsabilità di certa stampa accondiscendente verso i gerarchi della Chiesa che contribuiscono a sopire o  a negare le reali dimensioni di questo fenomeno criminale? E cosa comporta l'assenza di spirito critico dei giornalisti italiani nei confronti di qualsiasi dichiarazione sul tema rilasciata da Papa Bergoglio? Siamo sicuri che la “tolleranza zero” invocata dal Pontefice corrisponda a fatti concreti?

Nella prefazione al volume, la neonatologa e psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti afferma  he “I preti pedofili vivono su questa terra e devono rispettare le leggi della società in cui vivono, anche se sono convinti che le credenziali vantate rispetto alla sfera del trascendente consentano loro comportamenti caratteristici dei criminali e dei malati mentali”.

Federico Tulli è un giornalista e scrittore.Collaboratore di numerosi periodici, tra cui “Left”, si occupa in prevalenza di divulgazione scientifica, bioetica, laicità e diritti civili. Sul web ha ideato e dirige il magazine “Babylon Post”, è condirettore del quotidiano “Cronache Laiche”, inoltre scrive su "MicroMega" e su “Globalist”, la prima syndication italiana di giornalisti professionisti.
Con L’Asino d’oro edizioni ha pubblicato nel 2010 “Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro”.

[Roberto Calogiuri]

 

 

 

 

Si presenta a Trieste il volume di Boris Pahor "La città nel golfo" per la prima volta in italiano

Si presenta a Trieste il volume di Boris Pahor

Trieste - Giovedì 19 febbraio, alle 18, presso la Libreria Lovat di Viale XX settembre 20 a Trieste, alla presenza dell'autore, si terrà la presentazione del volume di Boris Pahor "La città nel golfo", edito da Bompiani, per la prima volta in versione italiana grazie alla traduzione di Marija Kacin.

Il romanzo, in buona misura autobiografico, è ambientato tra Trieste e il Carso nei giorni seguenti il drammatico 8 settembre 1943, quando il protagonista tenta di tornare a Trieste dopo aver abbandonato in Lombardia la divisa di militare italiano per unirsi alle forze della Resistenza jugoslava.

Riparato a Prosecco per sfuggire a un rastrellamento dei tedeschi, il giovane protagonista vive una serie di incontri con gli abitanti del piccolo borgo carsico, che sono il pretesto per una variegata riflessione sulla condizione della comunità slovena alla vigilia, ancora di là da venire, della Liberazione dal nazifascismo.

Nell’incontro pubblico alla Lovat colloquieranno con l’autore la traduttrice Marija Kacin, Tatjana Rojc, studiosa di lettere slovene e letterature comparate e il giornalista Walter Chiereghin, direttore del mensile Trieste Artecultura.

Fiera dell’Editoria “Bobi Bazlen” alla sua settima edizione

Fiera dell’Editoria “Bobi Bazlen” alla sua settima edizione

Trieste – Iniziata oggi, sabato 14 febbraio, la Fiera dell’Editoria”Bobi Bazlen” con un programma inteso, si concluderà domani domenica 15 febbraio.

Tutto sembra congiurare contro chi voglia pubblicare libri di carta: digitalizzazioni, fusioni, irrigidimento della rete distributiva, diminuzione delle librerie tradizionali, senza considerare i bassi indici di lettura e l'analfabetismo di ritorno che in Italia è un problema stabile. Eppure l'editoria di progetto resiste e anzi a ben vedere sempre più sono a rischio chi si è cullato su mode, infatuazioni, slanci o scommesse, in una parola: chi non ha una linea, chi è senza progetto a prescindere dalla dimensione e dal fatturato.

Ciò significa che l'editore è ancora una guida utile per la piccola patria dei lettori, una zattera di salvataggio nel mare del conformismo. Dare la parola ad alcune di queste voci che passano abitualmente in seconda fila nelle fiere-baraonde consuete equivale a dare voce a chi guarda al futuro, a ciò che manca e alla comunità che viene.

Per questo la Fiera dell'editoria di progetto Bobi Bazlen mette al centro la figura dell'editore anche in un momento di dilagante autorialità e mediaticità del singolo, lo fa da alcuni anni, perché crede che i progetti, anche e proprio perché complessi, siano l'unica via per uscire da una stasi politica, economica e culturale che sta profondamente mutando il Paese.

Per questa ragione gli ideatori, Giovanni Damiani, Manuel Orazi e Luca Visentini, si ostinano a credere che abbia molto senso che un dibattito del genere si faccia a Trieste, in un luogo degno e nobile come l'Antico Caffè San Marco, nel centenario dell'anniversario dell'entrata in guerra italiana, per gettare luce sulle piccole patrie editoriali che ancora fanno del nostro paese un'entità plurale e indomitamente anticonformista.

Non a caso il Friuli Venezia Giulia è la regione con il più alto tasso di lettura e di librerie che ci sono in Italia oggi e certo non sarà ozioso parlare di questo con le rinate olivettiane Edizioni di Comunità con Beniamino de Liguori Carino che presenta questo coraggioso e bellissimo progetto.  Con un editore come il trentino Roberto Keller, che porterà alla Bazlen una serie di libri dedicati alla prima guerra mondiale, con Nottetempo, per cui Andrea Gessner, uno dei soci fondatori, illustrerà al pubblico il recente volume Draghi di Riccardo Corsi; con Mimesis, con le sue collane filosofiche e Luca Tadio poi gli sloveni di Apokalipsa, editori di Lubiana specializzati in filosofia e poesia, da anni attenti a creare un dialogo con l'editoria italiana attraverso la Fiera.

I sempre presenti editori de La Giuntina, specializzati in opere ebraiche, Quodlibet, che presenta il libro di D'Ercole su Cucchi con Daniele Capra, Gaffi che anticiperà al pubblico i primi volumi delle edizioni Italo Svevo che ha fortemente voluto rilanciare, e con Matteo Codignola di Adelphi che riceverà il premio per la traduzione nella città di Bobi Bazlen. E ancora si potrà discutere con librai come Simone Volpato con il suo progetto Libreria antiquaria Drogheria 28 e giornalisti del calibro di Francesco Merlo, che presenterà il suo romanzo Stanza 707 edito da Bompiani.

Scriveva uno dei migliori intellettuali dell'antifascismo italiano, Gaetano Salvemini, che occorre marciare separati ma colpire uniti all'occorrenza: l'editoria di progetto non dev'essere da meno nella sua opera di resistenza all'omologazione e a Trieste trova il suo naturale luogo d'incontro e di battaglia squisitamente culturale.

Non è un caso che questa piccola e raffinata fiera, di cui la parte più colta dell'editoria italiana è innamorata, sia intitolata a Roberto Bazlen, una figura leggendaria e allo stesso tempo quasi evanescente e troppo poco conosciuta dell’editoria italiana.

La Fiera Bazlen da anni fa proprio il motto “piccolo è bello” e procede in direzione ostinata e contraria a tutte le grandi manifestazioni dedicate alle letteratura e ai libri. Lungi dal costringere il visitatore a interminabili tour de force tra stand e banchetti in anonimi capannoni, la Fiera Bazlen propone brevi incontri con editori e autori, letture pubbliche e piccole opere da assaporare lentamente, seduti al tavolo del caffè storico, mescolandosi con gli altri avventori del San Marco, crogiolo di popoli e di culture, in cui ancora oggi la letteratura è il linguaggio parlato dai luoghi e dalle preesistenze storiche di cui qui si trova traccia.

Si possono incontrare direttamente autori ed editori, discutere con loro di progetti e idee, bighellonare tra i libri, un dibattito e una presentazione, stringere amicizie inaspettate.

Anche quest’anno la rassegna è organizzata dalle associazioni culturali Palacinka e La Brocca Rotta in collaborazione con il Comune di Trieste e con il contributo dellaProvincia di Trieste e della Camera di Commercio.

Per maggiori informazioni: http://fierabazlen.wordpress.com/

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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