Preti pedofili in Italia. L'inchiesta e le responsabilità di vescovi e pontefici
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Sabato, 21 Febbraio 2015 12:16
- Scritto da Roberto Calogiuri
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TRIESTE – Che la pedofilia sia una piaga mondiale è una cosa nota. Come, perché e da quando rappresenti un motivo di grave imbarazzo per la chiesa cattolica italiana è l’oggetto del libro di Federico Tulli, (Chiesa e pedofilia – Il caso italiano, L’asino d’oro edizioni) presentato ieri 20 febbraio alla Libreria Lovat di Trieste.
Oltre al caso di Don Maks Suard a Trieste, suicidatosi per un abuso compiuto 17 anni prima, i 150 sacerdoti processati nel decennio 2001-2010 per reati di questo genere indicano quanto sia urgente porre attenzione al fenomeno. Nonostante – sottolinea Tulli con viva sorpresa - il direttore della sala stampa vaticana - mons. Federico Lombardi - gli abbia detto che non esiste un “caso Italia” e che secondo la Santa Sede si tratta di episodi sporadici nonostante lo scandalo sia esploso in tutto il mondo cattolico.
Il centro della discussione – introdotta da Simona Maggiorelli giornalista di “Left” e sostenuta dal filosofo della politica Tommaso Dell’Era – ha voluto dimostrare come il problema esista e che il nodo consiste nel fatto che per la chiesa italiana l’abuso sessuale è un peccato e non un reato.
Da questa “derubricazione” deriva che un sacerdote che si macchi di questo delitto viene sì punito dal diritto canonico, ma la pena, in genere, consiste in una vita di “penitenza e umile riservatezza”, quando non in un semplice trasferimento che mette a rischio gli adolescenti di un’altra parrocchia. Pena ridicola e inadeguata se si considera il fatto dal punto divista della vittima.
Per di più l’indagine psichiatrica e legale condotta da Tulli evidenzia come il profilo del’abusatore sia il medesimo del serial-killer: colpisce bimbi particolarmente vivaci, tende a ripetere l’esperienza, ha l’impulso del cacciatore e può aver circa duecento vittime nella sua carriera.
A ciò si aggiunga che un sacerdote gode, rispetto alla popolazione media, del pregiudizio positivo di appartenere alla sfera spirituale, di essere un mediatore con il sacro, di avere la fiducia di chi gli sta accanto, di non dover rispondere a una famiglia dei suoi atteggiamenti.
La tesi sostenuta da Tulli, basata per il 90% su fonti vaticane, è che la cultura clericalizzata non punisce chi compie reati di abuso e violenza, sia fisici che psicologici. Che le “scuse” dei vari pontefici non siano sufficienti né alle vittime né a sanare il fenomeno. Di più: sostiene la responsabilità dei Papi Bergoglio, Ratzinger e Wojtyla nel non aver voluto o potuto debellare un crimine dalle conseguenze psicologiche devastanti.
Di fronte a tutto ciò, l’autore sottolinea come nessun papa abbia modificato nella sostanza l’atteggiamento della chiesa nei confronti di un valore civile fondamentale come il rispetto dei diritti umani. Al proposito, ricorda che il Vaticano ha mai adeguato il diritto canonico alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (di cui il libro contiene l’unica traduzione integrale).
E perdipiù la Santa Sede rifiuta di fornire all'Onu i nomi dei sacerdoti dimessi dallo stato clericale dopo essere stati giudicati colpevoli di abusi su minori dalla Congregazione per la dottrina della fede. Su quanti siano, cosa facciano e dove si trovino in questo momento vige il più assoluto riserbo.
Di fronte a un atteggiamento omertoso o quantomeno di “difesa dell’istituzione”, gli interrogativi posti dal libro vogliono essere stringenti e drammatici: cosa significano e quanto peso hanno le ambiguità di decine di vescovi che non collaborano con le autorità civili? Perché la Conferenza episcopale non obbliga i vescovi a denunciare i presunti responsabili di abusi alla magistratura italiana?
E poi: quanto incide la responsabilità di certa stampa accondiscendente verso i gerarchi della Chiesa che contribuiscono a sopire o a negare le reali dimensioni di questo fenomeno criminale? E cosa comporta l'assenza di spirito critico dei giornalisti italiani nei confronti di qualsiasi dichiarazione sul tema rilasciata da Papa Bergoglio? Siamo sicuri che la “tolleranza zero” invocata dal Pontefice corrisponda a fatti concreti?
Nella prefazione al volume, la neonatologa e psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti afferma he “I preti pedofili vivono su questa terra e devono rispettare le leggi della società in cui vivono, anche se sono convinti che le credenziali vantate rispetto alla sfera del trascendente consentano loro comportamenti caratteristici dei criminali e dei malati mentali”.
Federico Tulli è un giornalista e scrittore.Collaboratore di numerosi periodici, tra cui “Left”, si occupa in prevalenza di divulgazione scientifica, bioetica, laicità e diritti civili. Sul web ha ideato e dirige il magazine “Babylon Post”, è condirettore del quotidiano “Cronache Laiche”, inoltre scrive su "MicroMega" e su “Globalist”, la prima syndication italiana di giornalisti professionisti.
Con L’Asino d’oro edizioni ha pubblicato nel 2010 “Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro”.
[Roberto Calogiuri]