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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

“Pagine di Sabbia”:il nuovo libro di Edoardo Triscoli, dove avventura e mistero si intrecciano

“Pagine di Sabbia”: nuovo libro di Triscoli, dove avventura e mistero si intrecciano

Trieste – Esce a giorni, il nuovo libro di Edoardo Triscoli, “Pagine di sabbia. Trieste, il deserto e le biblioteche rivelate”, che verrà presentato giovedì 14 maggio, con inizio alle ore 17.30 alla Libreria Lovat di Trieste.

Ritornano i librai di Bibliopolis,  già libro di successo dello stesso autore, la celebre libreria sopra Trieste, vanto degli abitanti di Montecodice, il paesino carsico sorto intorno alla grande certosa. Questa volta l’avventura li porterà nell’infuocato Sahara alla ricerca delle leggendarie biblioteche del deserto della Mauritania, dove incontreranno predoni e vecchi saggi, scorpioni e Tuareg che li affiancheranno nella difficile sopravvivenza nel più grande deserto del pianeta. Ma anche il loro ritorno a casa non li metterà al riparo da pericoli e insidie: sette segrete e sicari senza scrupoli ostacoleranno la ricerca della favolosa Camera di Marafante, la vagheggiata chimera di ogni libraio antiquario. Ancora una volta il libro spalanca le ermetiche e misteriose porte dei libri antichi, rivelando follie e sacrifici, nefandezze e nobili intenti in un mondo chiuso ma estremamente vitale come quello dell’antiquariato librario.

Edoardo Triscoli, classe 1956, triestino, è un libraio praticante dal 15 maggio 1975 e non risulta ancora che stia cercando di smettere. Ha esordito nella narrativa con BIBLIOPOLIS. TRIESTE, CITTA' DEI LIBRI PERDUTI, primo volume della trilogia omonima.

 

Grande successo per “Il Grande fuoco. 4 agosto 1972: L’attentato all’oleodotto di Trieste” alla Lovat

Grande successo per “Il Grande fuoco. 4 agosto 1972: L’attentato all’oleodotto di Trieste” alla Lova

Trieste – Un altro grande successo per la casa editrice Mgs Press, che ieri, martedì 28 aprile, ha presentato la sua ultima pubblicazione alla libreria Lovat, presa d’assalto da una folla attenta e curiosa per seguire la presentazione del libro “Il Grande fuoco. 4 agosto 1972: L’attentato all’oleodotto di Trieste” di Giuliano Sadar.  Erano presenti i giornalisti Fabio Amodeo e Ranieri Ponis, il Procuratore capo presso il Tribunale di Trieste Carlo Mastelloni, il magistrato Rosario Priore e, naturalmente, l’autore.

“Una notte d’agosto. Quattro boati. Serbatoi da 90.000 tonnellate di greggio che saltano in aria. Un ‘fungo atomico’ nero sormontato da un candido cappello di anidride solforosa pronta a riversare una pioggia di acido sulla città. Ma in quei giorni non piovette e non soffiò la bora. Una fortuna sfacciata che impedì la reazione a catena da un serbatoio all’altro, come speravano i sabotatori.”

I triestini non più giovani ancora oggi ricordano, 43 anni dopo, con un misto di inquietudine e timore. Ma pochissimi conoscono la vera storia. Perché l’apocalisse sfiorata al deposito costiero della SIOT, piana di San Dorligo presso Trieste, ore 3 circa del 4 agosto 1972, è stata dimenticata. Messa da parte come uno scherzo della Storia. E invece di Storia ne è passata tanta in quei giorni a Trieste.

Fu il primo attentato palestinese in Italia, lo portò a termine Settembre Nero, che solo un mese dopo seminò la morte alle Olimpiadi di Monaco. Ma fu anche un attentato di cui non si sono mai saputi con precisione mandanti, fiancheggiatori e neppure tutti gli esecutori. Perché dalla Francia, dove si erano rifugiati, non arrivò uno straccio di aiuto.

Trieste fu la prima di una serie di azioni che poi costrinsero il governo italiano a stringere un accordo segreto con  i movimenti palestinesi, il cosiddetto Lodo Moro, punto di svolta delle vicende italiane di fine Novecento, ma di cui ancora oggi si fa una dannata fatica a parlare. E in pieno Lodo Moro si celebrarono, in assoluta sordina, i due processi sull'attentato alla SIOT, conclusisi con una sentenza-barzelletta. Una vicenda che Giuliano Sadar ha dipanato partendo dai documenti dell’epoca, dalle testimonianze, dalle sentenze, dalle carte scovate nell'Archivio storico del Senato che custodisce gli atti integrali delle commissioni Stragi, Moro e Mitrokhin. Ne è uscito fuori un racconto avvincente, in cui una storia solo apparentemente minore incrocia le piste nascoste che ancora oggi impediscono all’Italia di definirsi un paese normale.

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“Tito e i suoi compagni” di Pirjevec al caffè San Marco

Trieste – Martedì 28 aprile alle ore 18 introdurrà  Stefano Lusa,  il libro “Tito e i suoi compagni” di Jose Pirjevec, al Caffè San Marco, l'unica biografia di Tito e del suo apparato di potere: una monumentale opera di ricerca storica e un racconto incalzante nel cuore di tenebra del Novecento.

Dittatore che sembra sfuggire alla definizione del tiranno, oppositore di Stalin, artefice di un modello socialista alternativo e promotore del movimento dei "paesi non allineati", oggetto di caricatura dopo lo sfacelo della Jugoslavia, Tito è una figura di estrema complessità e interesse storico.

Dall'infanzia alla surreale agonia nei suoi ultimi anni, Joze Pirjevec ci consegna un resoconto completo, equilibrato, esauriente e di estrema leggibilità della vita di Tito, del suo mondo e dei suoi compagni, che rappresenta al medesimo tempo una storia appassionata della ex Jugoslavia.

Despota o ribelle? Nonostante trentacinque anni di dittatura, non si può considerare Tito come un tiranno alla stregua di Stalin: al contrario, proprio perché si era ribellato al terrore staliniano, istituendo in Jugoslavia un socialismo «autogestito» dal volto umano, Tito è rimasto nella memoria di molti suoi «sudditi» come un uomo a cui essere grati. La Jugoslavia che lasciò alla sua morte era decisamente diversa da quella del 1945: era passata dal regime centralizzato staliniano al «socialismo di mercato», conoscendo una rapida industrializzazione, grazie a cui le masse popolari godettero di una costante crescita della qualità della vita, anche se dovuta in gran parte ad aiuti esterni. Per quanto il potere fosse nelle mani del Partito, il sistema autogestito permetteva ai cittadini di esercitare qualche influenza sulla vita politica. L'opposizione era proibita, ma la vita intellettuale non era soggetta a censura preventiva e le frontiere erano davvero aperte al passaggio delle persone e delle idee. Senza Tito, non ci sarebbe stata la frattura con Stalin. A suo favore vi è pure la sua epica ribellione a Hitler e a Mussolini che assicurò ai popoli jugoslavi la vittoria sui nazifascisti. Inoltre, a partire dagli anni Cinquanta, riuscí a sottrarsi al canto delle sirene dell'Occidente, mettendosi a capo dei Paesi «non allineati». Non va però ignorato il fallimento del regime di Tito, incapace di conservarsi senza la sua forza di coesione, e di sviluppare l'esperimento dell'autogestione in una democrazia moderna e pluralista.

ANTICO CAFFE' E LIBRERIA SAN MARCO VIA CESARE BATTISTI 18 TEL 040 0641724

       

 

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Capo redattore: Tiziana Melloni
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