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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

"La mia patria è il mondo intero" di Elisabetta Pozzetto, venti donne che stanno cambiando il mondo

Udine - Quando un giornalista vuole raccontare una storia, il modo più fedele che esista è quello delle interviste. È uno degli aspetti più diretti del giornalismo, ma anche uno dei più dei difficili da gestire: bisogna creare un legame tra intervistato e intervistatore, senza gettare semplicemente una domanda sul foglio e aspettare che l'altro risponda. 

Per questo un libro interamente impostato sul racconto diretto dei suoi protagonisti può lasciare qualche dubbio a proposito. Ma "La mia patria è il mondo intero" (Forum, 2013) di Elisabetta Pozzetto* non si perde in descrizioni pindaliche e autoreferenziali, ma va dritto nel cuore delle cose, grazie anche a un filo conduttore netto dall'inizio alla fine: l'essere donna oggi. 

Detto così, potrebbe sembrare benissimo l'ennesimo elogio femminile al gentil sesso, da sempre ignorato dall'arroganza maschile, dalla vita privata alla carriera lavorativa. Invece la giornalista friulana ha voluto seguire un percorso preciso e fedele a sé stesso, andando a cercare venti nomi, ritratti dagli scatti di Ulderica da Pozzo e Luca Laureati, che sono partiti dal Friuli Venezia Giulia e sono diventate personalità internazionali all'estero ma spesso ignorate in Italia, come tristemente accade a tante nostre eccellenze.

Il discorso si inverte solo in un caso, il primo riportato nel libro: quello di Deborah Serracchiani, Presidente della Regione e friulana acquisita. Partendo da Roma per seguire il futuro marito a Udine, in pochi anni è diventata uno dei protagonisti politici centrali oggi in Italia, amata e contestata, grazie alla sua vittoria alle ultime elezioni regionali e alla recente nomina a vicesegretario del Partito Democratico con Matteo Renzi. 

Ma, come abbiamo già detto, lei è l'eccezione. Le altre diciannove, infatti, hanno fatto il percorso opposto, arrivando a ricoprire incarichi e a ricevere riconoscimenti importantissimi in tutto il mondo. Come Rosi Braidotti, che a 15 se ne andò da Latisana con i genitori per l'Australia e oggi è una delle filosofe più celebri a livello internazionale; o Federica Manzon, che da Pordenone è passata a Milano, con un contratto da editor niente di meno che alla Mondadori e un Premio Campiello nel proprio palmarès letterario. 

Ma c'è anche chi si tiene lontano dalla ribalta, come la poetessa Ida Vallerugo, di Meduno, che vive a contatto con la natura e i suoi versi, cedendosi poche volte al pubblico dei salotti letterati. E chi si è impegnata attivamente nella Resistenza, ricevendo la medaglia d'oro al valore militare, come Paola Del Din: testimone storica del tragico capitolo di Porzûs, da osovana non perdona ancora il crimine dei garibaldini.

La Pozzetto è stata capace di raccontare figure femminili importanti senza cadere in celebrazionismi, cercando di presentare un ritratto sincero anche nelle contraddizioni che caratterizzano alcuni nomi intervistati. Tra le pagine non si sente solo la voce di queste donne, ma anche gli echi di altrettanti Friuli Venezia Giulia: da Pordenone a Trieste, dagli anni del terremoto al secondo dopoguerra, è chiarissimo il richiamo a una terra che non si è mai arresa. Un modello che oggi, più che mai, deve tornare a rivivere.

 

*Elisabetta Pozzetto, giornalista, è caposervizio presso l'ufficio stampa della Regione Friuli Venezia Giulia. Ha già scritto un libro sulla condizione femminile, "Donne di profilo" (Forum, 2005), e sarà ospite, mercoledì 20 alle 20.30 nella sala polivalente della biblioteca di Chiopris (Ud), per presentare al pubblico il suo ultimo reportage d'interviste.

Omaggio al poeta Mario Luzi al Salone del Libro di Torino

Omaggio al poeta Mario Luzi al Salone del Libro di Torino

Torino – I poeti italiani ricordano Mario Luzi, nel decennale dalla scomparsa: appuntamento oggi, sabato 16 maggio, alle 17.30 in Sala Azzurra, per la dedica a “Mario Luzi, mite rivoluzionario”, con l’intervento di Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Gianfranco Lauretano, Giancarlo Pontiggia, Davide Rondoni, e dei giovani poeti Valentina Colonna, Federica D’Amato, Valentino Fossati e Riccardo Olivieri.

«Sono passati dieci anni dalla morte di Mario Luzi e con il tempo viene in più chiara evidenza la necessità della sua opera e la generosità del suo magistero – osserva il poeta e scrittore Gian Mario Villalta - L’inquietudine della sua ricerca, la sincerità delle sue esitazioni, il limpido dettato dell’espressione raggiunta, hanno lasciato una scia luminosa che alimenta nel tempo la passione per la poesia di molti giovani e riscuote a distanza l’ammirazione di poeti di grande rilievo. Luzi ha esordito avvicinando gli orizzonti di ricerca più nuovi del suo tempo, e sempre ha cercato di sovvertire le sistemazioni semplici del mondo, le facili antinomie, appellandosi a una dimensione totale dell’esperienza poetica. La sua generosità verso gli altri poeti, anche giovanissimi o esordienti, è stata proverbiale; la sua attenzione per ciò che avveniva nel mondo della cultura, costante. Anche per chi percorreva sentieri poetici diversi, è sempre stato un punto di riferimento, una voce originale e sincera.  Tutto questo merita dunque un ricordo e, soprattutto, un omaggio, con un titolo che vuole strappare un sorriso  e allo stesso tempo dare un giudizio non banale: Mario, mite rivoluzionario».

Ricorda Maurizio Cucchi: “Era la prima volta che mettevo piede a Firenze, e non ci andavo da turista, ma per conoscere Mario Luzi, non senza timore di esserne indegno. Era il 1971, se non ricordo male, e di quel primo incontro mi è rimasto impressa una frase, accompagnata da un gesto. Luzi mi disse: «La poesia deve pescare in fondo" e mosse il braccio e la mano verso il basso, per dare più forza a quella frase, così semplice e necessaria. Molto tempo dopo, nel 2004, ero andato a trovarlo per i suoi 90 anni. Nel frattempo il nostro rapporto era cresciuto, e da decenni ero fiero di essergli amico. Riuscì ancora a sorprendermi, a lasciarmi ammirato una volta di più per una grande, decisiva qualità che a quell'età era ancora perfettamente intatta: la vitalissima acutezza della mente, quell'incessante e verticale attività del pensiero che ha sempre animato la sua poesia, tutta la sua grande opera».

Davide Rondoni, che è all’origine di questa iniziativa e ne ha guidato la realizzazione, sottolinea: «Luzi maestro umile e alto di arte ha percorso il secolo della poesia e della sua riflessione in rapporto alle convulse vicende umane, senza cedere al dominio di scetticismi e disperanze. In consonanza sorprendente con alcune acquisizioni della scienza recente, il suo poetare sperimentatore aperto e interrogante ha tracciato il segno di una dura "rivoluzionaria" e creaturale letizia. Generando molti figli e nessun epigono».

Gli ulteriori appuntamenti di pordenonelegge al Salone Internazionale del Libro di Torino saranno ospitati ne“La Libreria della Poesia”, uno spazio espositivo di riferimento per il ciclo di incontri promossi da Fondazione Pordenonelegge.it e ideati dal direttore artistico di pordenonelegge Gian Mario Villalta con i curatori Alberto Garlini e Valentina Gasparet.

Domenica 17 maggio la presentazione della biografia diWislawa Szymborska, edita Adelphi (ore 16, Caffè Letterario) con le autrici Anna Bikont e Joanna Szczesna, alla presenza del curatore del volume Andrea Ceccherelli e di un’ospite d’eccezione, la poetessa Vivian Lamarque.Appuntamento dunque alla Libreria della Poesia - stand J137, Pad 2 – dal 14 al 18 maggio, al Salone Internazionale del Libro di Torino.Info: www.pordenonelegge.it  

 

 

 

“Un pittore di nome Leonor” di Corrado Premuda: un libro da gustare

“Un pittore di nome Leonor” di Corrado Premuda: un libro da gustare

Trieste - E’ raccontata ed illustrata come una favola, la vita di Leonor Fini, nel libro di Corrado Premuda.

Lo scrittore triestino dopo aver dato alle stampe nel 2014 “Murmur” che conteneva molte favole della Fini da lui tradotte dal francese, si cimenta nuovamente con la vita della poliedrica artista.

Ed effettivamente la vita di Leonor Fini (1907-1996) ha tutte le caratteristiche per essere narrata come una favola colma di avventure.

“Un pittore di nome Leonor”, questo è il titolo del libro, inizia con l’arrivo della piccola Eleonora (in arte successivamente Leonor) a Trieste. Sono i nonni, i signori Braun, coniugi della buona borghesia triestina dei primi novecento, a darle il benvenuto nel porto di Trieste.

Leonor arriva, infatti, in nave, con la madre Malvina Braun, ed il padre Erminio Fini, e nelle prime pagine del libro si intuisce subito il colpo di fulmine per il gatto Cioci che vive nella casa della nonna, un amore per i felini che sarà determinante anche nella futura produzione artistica della pittrice triestina.

Il padre di Leonor è un focoso faccendiere, che rende infelice la moglie ed è inviso ai suoceri. Presto riparte per Buenos Aires, lasciando moglie e figlia a casa Braun per una lunga vacanza.

In realtà si tratta solo di una facciata il matrimonio di Malvina ed Erminio è già finito, Malvina Braun e Leonor rimarranno a Trieste.

Leonor inizia a vivere a casa dei nonni e dà presto i segni della sua prima vocazione artistica che è quella della pittura. Passa un anno ed il padre rientra a Trieste nel tentativo di riprendere con se la figlia, ma si  trova davanti ad un diniego della famiglia e tenta addirittura di rapirla senza riuscirvi, obbligando Leonor e sua madre a riparare a Pola pur di evitare di essere separate.

Successivamente rientrano a Trieste, ci saranno ad attendere Leonor, i tempi di guerra ed anche la scuola.

Leonor non è precisamente una studentessa modello. E’ allergica alla disciplina ed alle regole, tanto che a diciassette anni viene rimandata in tutte le materie e viene spedita in Carnia in casa di una vecchia zia con tutti i suoi libri. La vacanza non dà i suoi frutti, Leonor conosce dei giovani ufficiali con cui fa amicizia senza studiare molto. Al suo rientro la colpisce un’irite traumatica per cui deve  rimanere bendata per tre mesi e questo per sua fortuna la esonera dagli esami scolastici.

Mentre la famiglia la vorrebbe a studiare giurisprudenza per poi lavorare nello studio dello zio, Leonor è risoluta ed autorevole nel scegliere la sua strada che è quella della pittura. E nel percorrerla frequenta Gillo Dorfles, Bobi Bazlen, Linuccia, figlia del poeta Umberto Saba, Felicita Frai e molti altri artisti della Trieste mitteleuropea di quei tempi.

La strada artistica di Leonor la porterà prima a Milano e poi a Parigi dove si affermerà come pittrice dedicandosi anche all’incisione e alla scenografia nonché alla moda con la creazione di costumi per il cinema ed il teatro ed infine alla scrittura.

Leonor Fini ha saputo costruirsi una lunga e fortunata carriera, è stata una donna che ha saputo e voluto vivere una vita fuori dalle convenzioni del suo tempo aiutata da un inconsapevole coraggio e dal suo fascino da diva.

Premuda in questo libro ne tratteggia il carattere in modo delicato e disimpegnato molto piacevole da leggere, raccontando molti aneddoti riguardanti la vita privata di un artista che permettono di conoscere ed assaporare l’humus emotivo da cui prese corpo la vita artistica della famosa artista triestina.      

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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