“Tra Padri e Figli”: a dialogo con Franco Belci
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- Pubblicato Martedì, 24 Marzo 2015 07:15
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Trieste – E’stato presentato nei giorni scorsi all’Auditorium del Museo Revoltella il libro di Franco Belci: “Tra Padri e Figli – Incontri scontri di generazioni”. A offrirne una lettura interpretativa le varie voci intervenute: da Pino Roveredo a Susanna Camusso a Beppino Englaro, moderatore dell’incontro Paolo Possamai, direttore de’ “Il Piccolo”.
Come ha sottolineato lo scrittore Pino Roveredo durante la presentazione “non bisogna fare troppe capriole filosofiche per entrare nella trama di questo libro”. Si entra di pancia, d’istinto, si viene trascinati nella lettura perché è un libro onesto intellettualmente, sincero, fruttuoso per tutti coloro che di padri non ne hanno avuti, per quelli che di padri ne hanno avuti, anche più di uno, ma alla fine nessuno, per quelli che avrebbero voluto un rapporto con il padre ma non ci sono mai riusciti. Una testimonianza feconda di episodi, di esempi, di vita. Ma non c’è solo questo nel libro, ci sono molte altre sfumature, che si colgono soffermandosi a leggere e rileggere alcuni passaggi, in una sorta di meditazione sociale, laica e prim’ancora umana.
Per chi non conoscesse, Franco Belci, ricordiamo che attualmente è segretario generale Cgil del Friuli Venezia Giulia, è padre di due figli con i quali intesse in questo libro un inteso colloquio.
Figlio di Corrado, parlamentare della Democrazia Cristiana e uno dei più stretti collaboratori di Zaccagnini, è stato, prima della sua lunga esperienza sindacale, ricercatore di storia contemporanea a Trieste e Milano. Al suo attivo molti saggi. A Franco Belci abbiamo chiesto:
Cosa l'ha indotta a scrivere un libro come questo?
Nulla di programmato. E’nato per caso, da un’esperienza personale sulla quale mi sono scambiato delle mail con mio figlio più piccolo. Poi la linea delle riflessioni e dei ricordi mi ha portato a fare un bilancio pur provvisorio, del rapporto coi miei figli, e uno, purtroppo definitivo, di quello con mio padre. I ricordi ne hanno richiamati altri, come in un gioco di scatole cinesi, e attorno ad essi si sono quasi spontaneamente aggregate valutazioni sulla politica, la mia esperienza sindacale, la mia città, alcuni incontri che sono stati importanti nella mia vita.
Questo libro è sicuramente un omaggio alla memoria di suo padre Corrado, delineando punti di vicinanza umana e di diversità ideologica. Ci racconta alcuni episodi, anche per chi non conosce la vostra storia?
Due in particolare. Quando mio padre restituì al mittente una Tv color che gli era stata donata dagli imprenditori triestini per aver promosso una legge che apriva nuove prospettive imprenditoriali per la città. Spiegò a noi ragazzi, delusi, perché assaporavamo il passaggio dal bianco e nero al colore, che fare leggi era il suo lavoro e non aveva bisogno di regali. Così come prendere bei voti a scuola era nostro dovere e non avremmo avuto regali. Il mio primo regalo (un mangiacassette) lo ebbi quando superai l’esame di matura. Il secondo episodio riguarda il mio matrimonio, che fu civile e non religioso. La la reazione dei miei fu di grande amarezza, perché pensavano che i figli non dovessero discostarsi dai valori religiosi. Gli spiegai che occorre riconoscere il libero arbitrio e che, in quanto ai valori, su quelli fondamentali la pensavamo allo stesso modo. Non lo convinsi. Per fortuna lo fece Benigno Zaccagnini, che gli ripetè le stesse cose che gli avevo detto io, aggiungendo un « non è importante dove si sposano, ma come si sposano ».
Zaccagnini e Berlinguer: posizioni considerate diametralmente opposte, per i più, ma alla luce delle vicende di oggi, si dimostrano pur sempre "convergenze parallele". Ci spieghi
Diverse, non opposte. Li univano gli stessi valori: onestà, trasparenza, sobrietà, politica come spirito di servizio, attenzione al bene comune. Per questo erano destinati a convergere.
Ritrova nei politici di oggi la stessa coerenza, la stessa onestà intellettuale? O nell'ottica di una stagione “nuova”politicamente tutto è giustificato …
Assolutamente no. Oggi conta molto di più il potere in se stesso, con riferimenti più labili al bene comune. Si è persa, anche quando si individuano percorsi condivisibili, la capacità di ascoltare, di tener conto di pareri diversi. Vi è un grande cinismo e altrettanta arroganza. Non si può usare la sola categoria del « nuovo » per valutare le questioni. E poi, francamente, talvolta il nuovo assomiglia spesso al vecchio: il sistema di potere border line che si annidava dentro il feudo del ministero dei trasporti è per certi aspetti più preoccupante di Tangentopoli. Allora i soldi si incassavano per i partiti. Naturalmente ciò non giustifica nulla. Oggi i soldi servono ad accrescere le ricchezze personali. Pessimo segno per una società sempre più povera e diseguale. Se mi regalassero un Rolex, anche se la vedo un po’ dura, prenderebbe immediatamente la via del ritorno. Lo stesso farebbero i miei figli. Senza bisogno che glielo dicessi io. E’uno dei grandi temi del libro: il filo dei valori che attraversa le generazioni.
Da padre: dice "Per me il racconto ha sempre avuto una funzione fondamentale nel rapporto con i figli. Ma raccontare ai figli è stabilire una relazione davvero speciale che conosce molti momenti, molte stagioni, molte espressioni." Come padre si sente adeguato?
Questo lo devono dire i miei figli. Abbiamo attraversato momenti belli e brutti, facili e difficili. Ma la mia più grande soddisfazione è stata quella di essere riuscito a essere padre e a diventare amico dei miei figli quando sono diventati adulti.
Mi piace, nuovamente, partire dalle parole del suo libro: "Parlare di confini, per chi, della generazione di mio padre e della mia, è nato e cresciuto a Trieste, è parlare contemporaneamente della propria vita e del variare della condizione della città, spesso caleidoscopio di situazioni più grandi e complesse". Come vede oggi la sua città?
E’ una città dove prevale ancora la chiusura, il guardare indietro. Dove affiorano forme di egoismo collettivo. Che rifiuta le novità per crogiolarsi nei fasti di un passato spesso idealizzato. Sarà compito dei giovani, nei quali ho grande fiducia, portare la città verso il futuro. Però noi dobbiamo porre qualche base.
Se suo padre dovesse leggere il suo libro cosa pensa gli confuterebbe?
Forse nulla. Capirebbe meglio le ragioni di contrasti che abbiamo superato affidandoci alla scorciatoia dell’affetto. E cercherebbe di convincermi, visti i tempi e la sua coerenza, a diventare juventino...