Cultura
“Murmur. Fiaba per bambini pelosi” : il romanzo di Leonor Fini per la prima volta tradotto in Italia
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- Pubblicato Venerdì, 24 Ottobre 2014 08:59
- Scritto da Corrado Premuda
Trieste - In una delle mie visite di studio all'Archivio Leonor Fini di Parigi, mi sono imbattuto in “Mourmour, conte pour enfants velus”. È il primo romanzo dell'artista di origine triestina, scritto in francese e pubblicato nel 1976. Sfogliando il libro scopro che la storia, pur dai tratti fantasiosi e favolistici, è imbevuta di dettagli e situazioni che appartengono al mondo e alla vita di Leonor Fini.
In Italia l'attività letteraria della pittrice è pressoché sconosciuta: mai un suo testo narrativo è stato tradotto in italiano né tanto meno proposto sul mercato librario. Decido di tentare l'impresa di volgere nella lingua madre dell'autrice quel racconto composto nella lingua d'elezione.
Così nasce la versione italiana del romanzo e oggi esce per le Edizioni Arcoiris, nella collana Gli eccentrici, “Murmur. Fiaba per bambini pelosi” che ho tradotto e curato. Nel libro, di seguito alla storia di Leonor Fini, è pubblicato un mio saggio dal titolo “Leonor Fini scrittrice”.
Mercoledì 29 ottobre il libro viene presentato a Trieste, alla libreria Ubik in galleria Tergesteo, da Sergia Adamo e da me, alle ore 18.
Murmur è un essere straordinario, diverso dagli altri ragazzini: ha le orecchie lunghe, le pupille come due fessure e le mani che sono zampe dal pelo argentato. Questo perché lui è figlio di un uomo sconosciuto e di una gatta, la grandissima gatta Belinda. Dopo un viaggio avventuroso, Murmur e sua madre lasciano il paese in cui tutti sparlano di loro e li trattano da esseri stregati per approdare in un monastero in riva al mare. Lì è il regno di animali magici e di creature misteriose, il posto in cui visioni surreali e complesse cerimonie si alternano di giorno e di notte. Timido e frastornato, il piccolo Murmur incontra tanti personaggi, assiste a eventi prodigiosi e viene iniziato alla fantasia e al piacere. “Murmur, fiaba per bambini pelosi” (a cura di Corrado Premuda)è una storia di formazione, ricca di immagini pittoriche e di riferimenti autobiografici, qui proposta per la prima volta tradotta in italiano. Sulla copertina del libro la riproduzione di un'incisione dell'artista: il ritratto di Murmur.
Leonor Fini (1907 – 1996) è stata un'artista completa e poliedrica. Pittrice, scenografa, costumista, illustratrice, designer, scrittrice: la sua prolifica carriera si è sviluppata lungo tutto il Novecento. Nata a Buenos Aires, cresciuta a Trieste, si è affermata nel mondo dell'arte a Parigi, a partire dai primi anni Trenta. Vicina ai surrealisti, ha inventato un universo creativo personale, dai tratti fantastici. Personaggio molto amato a livello internazionale, in Italia la sua opera è ora oggetto di riscoperta e di studio: questo libro permette di conoscerla nell'insolita veste di narratrice.
Per info: http://www.glieccentrici.com/murmur-fiaba-per-bambini-pelosi-di-leonor-fini.html
"Me le digo e me le conto": il nuovo libro di Semacchi Gliubich alla Minerva
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- Pubblicato Lunedì, 13 Ottobre 2014 18:18
Trieste – Mercoledì 15 ottobre alle 17.30, alla Libreria Minerva di via san Nicolò 20, verrà presentato il libro di Graziella Semacchi Gliubich "Me le digo e me le conto"pubblicato da Ibiskos editrice Risolo. Interverranno Marina Silvestri e Antonietta Risolo.
L'autriceGraziella Semacchi Gliubich, triestina, pubblicista, scrive da trent’anni e ha pubblicato libri di poesie in dialetto e italiano, di storia locale, saggi, ricette. Ha collaborato con il settimanale diocesano "Vita Nuova" per oltre un quarto di secolo, con la sede Rai di Trieste e con il quotidiano "Il Piccolo".
Con qualcheciacola le abbiamo chiesto qualche curiosità sul suo nuovo libro e non solo.
A cosa devi questo libro?
Lo devo, prima di tutto al fatto che la casa editrice Ibiskos me lo ha richiesto grazie al successo da “La vita xe un omlet” pubblicato dalla stessa nel 2003. E poi dalla mia inguaribile voglia di fare queste piccole notazioni sul mio vivere quotidiano. Il primo del genere risale al 1993 “Ciacole fra le pignate” e ancora “Zogar co' le parole” 2009, con altri editori. Tutti hanno avuto varie ristampe. Quindi ”Me le digo e me le conto” è il quarto della serie, segno che i lettori si divertono con le mie storielle. E io a scriverle.
A chi lo dedichi idealmente?
Inizialmente lo dedico alla mia famiglia, fonte continua di vita e d’ispirazione, come ci si accorge leggendo. E poi a tutti noi che viviamo in questa piccola porzione di mondo che ci vede accomunati da esperienze simili, giorno dopo giorno.
Nel tuo libro racchiudi ?
Racchiudo pensieri, esperienze, riflessioni , idee che sgorgano proprio dall’esistenza quotidiana, che dovrebbe guidarci sempre, il tutto condito con molta serenità e un buon pizzico di autoironia. All’insegna del 'buon riso fa buon sangue' ma senza chiudere gli occhi davanti alle difficoltà della vita, ci sono, si sa, ma cerco di affrontarle e superarle anche con il buon senso. Almeno spero di riuscirci.
Destinatari privilegiati i triestini...?
Come sai, a Trieste il dialetto è usato ancora oggi in quasi tutti gli ambienti: è la lingua materna, la lingua del cuore che, oltretutto, permette di esprimersi con maggiore espressività grazie alla coloritura frizzante tipica del famoso ‘morbin’ nostrano. Però essendo un dialetto comprensibile in una vasta area del Veneto, si rende fruibile anche oltre la nostra regione. Volevo anche dirti, sottovoce ma con un po’ di soddisfazione, che nel campo della preservazione dei dialetti, ho dato il mio contributo: credo infatti di essere la sola che lo scrive e lo pubblica da oltre trent’anni con continuità. La mia rubrica su Vita Nuova era molto seguita ed apprezzata ed è stato anche questo l’input per continuare.
Giornata mondiale della salute mentale: dove l’impossibile diventa possibile
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- Pubblicato Mercoledì, 08 Ottobre 2014 08:38
Trieste - Venerdì 10 ottobre 2014, Giornata mondiale della salute mentale, “dove l’impossibile diventa possibile”. Si legge questo in “Non ho l’arma che uccide il leone” il libro scritto da Peppe Dell’Acqua, Premio Nonino 2014, rieditato dalle Edizioni Alphabeta Verlag per laCollana 180 – Archivio critico della salute mentale, che sarà presentato lo stesso venerdì 10 ottobre alle ore 20 a Trieste allo Spazio Villas nel comprensorio di San Giovanni. Il Piccolo sosterrà la diffusione del libro che, sempre a partire da venerdì, sarà in vendita nelle edicole di Trieste, Monfalcone e Gorizia a prezzo di lancio in abbinata al quotidiano.
E il “possibile” vedrà la città raccogliersi, venerdì sera, attorno a questa Storia - che ha fatto di Trieste un punto di riferimento in tutto il mondo nell’ambito della salute mentale – in una serata/evento/spettacolo, presentata da Massimo Cirri, la nota voce del programma Caterpillar di RAI Radio 2. Con lui e l’autore, saranno presenti numerosi esponenti cittadini del mondo politico, istituzionale, culturale, dell’associazionismo e della salute mentale, protagonisti, insieme ad alcuni attori dell’Accademia della Follia e della Contrada, di una “pazza” idea che li vedrà trasformarsi in inconsueti “lettori per una sera”: Onorevoli e Senatori, la Presidente della ProvinciaBassa Poropat, il Sindaco Cosolini, il neo Assessore alla Cultura del Comune di Trieste Tassinari, il Direttore de Il Rossetti Però, i quattro Direttori dei DSM della nostra regione, fino ai Presidenti triestini dei Giovani di Confindustria Cividin e Confcommercio Gelfi, solo per citare alcuni degli oltretrenta lettori della serata. Tutti insieme, per ricordare, a distanza di quarant’anni dall’apertura dell’allora Ospedale Psichiatrico, chequella di San Giovanni è una storia che appartiene di fatto a tutta la Città.
Non ho l’arma che uccide il leone è un libro testimonianza che raccoglie, come dice lo stesso sottotitolo “La vera storia del cambiamento nella Trieste di Basaglia e nel manicomio di San Giovanni” e che si rivolge non agli specialisti, non ai tecnici, non agli storici, ma a tutti coloro che vogliono sapere e alle giovani generazioni. Pubblicato per la prima volta nel 1980 dall’Editoriale Libraria di Trieste, a poca distanza dall’approvazione della Legge 180, con una seconda edizione nel 2007 a cura di Stampa Alternativa, il libro conserva anche in questa terza edizione una presentazione inedita di Franco Basaglia, i disegni di Ugo Guarino e i contributi di Pier Aldo Rovatti e Franco Rotelli. Il volumesi compone di due parti. Nella prima, a margine dei 22 racconti, un appunto restituisce al lettore emozioni, nostalgie, memorie, riflessioni che vogliono rendere ragione di alcune circostanze in cui quegli eventi sono accaduti. Oltre cento i protagonisti di questa storia, narrata in modi e con spessore diverso, da una posizione completamente soggettiva. La seconda parte si compone di una cronologia anno per anno (dal 1971 al 1979), necessaria per una più ampia comprensione di tutta la vera storia, che restituisce un passaggio epocale nel quale i triestini sono stati, a vario titolo, protagonisti. Moltissimi giovani in quegli anni, frequentando San Giovanni, furono artefici e sostennero un cambiamento difficilissimo traghettando in città e portando sulle loro spalle “i matti di San Giovanni”.
Il libro è diventato sin da subito un classico della letteratura sul tema, tanto da costituire la traccia per un lavoro televisivo realizzato per RAI 3 nel 1981 e per la sceneggiatura della fiction “C’era una volta la città dei matti” andata in onda su Rai 1 nel 2010. Vista da otto milioni di telespettatori la fiction aveva come protagonista un Franco Basaglia, interpretato da un mirabile Fabrizio Gifuni, e presentata pochi giorni fa all’ Italia Film Festival di Berlino, dallo stesso attore con Dell’Acqua.
«Questa storia vorremmo restituirla, oggi, nelle sue pieghe e nei suoi minimi movimenti alla Città e a tutti quei cittadini che vogliono sapere» - sottolinea Aldo Mazza, direttore delle Edizioni Alphabeta Verlag di Merano, che ha scelto proprio dell’Acqua come Direttore della Collana 180 – Archivio critico della salute mentale. Una collana editoriale – giunta conNon ho l’arma al nono libro - che muove i suoi primi passi nel 2010 da Trieste per percorrere la vasta rete delle buone pratiche, incontrare la storia del cambiamento delle singole persone, raccontare le straordinarie imprese sociali che si sono sviluppate intorno alla questione psichiatrica.
«Non ho l’arma che uccide il leone racconta la storia di Giovanni, Rosina, Carletto, Nevio e di tanti altri internati, e poi dimessi dal manicomio triestino. Racconta la storia delle loro piccole e grandi rinascite, dell’uscita dall’anonimato, della liberazione, dell’emancipazione. Ho avuto la fortuna di partecipare a una storia che “ha cambiato il mondo”. Questo libro vuole restituire a chi legge, spero tanti giovani, studenti e operatori, un pezzo di quell’entusiasmo per provare a ricercare insieme il senso di quegli accadimenti» racconta l’autore Peppe Dell’Acqua, psichiatra e già direttore per 17 anni del DSM di Trieste.
Ogni storia di questo racconto è lacerazione e vita dentro la lacerazione. Ma è sopratutto la storia della costruzione e dell’invenzione di una “complicità”, dove le persone ritrovano i fili della vita e della memoria. Dove la sola arma per uccidere il leone o quanto meno tramortirlo, è il musiliano "senso della possibilità”: progettare, scegliere, desiderare, emanciparsi, riacquisire un’identità sociale che non sia quella del “malato di mente”. In questa narrazione nessuno recita a soggetto, le storie, si dilatano e si stemperano in un’ appartenenza che rompe i confini, contamina i ruoli, scardina il senso comune e gli automatismi semantici che lo sostengono. Scardina le equazioni con cui continuiamo a parlare di tutto questo.
Info: www.alphabetaverlag.it/180– Facebook/Collana180
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