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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Il Caravaggio di Sgarbi incanta il Verdi

Il Caravaggio di Sgarbi incanta il Verdi

Gorizia - Gli artisti più eccezionali spesso sono tali non perché rappresentanti del loro tempo, quanto anticipatori di ciò che vedremo in futuro. A questa categoria appartengono scrittori, intellettuali, pittori che nel corso della Storia sono stati dapprima maltrattati o non del tutto considerati, per poi essere ripresi dopo la morte e valorizzati.

In questa "cerchia" rientrano due menti eccezionali divise dai secoli, ma unite da uno spesso filo rosso poetico: Caravaggio e Pier Paolo Pasolini. A spiegarne i collegamenti è stato ieri sera, in un Teatro Verdi gremito, Vittorio Sgarbi con il suo spettacolo "Caravaggio", nato da due suoi libri incentrati proprio sull'arte di Michelangelo Merisi. Regia di Angelo Generali.

Il collegamento tra le due figure emerge subito, anche perché l'inizio è dedicato alla straziante fine dello scrittore casarsese: le immagini del suo corpo martoriato scorrono sui tre schermi posti sul palco, mentre una voce tuona contro i suoi assassini, denunciando la sacralità del poeta. Sono le parole di Alberto Moravia, ricorderà poi Sgarbi, e il tutto è necessario per iniziare da lì un percorso che attraverserà la periferia romana e i suoi abitanti.

Sia nei dipinti di Caravaggio che nei libri di Pasolini, infatti, sono i ragazzi di vita i soggetti protagonisti. E tra le due forme d'arte c'è una vera e propria continuità, come dimostra il critico ferrarese accostando i quadri del '600 e le foto dei protagonisti cinematografici pasoliniani: la loro somiglianza è notevole, proprio come se ci fosse stata un'inspirazione costante tra i due.

L'anello di congiunzione fu Roberto Longhi, professore di Storia dell'arte all'Università di Bologna, dove appunto il futuro intellettuale studiò: egli fu tra i primi a riscoprire Caravaggio, caduto nel dimenticatoio insieme a molti suoi contemporanei barocchi. Nel secolo scorso venne quindi riscoperto, insieme alla sua pittura e alla propria vita tormentata: la sua carriera durerà appena 14 anni, concentrandosi tra Roma, Napoli, la Sicilia e Malta.

Dal palco, Sgarbi ha trascinato il pubblico attraverso le borgate seicentesche più infide della Capitale, attraverso prostitute, bari, pezzenti: l'universo in cui viveva Merisi e che rappresenterà nelle proprie opere, nelle vesti di soggetti più o meno religiosi, che crearono non poco scandalo all'epoca. Ma fondamentali al tempo stesso per i nomi futuri, su tutti Rubens.

Ad accompagnare la narrazione c'erano musiche eccezionali, composte e suonate dal vivo da Valentino Corvino, musicista e direttore d'orchesta di fama internazionale; e l'elaborata scenografia video firmata da Tommaso Arosio, capace di unire la tensione dei più crudi dipinti caravaggeschi e le immagini del terrorismo odierno, dove il sangue (anche se non fatto vedere dai media occidentali) è ben più reale che sulla tela.

Quella che il celebre critico d'arte ha portato al Verdi non è stata una semplice lezione, ma una vera immersione in un universo a sé, andando a cercarne le radici e le articolazioni postume. Il tutto macchiato dal solito atteggiamento strafottente di Sgarbi, come ormai l'abbiamo conosciuto dalla TV, ma ugualmente prezioso. Come quel gioco di luci e ombre unico al mondo.

Trieste unica città in Italia a portare in scena Hamlet del Globe Theatre di Londra

Trieste unica città in Italia a portare in scena Hamlet del Globe Theatre

Trieste -  Va in scena a Trieste, sabato 16 aprile,unica città in Italia, l’Hamlet del  Globe Theatre di Londra per la regia di Dominic Dromgoole e Bill Buckhurst attraverso il mondo, in una città per ogni stato: ad oggi, ne ha toccati oltre 200, dimostrando l’universalità dell’opera di Shakespeare al di là dei confini geografici e di tempo.

Oltre 2.500 i biglietti venduti a 48 ore dall’andata in scena dello spettacolo, divisi nelle due recite che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, che ospita il Globe nella sua sala principale da 1500 posti – è riuscito a organizzare, grazie alla disponibilità della eccellente compagnia d’interpreti del Globe Theatre alle ore 15.30 e alle 20.30 dello stesso sabato 16 aprile.

È un grande onore per il Teatro Stabile ospitare Hamlet (lodato da tutta la stampa internazionale, dal New York Times a Die Presse, al Daily Telegraph) poiché si tratta dell’iniziativa che il Globe dedica al 400° anniversario della morte di Shakespeare. 

Il 23 aprile 2014 la compagnia ha iniziato un tour mondiale che in due anni tocca 205 nazioni nel mondo e viene rappresentata in una città per ogni Stato: in Italia, Hamlet ha scelto Trieste. Il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia figura - per quest’iniziativa – fra le istituzioni coinvolte dal British Council per Shakespeare Lives, progetto mondiale di eventi e di attività internazionali concepito per celebrare l’opera di William Shakespeare nel 400 esimo anniversario della sua morte.

A corollario lo Stabile ha programmato un fitto calendario di eventi shakespeariani collaterali che si estende dal 17 marzo al 26 aprile: dalla proiezione di spettacoli del Globe Theatre – fra cui Twelfth Night con Mark Rylance, recentemente premio Oscar per il film Il ponte delle spie – a conferenze, a un recital di Lieder e sonetti, al film Hamlet con Benedict Cumberbatch che vedono lo Stabile collaborare con altre istituzioni culturali della città. Fra queste il Teatro Stabile Sloveno, la British School del Friuli Venezia Giulia e la Cappella Underground-Cinema Ariston.

Non c’è da aspettarsi una produzione kolossal: questa messinscena dell’Amleto, diretta da Dominic Dromgoole, direttore artistico del Globe e da Bill Buckhurst, è stata infatti costruita in modo da potersi adattare ai luoghi più disparati. Nei due anni di viaggio intorno al mondo è andata in scena in teatri tradizionali, da Amsterdam a Sarajevo, da Tromsø oltre il Circolo Polare Artico a Danzica.

«Rappresentare l’Amleto in lingua originale in tutto il mondo è un progetto coraggioso e dinamico»: sono queste le parole con le quali Peter Brook ha voluto commentare questo ambizioso progetto del Globe. Per la cui realizzazione sono stati messi insieme due cast di otto straordinari e versatili attori – verrebbe da dire “viaggiattori” – che si alterneranno nei due anni di tour intorno al mondo.

L’unica tappa in territorio italiano sarà dunque in programma al Politeama Rossetti di Trieste sabato 16 aprile 2016, a una sola settimana dalla conclusione del Globe to Globe tour e rappresenterà un’imperdibile occasione per un pubblico, come quello dello Stabile del Friuli Venezia Giulia, che ha dimostrato in tante occasioni di amare e apprezzare l’opera del più grande autore teatrale di tutti i tempi. Impossibile non ricordare, infatti, il successo tributato alle produzioni shakespeariane realizzate dal Teatro: dall’Amleto con Kim Rossi Stuart, a Otello con Michele Placido eRe Lear con Roberto Herlitzka e Alessandro Preziosi. Ma anche ai grandi eventi ospiti in lingua straniera, come l’indimenticabile performance di Simon Callow in The Man from Stratford.

Alcuni attori e lo staff del Globe Theatre saranno protagonisti di un incontro per la stampa ed il pubblico che si terrà sabato 16 aprile alle 11.30 all’Antico Caffé San Marco di Trieste: una possibilità rara per discorrere di Shakespeare ma anche di un’esperienza umana e artistica di rara ricchezza e significato che attraversa il mondo e tocca il Friuli Venezia Giulia.

Per notizie dettagliate sullo Shakespeare’s Globe e sulla compagnia del grande teatro londinese rimandiamo al sito: www.shakespearesglobe.com/about-us

Per l’acquisto degli ultimi posti ancora disponibili ci si può rivolgere presso tutti i punti vendita dello Stabile regionale, i consueti circuiti o accedere attraverso il sito www.ilrossetti.it alla vendita on line. Ulteriori informazioni al tel 040-3593511.

Spettacolare interpretazione della Cuscunà in “Sorry boys” in scena al Miela

Spettacolare interpretazione della Cuscunà con “Sorry boys” in scena al Miela

Trieste - Ieri sera, mercoledì 13 aprile alle ore 21, è andato in scena al Teatro Miela lo spettacolo teatrale “Sorry boys” primo degli appuntamenti previsti per la rassegna “Resistenze Femminili, che vedrà l'avvicendarsi di altri tre appuntamenti durante il mese di aprile.

Quella di ieri sera era una delle sole due date previste in Italia per la nuova immaginifica produzione uscita dalla filiera di Centrale FIES, uno tra gli organi, in ambito teatrale, più notabili presenti sul territorio nazionale.

Lo spettacolo è l'ultima fatica teatrale e artistica della giovane attrice Marta Coscunà, uno dei nomi più in vista della scena teatrale italiana, e si può, sinceramente, dire che lo sia di diritto. In questo lavoro dà voce a dodici diversi personaggi, non la si vede comparire mai: soltanto i suoi piedi, che spuntano da sotto la complessa struttura scenografica archittetata per questo lavoro, ci raccontano la sua presenza, eppure tanto basta a farne percepire l'eccezionale bravura e precisione. Senza mai esitare, con una sicurezza da attrice consumata porta in scena una vicenda spiazzante e coinvolgente attraverso la sua voce, prestata alle emozioni di tutti i personaggi che partecipano alla vicenda.

La narrazione prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto, o meglio due fatti, che per lei sono stati fonte di ispirazione per parlare di società e delle leggi che la regolano, quelle scritte, ma forse soprattutto  quelle che non si possono trovare stampate da nessuna parte, che però finiscono per influenzare le vite di tutti tanto profondamente da renderle ineluttabili, anche più delle prime.

La storia è una di quelle definite “storia disturbante”, almeno per la morale: nel 2008 nella piccola cittadina di Gloucester, in Massachusset, 18 ragazze tra i 15 e I 16 anni rimangano incinte contemporaneamente. Si grida subito allo scandalo, si parla di patto di maternità, e la storia fa presto il giro del mondo. Gloucester è tristemente nota anche per un livello di violenza sulle donne così elevato da renderlo smisurato. 500 uomini si ribellano a questa condizione, sfilando per le vie della città, per sensibilizzarla.

La vicenda, intuiamo, è ambientata nei corridoi della scuola superiore, anche se Marta sceglie di non nominare l'America, nè il nome della cittadina. Ciò che interessa a Marta è dipingere un paesaggio e poter esporre una sua tesi, nata dal lavoro fatto in team durante numerose settimane di residenza proprio presso Centrale FIES, che lei stessa definisce la propria casa teatrale.  L'intellgenza e la peculiarità di “Sorry, boys” sta nell'aggirare la vicenda, utilizzandola per portare in scena i dissidi dei suoi protagonisti, lasciando le 18 ragazze mute, loro trovano voce soltanto attraverso gruppi chat e app repulsive sul tema della gravidanza. A parlare, per urgente necessità, sono gli altri, gli esclusi (proprio dalle stesse ragazze): preside, infermiera della scuola, genitori smarriti, ma soprattutto i boys, padri adolescenti che vengono volantariamente esclusi e reclusi in un ruolo di impotenza.

“Sorry, boys” compie uno studio antropologico dalle radci teatrali, su quale sia il contesto sociale adulto, in cui un progetto virale di maternità adolescienziale possa aver avuto origine e abbia potuto aderire. Marta si domanda, e noi con lei alla fine dello spettacolo e anche dopo, chi fossero i giovani padri, e di quali padri a loro volta essi siano i figli.
Perchè se un gruppo di ragazzine (bambine che partoriscono bambini come sono state definite dalla stampa americana) non troppo piccolo da non essere notato nè troppo grande da promuovere un cambiamento significativo nella società che ha originato un simile evento, è riuscito a mettere in discussione le basi di quella società della quale rifiutano l'appartenenza, allora siamo chiamati tutti a domandarci che tipo di società sia questa.
Che tipo di società sia una società che non si preoccupa della felicità e del benessere degli individui che la compongono, siano essi donne o uomini.

Marta con una presenza da orologio svizzero, mette in scena senza mettersi in mostra un caleidoscopico spaccato di realtà, non così vicino a noi, ma forse neppure così lontano. Le cinque chiamate del pubblico alla fine dello spettacolo, dimostra quanto lei ci abbia avvicinati, e quanto tutti noi ci siamo sentiti vicini a lei.

Il prossimo appuntamento della rassegna ci porta nei Balcani, teatro di guerre troppo spesso e  mosse agli umani; con un film dal titolo “La sottile linea” domenica 17 aprile alle ore 20.

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