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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Da “Lettera da una sconosciuta” a “Lettre à la prison”: è iniziato l’atteso percorso su Marc Scialom a Mille Occhi

Da “Lettera da una sconosciuta” a “Lettre à la prison”: è iniziato l’atteso percorso su Marc Scialom

Trieste - Sesta e penultima giornata di lavori, quella di mercoledì 19 settembre, per il Festival Internazionale del Cinema e delle Arti Mille Occhi.

La mattinata si è aperta con il percorso “Prima che vi uccidano”, dedicato all'omaggio a Giuseppe Fava, con gli episodi della serie “Siciliani”, del programma “Il tempo, la bellezza, il silenzio”, ideato da Fava e trasmesso dalla Rai nel 1982, e di “Anonimo siciliano”, anch'esso realizzato dal grande giornalista siciliano che ne ha curato regia e sceneggiatura.

Riprende l'omaggio a Lia Franca con “Gli uomini, che mascalzoni...” che ha dato inizio alle proiezioni pomeridiane, seguito dalla commedia zurliniana tratta dal romanzo omonimo di Vasco Pratolini “Le ragazze di San Frediano”.

Dopo le due commedie ha avuto inizio il percorso “L'avventura dell'esilio”, l'attesissimo omaggio a Marc Scialom, alla vigilia della consegna del premio Anno Uno per “Nuit sur la Mer” che, ricordiamo, sarà trasmesso nella serata di chiusura del festival in anteprima europea.

In attesa dell'anteprima, Marc Scialom, che con signorile discrezione ha seguito l'intero festival fra pubblico e organizzatori, ha presentato i corti “Exils” – geniale realizzazione del 1966, distribuita nel 2008, ispirata alla figura di Dante – e “La parole perdue” – corto del 1969, sul rifiuto degli orrori della guerra.

A seguire, il film “Lettre à la prison”, lungometraggio sull'identità culturale riscoperto nel 2009, a quasi quarant'anni dalla sua realizzazione.

La giornata si è chiusa con due pellicole ancora una volta di Zurlini. Ancora emozionante, anche agli occhi dello spettatore di oggi – dice bene il direttore Germani quando parla di “film del passato che sono ancora film per l'oggi” – uno dei film cult degli anni '70, “La prima notte di quiete”.

Il secondo lavoro presentato in serata è una delle “chicche” di questa edizione del festival: in una copia ritrovata da Ciro Giorgini che l'ha introdotta al pubblico in sala, in prima proiezione assoluta è stata presentata “La promessa”, regia televisiva di Zurlini – che ne aveva già curato la regia teatrale – trasmessa un'unica volta nel 1970, mai più riproposta, bistrattata, ingiustamente sottovalutata. E che a Mille Occhi ha finalmente conosciuto il grande schermo e una meritata considerazione.

Punto di contatto fra il percorso su Zurlini e quello su Scialom per le proiezioni odierne è la riscoperta, la riscoperta dell’opera dopo anni di silenzio e di attesa, la sua attualizzazione, la sua rivincita: a ricordarci che il cinema – e l’arte in genere – non è solo mercato come oggi si tende forse a credere, ma anche ricerca, partecipazione e scoperta.

Foto tratta dal film: “La prima notte di quiete”.

 

Il cinema racconta la guerra a Mille Occhi festival del Cinema e delle Arti

Il cinema  racconta la guerra a Mille Occhi festival del Cinema e delle Arti

Riprende il percorso sul lavoro di Valerio Zurlini nella quinta giornata dei Mille Occhi, che si è aperta con “La pietà di novembre”, regia televisiva di Lino Procacci da una regia teatrale del cineasta bolognese e si è conclusa con “Il deserto dei Tartari”(1976) – suo ultimo lungometraggio realizzato grazie alla stretta collaborazione del protagonista Jacques Perrin che abbiamo visto in più pellicole negli ultimi giorni – e con “Marcia o crepa” di Frank Wisbar per il percorso “Viaggio in Italia”.

Nel frattempo prosegue giungendo alla sua seconda giornata nella sala dell'Ariston l'omaggio a Giuseppe Fava, con la proiezione di tre episodi della serie “Siciliani” e uno sguardo più ampio sulla Sicilia degli anni '90: viene infatti proposto “Città-STATO (24 frammenti)” di Giuseppe Spina, un montaggio di riprese di operatori ignoti, risalenti agli anni fra il 1992 e il 1994 e ritrovate negli archivi di una piccola rete locale. Erano gli anni di Mani Pulite, gli anni della nascita della Seconda Repubblica, anni in cui la terra siciliana ha bevuto parecchio sangue. Il risultato della sequenza di frammenti, in quella bassa definizione che paradossalmente ricorda allo spettatore quanto il girato sia reale e non fiction, è una visione a tratti agghiacciante.

E pare assurdo, ma tanto quanto le immagini di sangue e di polizia davanti ai morti sono agghiaccianti le scene di devozione superstiziosa, quasi anacronistica, nelle feste di rione e nei rosari recitati in attesa di una qualche apparizione. Un pugno nello stomaco che è un capolavoro, e che è arrivato dopo la proiezione di un'altra pellicola “difficile”, il magnifico e forse poco conosciuto “Seduto alla sua destra”(1968) di Zurlini, ispirato alle vicende del leader indipendentista non violento Patrice Lumumba.

Ma in questa quinta giornata, le emozioni che le immagini "forti" del film hanno regalato è trapelata dalle mani intrecciate e dagli occhi sbarrati sullo schermo: una forza di altro genere è entrata nel festival.

Meravigliosamente letta dalla voce di Omero Antonutti, “Nino” di Umberto Saba ha aperto la serata. Da quei versi Zurlini avrebbe voluto trarre un film ma il progetto non fu mai realizzato. Sembra allora una specie di riscatto artistico il voler introdurre un film di guerra come “Il deserto dei tartari” con un rimando all'intento cinematografico sulle pagine della guerra del Canzoniere.

Sì, un altro genere di forza artistica entra nel festival e lo fa dalla porta principale: gli spettatori silenziosi e incantati hanno visto il cinema fare gli onori di casa e accogliere la poesia.

A Mille Occhi omaggio a Lia Franca e Giuseppe Fava

A Mille Occhi i percorsi che omaggiano Lia Franca e Giuseppe Fava

Nella quarta giornata di festival, ieri 17 settembre, hanno preso il via due percorsi cruciali di questa settimana di cinema e arte, due percorsi che omaggiano personaggi molto diversi fra loro eppure entrambi di straordinario spessore: l’attrice triestina Lia Franca e il giornalista siciliano Giuseppe Fava.

Primo film in programma per il percorso “La stella della rinascita” è “Resurrectio” (1931) di Alessandro Blasetti, lungometraggio d’esordio come protagonista femminile per Livia Penso, in arte Lia Franca, che il festival ha deciso di celebrare - alla presenza della nipote Gianna Penso – in nome non soltanto di un riconoscimento ad una stella della nostra città ma anche di una riflessione di più ampio respiro sull’idea di rinascita nel cinema italiano. L’importanza di questa pellicola sta anche nel fatto che si tratta del primo lungometraggio sonoro mai prodotto in Italia, sebbene non il primo ad essere distribuito nelle sale.

Sfolgorante meteora del cinema italiano, Lia Franca si ritirò dalle scene proprio all’apice della sua carriera, quando cioè, appena dopo “Gli uomini, che mascalzoni…” – in programma per il 19 settembre alle 14:30 – sembrava che in lei e Vittorio De Sica fosse consacrata una coppia cinematografica di sicuro successo.

E mentre prosegue il percorso “Viaggio in Italia” con “Tempesta su Ceylon” (1963) di Georg Oswald e “Cose da pazzi” (1954) di Pabst, inizia da qui e da questo festival, con la proiezione di “Palermo oder Wolsfburg” e della serie “Siciliani” l’omaggio itinerante a Giuseppe Fava. Dalla data del brutale assassinio – il 1984 – di questa figura esemplare, il suo nome viene ricordato come quello di un grande giornalista ucciso dalla mafia. Indissolubilmente legato al concetto di coraggio e di ribellione civile al sistema malato imposto dalla criminalità organizzata, non viene più tuttavia ricordato come artista. Come scrittore, sceneggiatore, pittore. L’omaggio che parte dal festival I Mille Occhi alla presenza dell’attrice Marta Bifano – scoperta da Gassman grazie proprio grazie a un monologo scritto da Pippo Fava – e della figlia del giornalista, Elena Fava, è volto a riscoprire questo aspetto del grande personaggio siciliano. È volto a ricordare che la figura dell’intellettuale e dell’artista non è scindibile da quella dell’uomo di coraggio in aperto contrasto con una mafia che lui continuava a denunciare in un’attività giornalistica mai assoggettata ma che a Catania “non esisteva”, e “non esisteva” a tal punto da piazzare cinque colpi in testa all’uomo che in questi giorni ricordiamo. E dunque, affinché non esista davvero, raccogliamo la testimonianza tanto del giornalista quanto dello scrittore, tanto delle cronache quanto dei romanzi.

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