Chiude "I Mille Occhi" Festival internazionale del cinema e delle arti con il Premio Anno Uno a Franco Maresco
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- Pubblicato Mercoledì, 18 Settembre 2013 07:21
- Scritto da Mariangela MIceli
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Si è conclusa martedì 17 settembre al teatro Miela la XII edizione di Mille Occhi, con la consegna, come di consueto, del “Premio Anno Uno”, che per la prima volta viene assegnato a un cineasta italiano: Franco Maresco.
Un cineasta un po' ai margini, che non si preoccupa di essere politicamente scorretto e in cui non manca di certo quel senso di autocritica, spesso ingiustificato come in questo caso, che capita di riscontrare negli artisti di valore.
Ricordiamo Franco Maresco in coppia con Daniele Ciprì per lavori cinematografici come “Totò che visse due volte”, proiettato durante il festival, o il celebre programma televisivo “Cinico Tv”.
Il primo lungometraggio che firma da solo è “Io sono Tony Scott” - “ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista jazz della storia”, recita il cartello subito dopo il titolo.
“Perché l'Italia è un paese smemorato, un paese distratto, a volte cialtrone” afferma il regista presentando il film, durante la cerimonia di premiazione.
Dopo l'introduzione del direttore Matiassich Germani, Maresco parla soprattutto di musica, della sua passione per il jazz, dell'ammirazione profonda per il triestino Lelio Luttazzi. Emerge la figura ironica, auto-ironica e divertente di un regista per cui, evidentemente, non esiste il principio di “art pour l'art”, ma che realizza le sue opere per omaggiare dei personaggi che stima, per denunciare lo stallo di un paese, per raccontare. E trova il modo di scherzare su se stesso - “Sapete, io non ho ricevuto molti premi. E si dà il caso che io sia irrimediabilmente superstizioso. Ritiro un premio il giorno 17 del mese. Temo che questo segni la fine della mia carriera”.
Certo, per quanto incuriosiscano i particolari del film attualmente in lavorazione, il buio in sala vede proiettato un contributo poetico di Franco Scaldati, filmato dal cineasta siciliano, al ciclista Francesco Tirone, che precede di poco “Io sono Tony Scott”.
Di fronte a questi lavori e di fronte al personaggio Franco Maresco, si ha l’impressione che la scelta del regista a cui assegnare il premio Anno Uno, in realtà, non potesse che ricadere su di lui.
Ancora riconoscimenti per il film di Oleotto: "Zoran, il mio nipote scemo", nelle sale a novembre
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- Pubblicato Lunedì, 16 Settembre 2013 23:18
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Udine - Dopo il successo veneziano - dove si è aggiudicato il Premio del Pubblico Rarovideo alla Settimana della Critica e il Premio Schermi Qualità – “Zoran, Il mio nipote scemo”, opera prima di Matteo Oleotto interpretata da un formidabile Giuseppe Battiston, continua ad arricchire il suo palmarès.
Sabato sera, durante la Closing Night, il film è stato premiato come Miglior film in coproduzione e Migliore scenografia al Festival del Cinema Sloveno/Festival Slovenskega Filma svoltosi a Portorose dall’11 al 15 settembre.
Giunto alla sua 16a edizione, il festival rappresenta un importante punto d’incontro per registi, esperti e appassionati di cinema con un programma che include lungometraggi, corti, film d’animazione e documentari prodotti in Slovenia nell’anno appena passato. L’evento si conclude con la consegna dei premi Vesna, premi che prendono il nome dall’eroina del film omonimo diretto dal regista ceco František Čap, uno dei pilastri della storia del cinema sloveno. Per prestigio e reputazione, i Premi di Portorose sono paragonabili ai nostri David di Donatello.
“Zoran, il mio nipote scemo” è diretto da Matteo Oleotto, interpretato da Giuseppe Battiston, Teco Celio, Rok Prašnikar, Roberto Citran, con la partecipazione straordinaria di Sylvain Chomet. Prodotto da Igor Prinčič, è una coproduzione italo-slovena Transmedia – Staragara, con il supporto di Eurimages, in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission e con il contributo del fondo regionale per l’audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, e sarà distribuito in sala dalla Tucker Film il prossimo 14 novembre.
Il film è riconosciuto di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per il cinema (MiBAC) e dallo Slovenski Filmski Center Javna Agen Cija Viba Film. Il contributo del fondo regionale per l’audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, e sarà distribuito in sala dalla Tucker Film il prossimo 14 novembre.
Il film è riconosciuto di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per il cinema (MiBAC) e dallo Slovenski Filmski Center Javna Agen Cija Viba Film.
Prosegue a Trieste il Festival Mille Occhi con “L’ombra. Il cinema italiano da Zurlini a Zurlini”
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- Pubblicato Domenica, 15 Settembre 2013 12:31
- Scritto da Mariangela Miceli
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Trieste - Gli affezionati del festival sapranno che ai Mille Occhi piace parlare non di sezioni ma di “percorsi”. Così come sapranno che gli autori di ieri vengono qui presentati come cineasti di oggi, la cui opera si ricontestualizza nella lettura del pubblico odierno.
Sono intenti riassunti perfettamente in questa seconda giornata al Teatro Miela, con il percorso “L’ombra. Il cinema italiano da Zurlini a Zurlini”, che vuole proseguire la strada intrapresa lo scorso anno con l’omaggio al regista e sceneggiatore bolognese attraverso la scoperta o la riproposta dei registi a lui più vicini.
Esemplificativa di questo approccio al cinema è stata in particolar modo la proiezione, alla presenza del regista Gianni Da Campo, de “La ragazza di passaggio”, pellicola del 1970, all’epoca non capita e sottovalutata – quando non detestata – da gran parte della critica. Marina, la ragazza di passaggio, oggi ai Mille Occhi diventa personaggio presente e vivo e può forse, a più di quarant’anni di distanza, trovare finalmente spazio, comprensione, stima.
È lo stesso Da Campo a presentare il film, raccontando della nascita del soggetto – ispirato a una donna reale incontrata per caso – e di come sia stato realizzato in anni durante i quali il femminismo era nell’aria ma non ancora conclamato.
Che ne fu, nel 1970, di questo personaggio straordinario? La ragazza del titolo è “di passaggio” non solo nella trama ma è, sul piano metaforico, figura esattamente incuneata fra due momenti storici e sociali della femminilità.
Marina oggi appare come donna libera, fragile, schietta, fu intesa allora come una figura maschile celata dietro un personaggio femminile. Si trattava invece di una donna reale, fotografata nella sua urgenza di affermarsi come individuo, come essere umano. Un personaggio che lo spettatore scopre attraverso gli occhi del sedicenne Stefano, unico personaggio maschile nella trama, che osserva le figure femminili presenti intorno a lui e si sforza di comprenderle.
Lo sguardo di Da Campo sulla femminilità rivela non solo un grande rispetto per la donna e una gran voglia di raccontarla in tutta la sua verità, non solo un grande amore per la città di Venezia, ma anche uno spirito d’osservazione e una sensibilità estrema, tanto da farci domandare come sia possibile che a restare inosservata così a lungo sia stata una simile sceneggiatura, forse tra le più vere, crude, malinconiche, commoventi della nostra cinematografia.
Mariangela Miceli
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